Richard Osman, il nuovo fenomeno del giallo inglese: «Ero il re del quiz, ho lasciato la tv per scrivere»

Richard Osman, il nuovo fenomeno del giallo inglese: «Ero il re del quiz, ho lasciato la tv per scrivere»

L’autore è l’astro nascente della letteratura noir inglese

Richard Osman, il nuovo fenomeno del giallo inglese: «Ero il re del quiz, ho lasciato la tv per scrivere»
di Riccardo De Palo
5 Minuti di Lettura
Domenica 15 Ottobre 2023, 13:31

Un antiquario ucciso, una misteriosa scatola piena di droga, e un gruppo di arzilli ospiti di una casa di riposo nel Kent, con la passione delle indagini, e molto senso dello humour, sempre in bilico tra i vecchietti del BarLume e Agatha Christie. Sono gli ingredienti di L’ultimo diavolo a morire di Richard Osman, il nuovo romanzo della serie del Club dei delitti del giovedì. L’autore è l’astro nascente della letteratura noir inglese: ha venduto oltre dieci milioni di copie ed ha grande successo anche nel mercato americano, dove è riuscito a doppiare Stephen King. Per continuare a occuparsi di letteratura, ha lasciato Endemol e il suo posto di “re” dei quiz televisivi britannici. Come presentatore, è una celebrità paragonabile al nostro Amadeus.


La sua decisione di lasciare la tv per la letteratura è molto controcorrente, lo sa?
«In tv ho cominciato proprio scrivendo, e quindi per me è stato un ritorno alle origini. Ho aspettato di essere invecchiato abbastanza da avere qualcosa da dire».

Però è stata una scelta coraggiosa, visto il successo che aveva, no?
«Per niente. Ho passato trent’anni della mia vita nella televisione e ho fatto tutto quello che volevo. È importante continuare a porsi sempre nuove sfide creative. Amo scrivere libri e sono felice che alla gente piaccia leggerli. Non mi aspettavo dieci milioni di copie, ad essere sincero, ma ovviamente più vengo apprezzato e più ne sono contento».

Ci può raccontare i suoi personaggi? Chi sono Elizabeth, Joyce, Ibrahim, Ron?
«Sono quattro ospiti di questo centro per anziani del Kent, il classico posto dove si mescolano persone che non si sarebbero mai frequentate altrimenti, nel corso della loro vita. Sono tutti ultrasettantenni, hanno vissuto esperienze straordinarie, e hanno dei background molto diversi tra loro. Elizabeth è una ex spia e ha ancora molte conoscenze nel mondo dell’intelligence, Ibrahim era uno psichiatra, Ron un attivista dei Laburisti e Joyce una infermiera.

Mi piace come interagiscono tra loro, è evidente che si vogliono molto bene».


Anche l’ambiente è molto particolare.
«Mia madre vive in un villaggio per pensionati come questo, e ogni volta che vado a trovarla, incontro persone che hanno vissuto delle vite incredibili. Anche loro hanno diversi club, magari dedicati all’arte, o allo studio della lingua italiana, e magari - perché no? - anche a risolvere delitti, come nei miei libri».


Le persone anziane sono una importante risorsa della società, ma spesso sono viste, invece, come un peso. Lei invece cerca di dare loro il valore che meritano.
«Credo che una delle ragioni per le quali i miei libri vendono molto sia proprio questo. Tendiamo a tenere in altissima considerazione la gioventù, ad adorare falsi idoli come Instagram e gli influencer, che siano ragazze in bikini o ragazzi con gli addominali scolpiti. E invece abbiamo questa generazione incredibile, a portata di mano».


Come si è ispirato per scrivere questo quarto romanzo della serie?
«Mio nonno era agente di polizia a Brighton, dove si trova il negozio di antiquariato di cui ho scritto, e spesso mi raccontava dei delitti su cui indagava, e in particolare delle attività criminali che posti del genere potevano nascondere. Io lo trovavo affascinante. Nel romanzo c’è una gang che usa questo negozio di antiquariato per far transitare una partita di eroina, che un terzo uomo deve venire a prelevare. Ma qualcosa va storto, e la droga sparisce. Ci scappa il morto, e il Club dei delitti del giovedì interviene per indagare, per rintracciare la droga e mettersi sulle tracce dell’assassino».


A che punto è il progetto per un film sul primo libro, “Il Club dei delitti del giovedì”, di cui Steven Spielberg ha comprato i diritti? Lei aveva ipotizzato star come Helen Mirren, Meryl Streep, Judy Dench…

«Assolutamente, sì, mi è arrivata proprio stamattina la sceneggiatura, e adesso comincerò a leggerla. Dovremmo avere già iniziato le riprese, ma a causa dello sciopero degli attori è tutto fermo, speriamo di cominciare per l’inizio del prossimo anno. È solo questione di tempo. Per gli attori ancora non c’è nulla di certo, ma saranno dei nomi molto, molto importanti».

 
Essere una celebrità della tv l’ha aiutata?
«Facevo il produttore di programmi prima ancora di diventare un presentatore, e quello che ho imparato lavorando per la tv è che bisogna tenere sempre alta l’attenzione degli spettatori, per evitare che cambino canale. Così, scrivendo, inconsciamente, cerco sempre di evitare che il lettore chiuda il libro per andare a fare altro. Infarcisco le pagine di colpi di scena, di dettagli che incuriosiscono».


Si direbbe che abbia trovato la ricetta perfetta per scrivere un giallo.
«Diciamo che l’ho trovata quasi per caso: umorismo, delitti e riflessioni sui fatti del mondo, ma ad essere veramente essenziali sono i miei personaggi, li adoro. E questo è un libro particolare, anche molto personale, per me».


Perché?
«Quasi ogni famiglia ha un’esperienza di demenza, di Alzheimer. Ovviamente, è un aspetto che ho trattato con molto rispetto. Senza fare spoiler, ci sono delle scene molto emozionanti».


Lei è molto legato all’Italia, vero?
«Io e mia moglie (Ingrid Oliver, attrice nota per avere recitato in Doctor Who, ndr) siamo stati un mese intero a Roma, lo scorso maggio. Lei parla italiano e passiamo sempre molto tempo in Italia. Adoriamo il vostro paese, sfrutteremo ogni scusa, ogni festival, per tornarci».


La Brexit è stata un errore?
«Io ho votato contro, e oggi rivoterei di nuovo nello stesso modo. Più abbiamo legami forti con l’Europa e meglio è». 


Quali sono gli autori che la ispirano?
«Essendo inglese ovviamente Agatha Christie, ma sono anche un grande ammiratore di Dorothy L. Sayers, vissuta nella stessa epoca. Il mio autore preferito è Patricia Highsmith, la adoro. Mi piacciono anche Kate Atkinson, lo scrittore americano Dennis Lehane. Insomma, tutti quegli autori che sappiano costruire delle belle frasi, oltre che raccontare delle storie. E che sappiano costringerti a continuare a leggere, pagina dopo pagina».
 

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