Rebel Moon - Parte 1: Figlia del fuoco - Recensione

Anakin non abita più qui.

Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco - La recensione

LA RECENSIONE IN BREVE

  • Nel tentativo di creare il suo personale “Star Wars”, Snyder si abbevera alle medesime fonti di Lucas, strozzandosi.
  • La struttura eccessivamente rigida del racconto impedisce ai vari personaggi (e rispettivi interpreti) di emergere.
  • Di tanto in tanto salta fuori qualche trovata interessante, soprattutto a livello visivo, e al netto di uno stile che può non piacere la messa in scena è cinematografica.

Qualche mese fa, parlando di The Creator (Voto: 7.6 - Recensione), mettevo in fila l’incredibile quantità di riferimenti e citazioni presenti nel film di Gareth Edwards, osservando come al giorno d’oggi, soprattutto nelle opere di genere, sia molto difficile se non impossibile affrancarsi dalla cultura pop preesistente.

Davanti a questo Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco (da qui in avanti solo Rebel Moon) non posso fare a meno di sottoscrivere il discorso, ma anziché lanciarmi subito nell’analisi del nuovo film di Zack Snyder desidero nuovamente precisare che non considero la faccenda dell’originalità necessariamente problematica, in quanto buona parte delle fonti che attualmente tendiamo a considerare “storiche” di questo o quel genere, sono a loro volta rielaborazioni di motivi mitologici più antichi.

È la storia, non chi la racconta

Da secoli noialtri esseri umani ci raccontiamo sempre le stesse storie, c'è poco da girarci intorno; storie che hanno a che fare, nove volte su dieci, con ossessioni, paure e desideri ancestrali. Di conseguenza è molto difficile smarcarsene, e forse nemmeno è così importante, in quanto la bellezza della narrazione popolare non risiede tanto nella creazione, quanto semmai nelle variazioni sul tema, capaci – quelle sì – di infilare significati nuovi e spesso addirittura imprevisti in racconti triti e ritriti.

Di solito, nel tentativo di chiarire questo concetto ricorro all’esempio de Il padrino, che adopera i temi del lascito e della spartizione del potere per raccontare la malavita italoamericana tra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. Il film è liberamente ispirato alla tragedia Re Lear, di William Shakespeare, la medesima utilizzata anche da Akira Kurosawa come base del suo Ran e pucciata, in quel caso, nel Giappone del XVI° secolo, dove al posto di Don Vito troviamo il signore feudale Hidetora Ichimonji afflitto dalle medesime rogne testamentarie.

A questo punto si potrebbe pensare che all’origine di tutto ci sia il vecchio Will, tuttavia il tema emerge già nell’antica Grecia, per essere precisi nel mito nella spartizione del potere di Crono tra gli Olimpi ribelli Zeus, Ade e Posidone. Mito, a sua volta, probabilmente basato su una leggenda minoica, ma sarei pronto a scommettere che la faccenda sia cominciata persino prima, magari davanti al falò di qualche tribù.

Il punto, insomma, è che se un autore ci sa fare anche la storia più vecchia del mondo può risultare efficace e prestarsi a raccontare il presente, e The Creator, dal canto suo, nonostante i difetti riusciva perlomeno a imbastire un discorso interessante riguardo la liceità degli interventi militari degli Stati Uniti, oltretutto rielaborando in chiave fantascientifica la grammatica del cinema di guerra degli anni Settanta.

Sono un ribelle, mamma

Con Rebel Moon, di contro, Zack Snyder e gli sceneggiatori Kurt Johnstad e Shay Hatten non riescono mai ad andare oltre le proprie, numerosissime fonti, portando nel piatto un’operazione sterile a livello narrativo, oltre che problematica in termini di ritmo e gestione dei personaggi.

A chi non fosse sul pezzo (tipo il sottoscritto, fino a qualche ora fa) ricordo che l’intero progetto nasce nel giro di Star Wars prima che Disney si prendesse la briga di acquisire Lucasfilm; proprio l’entrata in scena di Kathleen Kennedy e della sua gang ha finito per cambiare le carte in tavola, affrancando così Rebel Moon dall’universo di Lucas e spingendo Snyder e elaborare una saga fantascientifica a sé stante.

Ci sono pure le spade de foco!

Il primo frutto di questa ambiziosa visione tradisce (o, meglio, non fa nulla per nascondere) le proprie origini, attingendo a piene mani dall’immaginario di Star Wars e, per estensione, di tutte quelle opere che a suo tempo ispirarono le avventure di Luke, Leia e compagnia Jedi.

Il film segue pedissequamente la struttura del viaggio dell'eroe elaborata da Christopher Vogler a partire dagli studi dello storico delle religioni Joseph Campbell, con la nostra protagonista, Kora (Sofia Boutella), impegnata a difendere un villaggio rurale dalla minaccia dell’ennesimo impero spaziale filo-nazista. Dopo una prima parte che pare la versione del discount di Bastardi senza gloria, dove il perfido ammiraglio Atticus Noble (Ed Skrein) fa sostanzialmente le veci di Hans Landa mimandone persino le faccette, la giovane, accompagnata dal contadino Gunnar (Michiel Huisman), un po’ Luke e un po’ Samvise Gamgee, raggiunge la classica locanda in stile Mos Eisley/Puledro Impennato, dove grazie a un succedaneo di Han Solo, tale Kai (Charlie Hunnam), partirà alla volta dello spazio per radunare guerrieri ostili all’impero.

"Shosanna?"

Come ho detto, niente di nuovo sotto il sole: oltre alle fonti già sollevate si incrociano di tanto in tanto frammenti di opere come Dune, I sette samurai (o I magnifici sette, se preferite), Ben-Hur, Il gladiatore, la “trilogia del dollaro” di Leone, il Ciclo di Barsoom, Flash Gordon e l’immancabile Blade Runner a coprire la quota cyberpunk. Purtroppo, a causa di una struttura a blocchi che lascia respirare pochissimo il racconto, tutti questi riferimenti non riescono ad amalgamarsi consegnando un’opera completamente priva di coesione; una creatura di Frankenstein che procede semplicemente per accumulo, capitolo dopo capitolo, prendendosi pochissimo tempo per introdurre i vari personaggi, e delegando semmai la faccenda all’archetipo o allo stereotipo di turno.

Come se non bastasse, la scelta di spingere al massimo il volume di ciascuna sequenza tanto in termini narrativi che visivi rende l’esperienza monocorde e priva di ritmo, anche perché in un contesto dove tutti spaccano sempre tantissimo, alla fine si ha la sensazione che non spacchi nessuno, parafrasando il tizio de Gli Incredibili.

"È la nave che ha fatto la rotta di Kessel in meno di dodici parsec!".

Le cose vanno un po’ meglio a livello artistico: alcune trovate, tipo la tizia ragno o certi membri del “bestiario” hanno il loro bel perché, mentre la messa in scena nel complesso non è così male, a patto di digerire la mano pesante di Snyder, uno che non si tira mai indietro davanti agli spazi da deformare e ai lens flare. Nondimeno, ecco, Rebel Moon è cinema, e spicca nettamente rispetto a certe produzioni tutte esangui e pulitine di Netflix: se solo gli autori si fossero presi la briga di elaborare anche una sceneggiatura interessante non saremmo di fronte a un pasticcio del genere, ma d’altro canto se gli asini avessero le ali volerebbero.

Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco è disponibile su Netflix.

Verdetto

Non ho mai capito perché Snyder, negli anni, si sia ritagliato questa fama da regista divisivo. Cioè, no, in parte lo capisco, soprattutto alla luce di uno stile sempre sparato a mille e di un gusto tamarrissimo per l’epica che lo spingerebbe a prendere sul serio persino Fantozzi; però, ecco, non lo trovo divisivo in termini di risultati, dal momento che nel corso della sua carriera ha perso delle palle, OK, ma pure battuto diversi strike. Purtroppo Rebel Moon non rientra tra questi: il tentativo di creare un nuovo Star Wars si scontra con la gestione del racconto parecchio problematica che impedisce ai vari personaggi di andare oltre i rispettivi cliché, complice anche un cast non sempre azzeccato, mentre il meccanismo di citazioni e riferimenti è così farraginoso da impedire alle varie tessere di comporre un puzzle sensato. Peccato, perché giocare sul classico spesso paga e nel complesso qualche idea a livello visivo c’è; purtroppo queste cose non bastano a tener su la baracca, e nonostante sul finale vengano gettate le premesse per ulteriori sviluppi, la voglia di proseguire non è esattamente alle stelle.

In questo articolo

Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco - La recensione

4.5
Brutto
A causa di personaggi poco carismatici e di una struttura eccessivamente rigida e chiusa, lo "Star Wars" di Snyder non riesce a decollare.
Rebel Moon - Parte 1: Figlia del fuoco
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