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Rumble | Link Wray, Martin Scorsese e il suono dei nativi in un documentario

Gli indiani, la musica, Robbie Robertson, Iggy Pop e un pugno di storie. Perché riscoprirlo in streaming

Rumble - Il grande spirito del rock
Link Wray in una scena di Rumble - Il grande spirito del rock

ROMA – Da qualche anno ormai non è nemmeno più un segreto per addetti ai lavori o selezionatori di festival, perché è evidente che da tempo alcune delle cose più rilevanti e interessanti della scena arrivano dal mondo del documentario, un ambiente fertile in grado di mescolare reale e finzione, scovando e raccontando storie come nemmeno le opere di fiction riescono a fare. Basti pensare a L’atto di uccidere di Joshua Oppenheimer oppure alle opere di un genio come Alex Gibney (che vi avevamo raccontato qui) e che raccontò anche Fela Kuti. Il problema però è riuscire a stare dietro alla mole di uscite e capita così che I Wonder nel 2018 portò in Italia un bel titolo, Rumble – Il grande spirito del rock, firmato dai registi canadesi Catherine Bainbridge e Alfonso Maiorana, novanta minuti in cui si mostrava – finalmente – l’impatto fondamentale avuto dai musicisti indiani d’America (e Canada) sul corso della storia del rock.

Robbie Robertson, uno degli intervistati nel documentario.

Dopo essere sparito, il documentario riappare ora sulla piattaforma I Wonderfull (la trovate anche su Prime Video) ed è una visione assolutamente da fare perché tra gli artisti intervistati dai due registi ci sono Robbie Robertson, Little Steven, Quincy Jones, Buffy Sainte-Marie, il povero Taylor Hawkins e perfino Martin Scorsese, ma molti sono quelli citati e che chiedono solo di essere riscoperti, da Charley Patton a Randy Castillo e Jimi Hendrix fino a Link Wray, omaggiato anche nel titolo, visto che Rumble – folgorante strumentale pubblicato nel 1958 – fu uno dei pezzi fondamentali nello sviluppo del rock. Per comprenderne la rilevanza: Iggy Pop, Slash e Marky Ramone attribuirono proprio a Rumble parte della nascita del suono del rock, mentre Pete Townshend degli Who definì Wray il suo personale re, aggiungendo anche: «Non fosse stato per Link e per la sua Rumble, non avrei mai preso in mano una chitarra…».

Rumble
Tony Bennett in una scena di Rumble.

Ma non solo, perché nel documentario si cita anche una cantante jazz poco nota in Italia, Mildred Bailey, nata Mildred Rinker da una famiglia discendente dai Cœur d’Alene, uno dei popoli nativi americani, e che in un passaggio viene lodata da una leggenda come Tony Bennett che dice – molto candidamente – che per anni non riuscì ad ascoltare altro se non i suoi vinili. Un documentario che ritorna d’attualità ora anche grazie a Killers Of The Flowers Moon (con colonna sonora di Robbie Robertson) e che getta anche una luce inquietante sull’appropriazione culturale: «Metti in fila i nomi», riflette Stevie Salas, chitarrista di origini Apache e già consulente del National Museum of the American Indian, «e ti chiedi perché nessuno ha mai unito i puntini? Perché nessuno ha fatto notare che tutti questi artisti erano di origine indiane?». 

  • ROCKCORN | L’ultimo Valzer, Martin Scorsese e il concerto d’addio dei Band
  • VIDEO | Qui per Il trailer italiano di Rumble – Il grande spirito del rock:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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