Ritorno a Cold Mountain - Charles Frazier - Libro - Longanesi - La Gaja scienza | IBS
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Descrizione


Vincitore del National Book Award 1997

Il romanzo è ambientato durante la Guerra Civile americana e narra due storie parallele. La prima è quella del soldato sudista Inman, che, dopo essere stato ferito e temendo di dover tornare al fronte, decide di disertare e fare ritorno al suo paese natale, dove l'aspetta l'amata. La seconda è quella di Ada, la fidanzata di Inman. Cresciuta nell'ambiente raffinato della buona società di Charleston, Ada è costretta a seguire il padre alla fattoria che quest'ultimo possiede a Cold Mountain. Tuttavia, alla morte del padre, Ada non ritorna in città, ma rimane a prendersi cura della fattoria e ad aspettare il ritorno di Inman.
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Dettagli

3
1998
15 maggio 1998
504 p., Rilegato
9788830414778

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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n.d.
Recensioni: 3/5

Sebbene il film sia ben fatto, il libro ha sempre qualcosa di più magico.

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Elisa
Recensioni: 5/5

Non c'è paragone, il film è bellissimo e gli attori sono straordinari (ehm...qualcuno si è ricordato di citare la fantastica Renee Zellweger???), ma niente a che vedere con le minuziose descrizioni di Frazier. Ai più sembreranno noiose, ma avete idea di quanta ricerca ci sia dietro per ricreare il paesaggio, il modo di parlare, lo stile di vita dei Monti Appalachi nel 1865? E poi Ada...è un personaggio meraviglioso... Spero che la mia tesi ne/le renda merito!

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Satine
Recensioni: 3/5

Ho letto il libro e visto parallelamente il film, che ho trovato bello pur avendo alcuni difetti, primo fra tutti il cast sottotono. Il libro è scritto bene ma in alcuni punti perde smalto, diventa noioso e non ha il carisma del film, la cui parte migliore è la potenza di cui alcuni dialoghi (adoro quando Jude Law dice alla splendida Nicole, "tu sei tutto quello che mi aiuta a non scivolare in un baratro senza luce"). Il film ha anche il grande pregio di mettere molto in risalto il significato principale di questa storia, il senso della comunità e di famiglia, la convinzione che le persone possono aiutarsi a vicenda. Nel libro ho sentito poco tutto questo, mi sembra fosse più concentrato sull'individualità di Ada e di Inman.

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Voce della critica


recensione di Rognoni, F., L'Indice 1998, n. 9

Un po' come il "Paziente inglese" di Michael Ondaatje (Garzanti, 1993), questo primo romanzo del quarantasettenne Charles Frazier, "Cold Mountain* (così, semplicemente, il titolo originale), è la storia romantica di una convalescenza impossibile.
Ferito nel corpo, e più fatalmente nello spirito, dagli orrori di quattro anni di guerra civile, Inman, un soldato sudista d'origini contadine, fugge dall'ospedale dove è stato ricoverato, e cerca di far ritorno alla nativa Cold Mountain, North Carolina ("nella sua mente la Cold Mountain si ergeva come un luogo in cui si sarebbero potute raccogliere le sue sparse energie"), dove la più raffinata Ada Monroe, la figlia del pastore, forse lo sta ancora aspettando.Nella sua odissea attraverso le macerie della sconfitta imminente, gli episodi grotteschi o spietati si susseguono, fra essi aprendosi solo rare parentesi di serenità: come in una sosta tranquilla nel campo degli zingari; o nelle due notti che Inman trascorre, immobile, al fianco di una giovane vedova; o in quel sogno, "vivido come il giorno reale", in cui Ada gli si avvicinava "allo stesso ritmo della pioggia" ed egli "anelava a stringerla fra le braccia, e si accingeva a farlo, ma per tre volte, mentre si protendeva verso di lei, Ada si dissolveva fra le sue braccia, diventava un'immagine sfuocata, tremula e grigia.La quarta volta, però, rimaneva solida e concreta, e si lasciava tenere stretta" - che è una variazione, molto riconoscibile, sull'incontro di Enea col fantasma di Creusa ("Eneide", II, vv. 792-94).
Ma, nella maggior parte dei casi, Inman è costretto a fuggire dalla violenza più efferata, o ad attaccare e uccidere a sua volta, per sopravvivere o rendere giustizia, con la riluttanza implacabile degli ultimi personaggi di Clint Eastwood, o - se si preferisce - appunto con l'elegiaca "gravitas" dell'eroe virgiliano, piuttosto che con la bella incoscienza di quelli omerici.La dimensione del racconto è anzi profondamente morale (di contro, per esempio, alla forsennata amoralità delle storie di Cormac McCarthy, il maggior narratore "southern* di questi anni); tale risoluto sentimento del bene e del male rischierebbe d'appesantire il romanzo, se quasi sempre non fosse governato da uno stile, un tono, di stupefatta rassegnazione, e non fosse spesso sorretto da un umorismo nero e straniante, nella più schietta tradizione di Poe e Mark Twain (vedi soprattutto il personaggio strepitoso di Veasey, indimenticabile predicatore ciarlatano, criminale in erba e vittima insensata).
Alle avventure di Inman, si alternano i capitoli dedicati ad Ada. La quale, educata in città al pianoforte e alle buone letture, dopo la morte improvvisa del padre si è ritrovata tutta sola a doversela cavare in una fattoria isolata, senza la minima idea di come si coltivi un orto, o si tiri il collo a un pollo. Così la sua sarebbe una ben tragica pastorale - anzi presto la giovane dovrebbe riparare a Charleston, rinunciando alla propria indipendenza "emersoniana" - se in suo aiuto non arrivasse Ruby, una ragazzina tanto selvatica e disimbranata, quanto Ada non è ancora uscita dalla bambagia (ma ci uscirà ben presto, imparando i colori dell'alba, i nomi degli alberi, e che quando si va a lavorare in campagna non serve portarsi dietro un libro come a una scampagnata...).Insieme le due donne riescono a creare l'utopia di una comunità ideale, un idillio continuamente minacciato (la montagna è battuta dal perfido Teague e la sua banda a caccia di disertori), ma non così fragile come potrebbe sembrare - un luogo sacro e orgogliosamente domestico, come il tempio di Filemone e Bauci, la cui storia la non più giovane Ada starà leggendo nell'ultima pagina del libro.
È presto per decidere se "Ritorno a Cold Mountain* sia davvero un grande romanzo, necessario nell'ampiezza del suo respiro, o piuttosto un prodotto d'altissima qualità e splendidamente confezionato. Senza dubbio il libro soffre di un eccesso di costruzione, probabilmente implicito nella sua struttura: il montaggio alternato, si sa, essendo sempre gratificante a livello emozionale, ma a lungo andare prevedibile e meccanico. Tutto si tiene e tutto converge, per cui ora del finale era forse quasi impossibile scampare al sentimentalismo: il rischio, non proprio evitato, è che esso investa retrospettivamente tutta la storia d'amore di Inman e Ada, che infatti probabilmente costituisce la parte più debole del romanzo.Così come potrebbero infastidire (ma è questione di gusti) certe corrispondenze un po' troppo ostentate, il gioco dei richiami classici e mitologici, il simbolismo e, più in generale, la saturazione degli argomenti.
"Ritorno a Cold Mountain* è veramente un libro totale, al punto che non mi stupirei se Frazier restasse l'autore di quest'unica opera, un po' come Ralph Ellison ha detto tutto nell'"Uomo invisibile", o Malcom Lowry in "Sotto il vulcano" (qui il contrasto con il già ricordato McCarthy - i cui romanzi sono invece chiaramente tasselli di una "ouvre" - non potrebbe essere più netto). Qui ci sono decine di personaggi perfettamente caratterizzati; c'è l'amore e c'è la guerra ("il vecchio Robert E.Lee aveva detto che era un bene che la guerra fosse così terribile, altrimenti poteva succedere che ci si prendesse troppo gusto"); c'è la tragedia di un'intera nazione; ci sono gli orrori della schiavitù, ma anche i crimini degli Unionisti; lo sterminio degli indiani e la precaria sopravvivenza della loro saggezza nei racconti orali, e in canti e preghiere che sembrano scritti da Emerson; c'è la natura nei suoi aspetti più belli e delicati, più indifferenti, più mostruosi, e anche filtrata da certe splendide pagine dei "Viaggi" di William Bertram (il naturalista americano amato da Coleridge e Chateaubriand); ci sono la tragedia e la commedia, intrecciate come in un dramma shakespeariano; ci sono i tempi distruttivi della storia, e quelli ciclici e rigeneranti
- dionisiaci e tuttavia ordinati - del mito e della musica.
Ma la grandezza del romanzo, se autentica, non è tanto funzione della generosità delle sue inclusioni, quanto di un tono quasi indefinibile, il ritmo peculiare - quasi sempre sostenuto nei capitoli dedicati a Inman, meno in quelli per Ada - di quella che sopra ho chiamato una "convalescenza impossibile". Per tutto il libro (almeno fino all'incontro con l'amata), Inman appartiene già più al mondo delle ombre che a quello dei vivi, quindi ogni suo gesto e azione, e il suo sguardo, sono guidati da uno strano disinteresse - non l'indifferenza, ma come un distacco da sé e dagli altri, una stanchezza immedicabile: da qui quella patina lievemente, poi a tratti violentemente, allucinata (vedi soprattutto lo straordinario capitolo centrale, "Vivere come un gallo da combattimento"), e certi interni che ricordano gli scorci di Georges de La Tour, dove ogni illuminazione più frontale abbaglierebbe, offendendo occhi ormai così abituati all'oscurità.

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