Cinema

Addio a Sidney Poitier, indimenticabile interprete di “Indovina chi viene a cena”

Il premio Oscar, vinto per “I Gigli del Campo” del 1963, aveva 94 anni

di Stefano Biolchini e Andrea Chimento

Sidney Poitier in una di scena del film “Indovina chi viene a cena” (IPP / Imagostock)

4' di lettura

Con le sue interpretazioni ha segnato un'epoca e un'estetica che non è troppo definire “antropologica” per il mondo cinema. Alto, lineamenti regolari e soprattutto dal carnato d'ebano, Sidney Poitier è e resterà per sempre l'icona afroamericana del cinema a stelle e strisce con la sua interpretazione in «Indovina chi viene a cena» del dr John Prentice.

“Guess Who's Coming to Dinner”

Il protagonista di “Guess Who's Coming to Dinner” è morto giovedì sera all'età di 94 anni: la sua morte è stata riportata dai notiziari delle Bahamas e confermata dal ministro degli Affari esteri delle Bahamas, Fred Mitchell. Il celebre interprete, noto per aver recitato nel film che lo ha reso una leggenda in grado di abbattere i più che consolidati stereotipi razziali dell'industria del cinema americano (a fianco di due mostri sacri come con Katharine Hepburn e Spencer Tracy), era nato a Miami il 9 febbraio del 1927, ma la famiglia veniva dalle delle Bahamas e Poitier era cresciuto nelle isole.

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Oscar come miglior attore protagonista, il primo di colore

Per «I gigli nel campo» del 1963 aveva vinto un Oscar come miglior attore protagonista, il primo di colore a essere insignito dell'ambita statuetta in quella categoria. Alla morte di Kirk Douglas, nel 2020, era rimasto tra i pochi sopravvissuti dell'epoca d'oro di Hollywood e il più anziano vincitore sopravvissuto di un Academy Award.

Tra i suoi film più famosi anche «La Scuola della Violenza» e «La Calda Notte dell'Ispettore Tibbs».

Sidney Poitier, addio alla prima leggenda “nera” del cinema

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Gli inizi e l'Oscar

La sua carriera iniziò dopo la Seconda Guerra Mondiale: un inarrestabile percorso che, partendo dall'American Negro Theatre, lo portò presto a lavorare con i più grandi maestri del cinema a stelle e strisce, ottenendo il suo primo ruolo significativo nel 1950 con «Uomo bianco, tu vivrai!» di Joseph L. Mankiewicz, dove recitò al fianco di Richard Widmark e Linda Darnell.Negli anni Cinquanta lavora con diversi registi di rilievo come Richard Brooks, ne «Il seme della violenza» e «Qualcosa che vale», Martin Ritt in «Nel fango della periferia», Raoul Walsh ne «La banda degli angeli», Otto Preminger in «Porgy and Bess» e soprattutto Stanley Kramer ne «La parete di fango»: in quest'ultimo lungometraggio, datato 1958, regala una delle sue prime prove memorabili (tanto da essere premiato al Festival di Berlino con l'Orso d'argento), nei panni di un fuggitivo che scappa insieme a un altro detenuto, interpretato da Tony Curtis.Queste performance sono soltanto un antipasto della sua grandiosa prova ne «I gigli del campo» di Ralph Nelson del 1963, il film che lo rese una vera e propria icona: oltre all'Oscar come miglior attore protagonista, ottiene l'Orso d'argento al Festival di Berlino e il Golden Globe come miglior attore in un film drammatico.

Anno di grazia 1967

Dopo essere diventato sempre più richiesto e aver partecipato a numerose pellicole (tra le quali è indimenticabile «La scuola della violenza» del 1966, in cui veste i panni di un professore illuminato all'interno di un contesto scolastico particolarmente problematico), arriva l'anno decisivo della sua intera carriera, il 1967, quando escono i due film probabilmente più rappresentativi della sua grande capacità recitativa: «Indovina chi viene a cena?» di Stanley Kramer e «La calda notte dell'ispettore Tibbs» di Norman Jewison. Se già con i film precedenti Poitier aveva affrontato in maniera diretta il problema razziale, divenendo simbolo di un progressismo antirazzista (con «I gigli del campo», in particolare), in «Indovina chi viene a cena?» la storia di una ragazza bianca e di un uomo di colore che si vogliono sposare diventa un esempio di grande successo, forte anche di diversi passaggi divertenti e di frasi e discorsi che rimangono per sempre impressi nella memoria di chi li ha visti e ascoltati (sia tra il personaggio di Poitier e i genitori, il padre soprattutto, sia tra lo stesso protagonista e i “futuri suoceri” Spencer Tracy e Katharine Hepburn).Nel 1968, però, a vincere l'Oscar come miglior film dell'anno fu l'altrettanto memorabile «La calda notte dell'ispettore Tibbs», con cui Poitier passa al poliziesco e raggiunge un ulteriore successo che lo porterà a interpretare nuovamente il personaggio in due seguiti.

Il passaggio alla regia

Nel 1972 compie il grande passo ed esordisce dietro la macchina da presa nel segno del western, con «Non predicare… spara».La potenza che riusciva a esprimere davanti alla cinepresa si ritrova purtroppo molto raramente nei suoi lungometraggi da regista: il suo percorso in questa direzione prosegue con altre, dimenticate pellicole negli anni Settanta e con il suo lavoro da regista più ricordato del 1980, «Nessuno ci può fermare».Grazie alla verve recitativa di Gene Wilder e Richard Pryor, Poitier firma una riuscita commedia, che però non darà grande linfa al suo lavoro dietro la macchina da presa, che proseguirà comunque fino al 1990 con «Ghost Dad – Papà è un fantasma».Anche le sue apparizioni sono ormai piuttosto rare: superati i sessant'anni lo si può ricordare in «Nikita, spie senza volto» di Richard Benjamin del 1988 o in «The Jackal» di Michael Caton-Jones del 1997.Ma nel 2002 arriva un altro grande successo: l'Oscar alla carriera. Un riconoscimento meritatissimo per un attore che ha davvero cambiato la storia del cinema, dando vita, con interpretazioni di grande maestria e sensibilità, a una serie di personaggi memorabili, spesso segnati da una fortissima nobiltà d'animo e oggi più attuali che mai.


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