Il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, si candida alle elezioni presidenziali in Libia - la Repubblica

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Il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, si candida alle elezioni presidenziali in Libia

L'uomo ha presentato la sua candidatura a Sebha, nella regione del Fezzan dove si concentrano i suoi sostenitori. Ma è ancora sotto inchiesta della Corte penale internazionale dell'Aja, ed è probabile che la Commissione elettorale rifiuti la sua candidatura
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Dieci anni dopo la "rivoluzione" che ha abbattuto e ucciso Muhammar Gheddafi, in Libia suo figlio Saif al-Islam torna in prima linea. Il giovane destinato a diventare erede politico del colonnello, ha firmato la candidatura per le elezioni presidenziali del 24 dicembre. Una formalità burocratica che chiude clamorosamente un ciclo della vita politica di un Paese travolto da 10 anni di guerra civile.

Saif si è presentato nell'ufficio elettorale della Commissione elettorale di Sebha, il capoluogo del Fezzan. Non a Tripoli e neppure a Bengasi. Nei video e nelle foto che girano sui social compare vestito con un turbante e con il burnus tradizionale di colore marrone: la barba grigia, gli occhiali, le mani ancora offese per le ferite patite durante la cattura nel 2011 nel sud della Libia, Gheddafi firma i documenti della sua candidatura e scherza con i funzionari e i suoi sostenitori intervenuti per scortarlo.

Il ritorno dei "gheddafiani", e addirittura di un Gheddafi, in Libia diventa quindi qualcosa di potenzialmente "accettabile". Ci saranno proteste contro la candidatura di Saif, ma sicuramente pezzi del vecchio regime, delle tribù e dell'opinione pubblica vicini ai gheddafiani accoglieranno questa candidatura come uno sviluppo positivo.

Il destino giudiziario incerto di Gheddafi 

Saif al-Islam Gheddafi vive però una condizione giudiziaria incerta, che potrebbe portare la Commissione elettorale a rifiutare il suo nome. È indagato dalla Corte penale internazionale dell'Aja, e non è chiaro il suo status nei vari tribunali libici che in questi anni prima hanno ordinato il suo arresto e poi lo hanno revocato, lasciandolo però in un limbo giuridico.

Il figlio del colonnello era stato bloccato dai miliziani di Zintan nel sud del Paese, mentre era in fuga verso il Ciad, nel 2011. Da allora è rimasto agli arresti a Zintan, una cittadina sulle montagne alle spalle di Tripoli, verso il confine tunisino. Nel 2017 Saif venne liberato, ma continuò a vivere a Zintan, in accordo con la milizia locale che da allora ha stretto un patto di reciproco interesse politico con l'erede di Gheddafi.  Nel luglio di quest'anno un inviato del New York Times lo aveva raggiunto e intervistato proprio a Zintan: e Saif aveva anticipato la sua intenzione di tornare in politica.

La debolezza del processo politico 

Sicuramente nelle prossime ore si faranno avanti i prossimi candidati per il voto del 24 dicembre: fra gli altri dovrebbe esserci il generale Khalifa Haftar, capo della "Libyan National Army" che controlla Bengasi, la Cirenaica e buona parte del Fezzan. Un altro candidato di rilievo potrebbe essere il primo ministro Abdulhamid Dbeibah, che però non si è dimesso dall'incarico nei 3 mesi precedenti alla data delle elezioni, come prescrive la confusa legge elettorale approvata dal Parlamento di Tobruk. Hanno annunciato la candidatura l'ex vicepresidente Ahmed Maitig, un uomo d'affari di Misurata, e l'ex ministro dell'Interno Fathi Bishaga, anche lui di Misurata.

Venerdì scorso a Parigi una conferenza internazionale era servita a premere sulle parti libiche perché confermino il voto del 24 dicembre: ci sono mille ragioni per cui le elezioni potrebbero essere rinviate, ma la macchina comunque è in moto. Vedremo se la candidatura di Saif al Islam verrà accettata dalla Commissione elettorale. Di sicuro il gesto dell'erede del colonnello avrà l'effetto di spingere il maggior numero possibile di leader politici a candidarsi, aiutando in qualche modo il processo politico a ridimensionare la dimensione militare in cui la Libia ha vissuto sino ad oggi.