Shadows: la recensione
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Shadows: la recensione

Alla sua seconda regia con una coproduzione italo-irlandese, in concorso ad Alice nella città, il regista Carlo Lavagna conferma le capacità dimostrate in Arianna e rivela il talento di Mia Threapleton, figlia di Kate Winslet. La recensione di Daniela Catelli.

Shadows: la recensione

Cinque anni fa, con Arianna, sensibile e coraggioso film sulla ricerca di un'identità di genere, Carlo Lavagna aveva dimostrato l'apprezzabile desiderio di raccontare storie inconsuete nel panorama del cinema italiano. Oggi il regista romano conferma le doti intraviste in quel bel debutto mettendo in scena con Shadows - una coproduzione con l'Irlanda in lingua inglese, pensata per il mercato estero ma con cuore e cervello italiani – una sceneggiatura scritta da altri. Tra i pregi principali di questo piccolo film avvincente e curioso c'è soprattutto quello di non imitare i vezzi e agli stilemi del cinema di genere d'oltreoceano, ma di provare a riscriverlo secondo la propria ottica e sensibilità culturale. Shadows inizia come una delle tante storie distopiche di sopravvivenza in un mondo post-apocalittico, sposta poi l'attenzione sulla ribellione, la crescita e l'emancipazione di due figlie adolescenti dominate da una madre troppo protettiva e punitiva, per diventare ancora qualcosa di diverso, in uno scarto finale che sorprenderà molti. E se anche si riuscisse a un certo punto a intuire la méta del viaggio non importa, perché il percorso per arrivarci è affascinante e convincente, merito principalmente della perizia di Lavagna nel convincerci a seguirlo e della bravura delle sue interpreti.

La storia, senza spoiler, è quella di due ragazzine, Alma la maggiore, più timida e insicura, e Alex, di poco più piccola ma volitiva e curiosa. Vivono in mezzo a un bosco, come nelle fiabe, in un grande albergo abbandonato, con la madre che si assenta spesso per andare a cacciare e ha insegnato loro il necessario per la sopravvivenza, dalla botanica alla caccia, senza mai farle uscire da sole se non con lei, e di notte. Là fuori, infatti, non c'è più nessuno e le ragazze non hanno mai visto, se non attraverso le immagini, un altro essere umano. Alma scrive biglietti sperando di trovare altri sopravvissuti, dipinge con colori naturali le pareti con rappresentazioni cittadine che non conosce, ha paura della luce del sole e fa strani incubi. Niente sembra cambiare in una vita che è l'unica che abbiano mai conosciuto, finché una punizione eccessiva della madre per una loro disubbidienza scatena una crisi e le ragazze escono dal rifugio per oltrepassare il fiume, confine da sempre proibito.

Sono molte le chiavi di lettura possibili per il film, a partire dal titolo stesso che allude alle ombre della psicanalisi junghiana, ovvero ai volti oscuri e inaccettabili del sé. La lettura analitica è applicabile anche al tema del doppio, con le bambine che sono l'una l'opposto dell'altra e si completano a vicenda, e ai rapporti con la figura materna. Ma Shadows, dove la luce negata è il simbolo della razionalità perduta, per quanto si presti a questo genere di lettura, resta pur sempre un film di genere godibile in quanto tale. Riesce a portarci dentro un mondo, nel credibile per quanto bizzarro habitat costruito da una donna per la sua prole, ci mostra le sue abitanti che vivono secondo principi atavici: potrebbero essere tre streghe, in sintonia con la natura, fuori dal tempo e dallo spazio, senza alcun bisogno della civiltà e della controparte maschile. Ma Alma è cresciuta, ha avuto il primo ciclo, e questo universo non le basta più, anche se il mondo fuori fa paura. Perché anche se nel bosco non incontrerà il lupo cattivo, chissà cosa la aspetta a casa della nonna.

Non sappiamo se Shadows sia stato girato in sequenza, è poco probabile ma ci piace pensarlo. Perché sembra avvenire mentre lo vediamo, tanto naturali, coinvolte e convincenti sono le protagoniste nello sviluppo della storia. Curato nelle inquadrature e attento ai dettagli, è uno di quei film di atmosfera, colori e suoni in cui non hai tempo di soffermarti a pensare a questa o quella incongruenza, perché ci entri dentro. Merito come dicevamo del regista e del reparto tecnico del film, dai costumi alla fotografia al sonoro, ma forse soprattutto delle tre attrici scelte per i ruoli, dalla veterana, rude e feroce ma anche dolce e protettiva Saskia Reeves, perfettamente ambigua nel ruolo di madre-mostro (quale madre non lo è, per una figlia adolescente?) alla ribelle e volitiva Alex di Lola Petticrew. Anche se è soprattutto Mia Threapleton a imporsi con una performance potente e multiforme, in cui dimostra una grande espressività e la capacità di trasformarsi anche fisicamente ed entrare in sintonia con il personaggio fino a renderlo reale agli occhi di chi guarda. Al suo secondo film dopo aver esordito con mamma Kate Winslet, a tredici anni, in Le regole del caos, minaccia fin da ora di spodestare la genitrice dal trono.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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