SCREAM VI - Spietati - Recensioni e Novità sui Film
Horror, Recensione, Sala, Thriller

SCREAM VI

TRAMA

Circa un anno dopo gli eventi del capitolo precedente, gli ultimi sopravvissuti alla storia di Woodsboro cercano di ritrovare la serenità a New York. Ma nella metropoli un nuovo e ancora più temibile Ghostface li sta aspettando.

RECENSIONI

Sono passati quasi 30 anni dall’uscita nelle sale di Scream, che introdusse al mondo una delle creature più riuscite e significative partorite dal genio di Wes Craven. Fu un film importante per tanti motivi. Anzitutto, forse, per il suo essere una sorta di film-cerniera, che se da un lato uccideva definitivamente a colpi di pugnale la mitologia almeno ventennale dello slasher movie, dall’altro la consacrava ai fasti degli anni Novanta tutti teenagers, party, high school e via così. Un film doppiamente lapidario, nella misura in cui sorgeva per seppellire e pure nasceva morto, dicendo il già detto ed esaurendosi nella sua struttura semplice e in un certo senso non più riproducibile. Niente di più postmoderno, e nel 1996 la categoria calzava a pennello.
Ironia della sorte, a Wes Craven il primo Ghostface non bastò, e così Scream – contraddittoriamente se si pensa alla sua iniziale vocazione testamentaria – è continuato a tornare e ritornare, fra capitoli più o meno riusciti: il sequel Scream 2 del 1997, e poi ancora Scream 3 che ci traghettava in quel 2000 in odore di millenium bug, la lunga pausa fino a Scream 4 (o Scr4am) nel 2011, con uno smalto rinnovato dall’intrusione dei media digitali nel mondo di Woodsboro. Per Craven era chiaro che raccontare sempre la stessa storia – un po’ horror comedy, un po’ teen movie, un po’ giallo classico whodunit – poteva essere un modo interessante per esplorare qualcosa d’altro, e nello specifico l’evolversi dei mezzi di comunicazione in un mondo che cambia e pure resta in qualche modo sempre uguale. Così l’ossessione craveniana si è resa granitica sclerotizzando di volta in volta i tic del genere, facendo di Scream (quale che fosse il numero che gli seguiva) uno di quei film da zona grigia, autoriali e mainstream assieme, fracassoni e teorici, finemente contorti e stucchevolmente didascalici. Tutto in una salsa sanguinolenta sempre attraente e nella capacità di cooptare pubblici vieppiù eterogenei.
Poi, purtroppo, Craven è morto, ma il suo mito con la maschera munchiana no. Dal 2015 al 2019 è saltata fuori – un po’ in sordina – una serie televisiva, in cui in effetti il regista figura ancora come produttore esecutivo, ed è infine il turno di Bettinelli-Olpin e Gyllett, già a loro agio con l’horror, cimentarsi con la gravosa eredità del killer in maschera. Il requel – sequel e reboot al contempo, come ci spiega la cinefila Mindy al suo interno – Scream (cioè Scream 5) esce nel 2022, più di un decennio dopo Scr4am, e l’anno dopo, cioè quest’anno, non può mancare Scream VI, sequel del requel, reboot della saga, o qualcosa del genere in un avviluppamento metafilmico oramai abissale.

Perché tutto questo spiegone iniziale? Perché uno dei sensi primari di Scream VI è confermare, ancora una volta, l’attenzione dell’intera saga alla coerenza filologica, qui espressa alla sua massima (per ora) potenza. Sarebbe a dire, che lo puoi pure vedere da solo, ché tanto è l’eterno ritorno dell’identico, ma che te lo godi per davvero se hai il polso di tutta la ultraventennale faccenda. Se infatti il protocollo è un po’ sempre lo stesso – il killer nuovo che emula quelli vecchi – è finalmente ora di ricostruire e rievocare la sequela storica di Ghostface(s) susseguitisi uno dietro l’altro. Il rischio della minestra riscaldata è dietro l’angolo, eppure per motivi interessanti Scream VI, così come Scream 5, è un film riuscito, e negli USA sbanca il botteghino. Non siamo più a Woodsboro, emblema della suburbia statunitense fecondo di quell’immaginario slasher che fu fondamentale per la riuscita dei primi capitoli, bensì a New York. Megalopoli cinematografica per antonomasia, la Grande Mela è sfondo di una trama che riparte esattamente da dove ci eravamo lasciati, con un killer rinnovato ma quanto mai radicato nell’intera epopea craveniana, tanto da vantare un nerdissimo mausoleo.
Qui si dovrebbero sciorinare diverse cose, che però diamo oramai per ovvie: gli elementi metafilmici (a partire dal controprotagonista della saga, cioè la serie di film Stab, che altro non sono che gli alter ego degli stessi Scream), i famosi “stilemi del cinema horror” sulla bocca di chiunque parli della serie, i protagonisti teen (con una strategica Jenna Ortega, iperfamosa dopo l’exploit di Mercoledì), l’attenzione per i media (il film si apre questa volta con un date tinderiano) e le dinamiche dello sguardo, la struttura a enigma per cui si sospetta, pian piano, di chiunque in un perfetto gioco di continue false piste. È tutto lì, come sempre, e anche solo parlarne ulteriormente sarebbe ripetersi e forse anche assumere un’impostazione un po’ boomeristica (insomma, se interessati, leggere una qualsiasi recensione su uno qualsiasi dei capitoli dall’1 al 4). Un’unica menzione, che vale un po’ per tutto, la facciamo sull’attesa – poiché canonica – e riuscitissima sequenza iniziale, quella in cui gli Scream di film in film scrivono la loro dichiarazione di intenti teoretica, che in questo caso vede l’omicidio – in un florilegio di citazioni anche nostrane – di una professoressa associata di cinema (guarda caso specializzata in cinema dell’orrore) prima, ma pure l’omicidio dell’omicida stesso per opera di una sorta ur-Ghostface, il Ghostface di tutti i Ghostface, che dichiara di non avere nessun interesse per i film, in qualche modo gettando le basi per una nuova fase.

Ma se non vale nemmeno più la pena di rilevare i tasselli oramai arcinoti, cosa si può dire di Scream VI? Anzitutto che il film è divertente, in senso pieno e nobile. Poi, anche, che la regia non è banale, e anzi a tratti è brillante, come nella sequenza in metropolitana, costruita magistralmente. Poi ancora che, come gli altri della serie, non fa paura (quando mai l’ha fatta?), ma il gore non manca. Poi pure che è capace di parlare simultaneamente a gente come chi sta scrivendo, over 30, cresciuta coi primi capitoli e ammaliata da una serie di anacronismi fieramente disseminati qua e là apposta per noi (linguisticamente termini caduti in disuso come “sbudellare”, visivamente party adolescenziali così dannatamente anni ’90 da sentirvi pure quando non c’è l’eco dei Sixpence None the Richer), ma anche ai giovanissimi di oggi, perché astutamente punta su un cast autenticamente inclusivo, enfatizzando sui pezzi da Novanta (non da ’90) come la succitata Jenna Ortega, e sottolineando quegli elementi adolescenziali assurti ad evergreen (la sessualità e le relazioni complicate in primis).
E quindi, in via definitiva, il giudizio non può che essere positivo. Scream VI è il nuovo paradosso di una saga intramontabile, identico ai cinque precedenti eppure apocrifo. Nuova location, nuove motivazioni, quasi definitivo smantellamento del cast originario, già inaugurato con la commovente morte (?) di Linus nel precedente capitolo e qui proseguito con la messa da parte di Sidney (previa storiacce di soldi fra Neve Campbell e la produzione), la marginalizzazione di Gale, e il recupero della vivace Kirby del quarto capitolo, oggi in veste di sospetta agente dell’FBI.
Squadra che vince, dunque, si cambia, e se la domanda classica della saga – “Qual è il tuo film horror preferito?” – non ha mai avuto per davvero senso (tanto più se si pensa che tecnicamente Scream non è un film horror) questo capitolo invece riesce nel miracolo, forse anche più del suo predecessore, di mettere assieme in sala vecchi bimbiminkia come il sottoscritto (lo dimostra l’uso stesso della categoria oramai sorpassata) che sottoporranno un giorno i film di Craven ai propri poveri figli, qualche matusa cinefilo, e i tanto famigerati zoomer, che quegli anni ’90 non li hanno vissuti ma grazie alla maschera di Ghostface possono lo stesso, in qualche maniera, capirli.