Per gli appassionati di serie (chi non lo è?), l’ultimo gioiellino di AppleTv è senza dubbio WeCrashed, con Jared Leto e Anne Hathaway nei panni dei caleidoscopici coniugi Neumann, fondatori di WeWork, la start up “unicorno” che dopo una quotazione record di 47 miliardi di dollari è scoppiata come una bolla di sapone. Se un tratto comune dei super imprenditori del nostro secolo (vedi Bezoz, Jobs, Musk) sono le infanzie e adolescenze burrascose o quantomeno peculiari, Adam Neumann non è certo da meno: nato nel 1979 a Tel Aviv, in Israele, Neumann è affetto da una dislessia così forte da imparare a leggere solo in terza elementare. Il divorzio dei suoi genitori, con un padre che svanisce e al seguito di una madre che cerca di rifarsi una vita, gli impone di cambiare tredici residenze entro i 21 anni. L’esperienza più importante di questi continui stravolgimenti è senz’altro il periodo passato in Kibbutz, una comunità ebraica di lavoro volontario e convivenza, seguito dal servizio militare che lo vede diventare ufficiale della Marina israeliana. La tappa successiva è il Baruch College di New York, che abbandona a pochi esami dalla laurea, dove incontra Miguel McKelvy, a sua volta cresciuto in una comunità nell’Oregon. Insieme, nel 2008 i due fondano Green Desk, un’azienda che organizza spazi di co-working sostenibili, e, due anni dopo, la sua versione più ambiziosa: WeWork.

new york, ny   april 24  adam neumann and rebekah neumann attend the 2018 time 100 gala at frederick p rose hall, jazz at lincoln center on april 24, 2018 in new york city  photo by taylor hillfilmmagicpinterest
Taylor Hill//Getty Images

E se il 2008 è un anno importante per gettare le basi della sua mega impresa, lo è anche per l’incontro con Rebekah Paltrow, cugina della più nota Gwineth, un’imprenditrice che predilige lo yoga a Wall Street ma che, come Neumann, coltiva ambizioni grandiose. Nonostante in seguito Rebekah venga considerata una co-fondatrice di WeWork, all’inizio il suo ruolo è in realtà molto vago nell’azienda, ma molto influente sulla personalità del marito: è lei a delineare “l’anima” di WeWork, spingendo Neumann a promuoverla come azienda etica, rivoluzionaria, il cui ultimo scopo è di cambiare il mondo attraverso l’idea di lavoro e vita comunitari. WeWork propone un nuovo life-style, e i suoi dipendenti, così come i clienti e i media, sembrano crederci completamente: l’identità WeWork abbraccia tutte le tendenze più cool del momento, dal veganesimo all’idea del lavoro come immersione totale (Thanks God Is Monday è uno degli slogan). Il risultato è una specie di comunità hippie che alterna il work hard al play hard: le feste di WeWork – tutt’altro che vegane o salutiste, bensì sommerse di alcool che viene distribuito gratuitamente ai dipendenti 24/7 – diventano velocemente famose, con lunghe code di aspiranti imbucati che si formano fuori dalle sedi di Londra e New York.

Ma intanto, tra una festa e l’altra, i coniugi Neumann fanno business, riuscendo con i loro pitch super carismatici a convincere istituzioni come la Chase Bank e mega investitori come Masayoshi Son (fondatore della SoftBank) a credere in WeWork e investire milioni, anzi miliardi di dollari. L’obiettivo di Neumann è crescere a velocità supersonica, acquisendo nuove sedi in tutto il globo a un ritmo folle, e riuscendo così anche a giustificare lo stato perenne di rosso della società: mentre finisce su tutti i giornali come impresa strabiliante, mettendo insieme un portafoglio di 500 immobili nel mondo, WeWork in effetti perde circa due milioni di dollari al giorno. “Spendere tanto per crescere veloce”, è il motto di Neumann, ma non tutti ci cascano: quando tenta di coinvolgere il colosso Google come investitore, tentando di spacciare WeWork come una società dal grosso potenziale tech, la proposta viene fermamente declinata.

Intanto Rebekah, che nel frattempo ha messo al mondo cinque figli, fonda WeGrow, una scuola “di vita per la vita”, che dietro una retta spaventosa promette di insegnare mindfullness, yoga e spirito imprenditoriale a piccoli rampolli newyorkesi. Nonostante la reputazione di start up miracolosa, i conti della società sono sempre più in sofferenza, anche grazie allo sperpero personale dei coniugi Newmann, che si dotano di sei residenze stellari, aerei privati e uno staff sempre più folto. Adam riesce addirittura a fare cassa sul marchio “WE”, che acquisisce per sé e poi rivende alla propria società per milioni di dollari. Il nervosismo degli investitori cresce fino al punto di volere una quotazione in borsa: l’unico modo per rilanciare gli investimenti in WeWork è renderla pubblica, ma per essere quotata WeWork ha bisogno di essere approvata dagli organi di vigilanza finanziaria americani, ed è a questo punto che la bolla scoppia. La società è più che in perdita e il consiglio di amministrazione decide che liberarsi di Neumann è l’unico modo per ricostruire una parvenza di credibilità, ma il fondatore, che ha un potere di veto sul consiglio, accetta di andarsene solo dietro un buono uscita che ha fatto la storia: 900 milioni di dollari.

Con questo esiguo gruzzoletto i Neumann hanno lasciato New York per Israele – di cui Adam aspira a diventare Primo Ministro – per poi fare ritorno negli Stati Uniti in zona Miami, dove pare che stiano tramando per iniziare nuovi business immobiliari. Ma non è finita: nel 2021 WeWork è stata effettivamente quotata in borsa, il che ha fatto guadagnare a Neumann (che non ha più alcun ruolo ma che ha tenuto il 7% delle quote) altri 700 milioni di dollari. E Rebekah? Si è ricomprata il marchio WeGrow, sempre nell’idea di poter insegnare alle future generazioni uno stile di vita super cool.