BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE
DIREZIONE GENERALE ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO
XII, 2021/3
MARINA LO BLUNDO*
IL FONDO CALZA NELL’ARCHIVIO FOTOGRAFICO DI OSTIA ANTICA♦
The Calza collection (Fondo Calza) in the Photographic Archive of Ostia antica consists of images taken and
accurately filed by Raissa Calza over the course of her years in Ostia antica. It is an important collection, as it
contributes to the documentation of the 1938-42 excavations, with an important focus on the sculptures that were
found. Through the analysis of these photographs it is possible to understand how Raissa Calza worked and also
what her sensitivity was as a photographer.
Fin dal suo arrivo ad Ostia, Raissa Calza ricoprì l’incarico di fotografare e schedare i
reperti mobili che, via via, venivano in luce nel corso della grande stagione degli scavi, diretti
da Guido Calza negli anni 1938-42, in vista dell’Esposizione Universale del 1942, grande evento
che, come noto, non ebbe luogo per via dello scoppio della II Guerra Mondiale.
Il lavoro che ella condusse presso gli Scavi dal 1935 al 1968 – con un’interruzione agli
inizi degli anni ’50, quando si spostò al Gabinetto Fotografico Nazionale – ha lasciato erede il
Parco Archeologico di Ostia antica di una grande mole di materiali: le migliaia di schede
inventariali che ella redasse, appunti di studio, manoscritti, bozze delle sue pubblicazioni1, e di
un vero e proprio archivio fotografico, frutto del lavoro pluriennale di catalogazione e
inventariazione dei materiali archeologici rinvenuti durante le campagne per l’Esposizione
Universale del 1942 e poi, a seguire, nel dopoguerra. Questo archivio nell’archivio è il cosiddetto
Fondo Raissa Calza.
♦ Tutte le immagini del presente contributo sono tratte dall’Archivio Fotografico del Parco Archeologico di Ostia antica.
1) Si veda il contributo di Dario Daffara in questi stessi atti.
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Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n.30 ISSN 2039 - 0076
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
All’arrivo di Raissa Gourevich De Chirico a Ostia2, gli Scavi potevano contare su un
Gabinetto Fotografico che funzionava attivamente fin dal 1909, messo in piedi dal primo
direttore degli Scavi, Dante Vaglieri3. Il Gabinetto Fotografico appena costituito aveva in
dotazione alcune macchine fotografiche, due del tipo a campagnola, o folding, che realizzavano
fotografie alla gelatina su lastra di vetro nei formati 13x18 e 18x244, una macchina a cassetta
Murer B per lastre 9x12 e una macchina fotografica stereoscopica Verascope per lastre 45x1075.
IL GABINETTO FOTOGRAFICO DI OSTIA ANTICA
Quando Dante Vaglieri prende la direzione degli Scavi, la fotografia come documentazione
di opere, monumenti archeologici e scavi in corso è un’esigenza ormai sentita da più parti già
da qualche decennio: già da tempo musei e soprintendenze in tutta Italia si erano dotati di
Gabinetti fotografici e dell’attrezzatura fotografica necessaria6. La necessità di documentare
reperti, monumenti e nuovi ritrovamenti si fa strada negli ultimi decenni dell’Ottocento, dopo
un primo periodo – la fotografia nasce ufficialmente nel 18397, facendo da lì in avanti passi da
gigante sia a livello di tecnica fotografica che di strumenti8 – in cui si fa più attenzione alla
fotografia di archeologia in quanto elemento del paesaggio che non al suo valore di documento
scientifico al pari del rilievo architettonico. Fin dai suoi esordi, infatti, a Roma la fotografia si
dedica alle vestigia classiche e ai monumenti cittadini con una produzione davvero ingente di
immagini destinate al mercato internazionale: molti viaggiatori europei e americani, ancora sulle
orme del Grand Tour, amano procurarsi fotografie: sono quelle che diventeranno le cartoline,
le foto-ricordo dei decenni successivi9.
Alla fine del XIX secolo invece i tempi sono ormai maturi perché la fotografia diventi
strumento di documentazione, non solo dello stato di fatto, ma anche dei rinvenimenti in corso
d’opera10. Ed è proprio con questo spirito che Vaglieri istituisce il Gabinetto Fotografico di Ostia
antica11.
2) Assumerà il cognome Calza in seguito al matrimonio con Guido Calza nel 1946. Fino a quella data Raissa si firma e firma
anche sue pubblicazioni scientifiche con il cognome De Chirico. Si veda il contributo di Dario Daffara in questi atti.
3) OLIVANTI 2014.
4) Queste due macchine sono ancora in possesso dell’Archivio Fotografico, vedi Appendice di O. Menghi al presente contributo.
5) In ANGELONI et al. 2014 p. 67 è pubblicato il catalogo di tutta la strumentazione fotografica in dotazione al Gabinetto
Fotografico nei primi anni.
6) A Firenze, ad esempio, il Museo Archeologico si dota di un Gabinetto Fotografico fin dal 1898 con l’acquisto di un apparecchio
fotografico 13x18 Markenstein, modello inglese, obiettivo Dallmayer, ma l’esigenza di documentare fotograficamente i reperti
archeologici risale al 1889 con le richieste di Ernesto Schiaparelli, che è costretto però a rivolgersi a fotografi esterni; durante
gli scavi nel centro di Firenze negli anni 1891-92 emerge l’esigenza di documentare fotograficamente quanto viene in luce: si
veda sul tema ARBEID 2016.
7) In realtà nel 1839 vengono presentati due procedimenti fotografici completamente diversi, quello di L.M. Daguerre in Francia
(il dagherrotipo) e quello di F. Talbot in Inghilterra (il calotipo). Già da anni erano in corso sperimentazioni, e dal 1839 in avanti
esse proseguirono, portando alla nascita di una serie di tecniche, di procedimenti e di materiali davvero notevole: si veda tra gli
altri SCARAMELLA 1989 e ANG 2015. Pietra miliare negli studi sulla nascita della fotografia è COE 1976; un’efficace cronologia
si può consultare online: http://www.photogallery.it/storia/icrono.html (ultimo accesso, 27 settembre 2021).
8) ANG 2015. Fin dai primi anni la fotografia si diffuse in tutto il mondo facendo grandi passi avanti dal punto di vista del
progresso tecnologico; anche le fotocamere subirono una serie continua di innovazioni volte a renderle non solo più trasportabili
e veloci, ma anche solide per essere portate fuori dagli studi dei fotografi. Stupisce la quantità di modelli di macchine fotografiche
sempre più perfezionate che vengono prodotte ancora prima del debutto del XX secolo: per avere un’idea si veda HOLMES 1974.
9) PESCI, TOZZI 2019, p. 60.
10) Il primo a corredare l’edizione scientifica degli scavi con fotografie è Alexander Conze nel 1875 (CONZE 1875) a proposito
dei suoi scavi a Samotracia: nelle tavole in chiusura di volume si alternano rilievi e disegni a fotografie di decorazioni
architettoniche, sculture e vedute di monumenti.
11) OLIVANTI 2014.
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BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE XII, 2021/3
Al 17 dicembre 1908 risalgono i primi lavori per l’allestimento del Gabinetto Fotografico,
mentre alla primavera del 1909 risalgono le prime fotografie, tra cui una della statua di Sabina
in veste di Cerere rinvenuta nella palestra delle Terme di Nettuno12.
Vaglieri intendeva la fotografia come strumento di documentazione utile non solo alla
ricerca, ma anche alla registrazione di tutte le operazioni di sterro e restauro. Dal 1909 in avanti,
dunque, ogni operazione sul campo sarà documentata, andando a costituire un archivio
preziosissimo di informazioni sulla storia degli scavi di Ostia. Cionondimeno, nella produzione
fotografica degli anni di Vaglieri ci rimangono numerose fotografie che non sono prettamente
immagini di documentazione archeologica, ma ci restituiscono piuttosto alcuni momenti di
quotidianità sugli Scavi13.
Ancora a Vaglieri, insieme a Corrado Ricci, Direttore Generale per le Antichità e Belle
Arti, si deve, nel 1911, la richiesta di realizzazione del Rilievo Topofotografico di Ostia dal
pallone, condotto dalla Sezione Fotografica del Battaglione Specialisti del Genio14.
L’impostazione che Vaglieri dà al Gabinetto Fotografico permane nei decenni successivi
e con i successivi Direttori degli Scavi15. Le fotografie ostiensi dal 1909 in avanti documentano
tutto lo stato di avanzamento dei lavori di scavo, i restauri in corso, le soluzioni tecniche adottate,
come la ferrovia Decauville, utilizzata per velocizzare le operazioni di sterro e di trasporto16.
Le fotografie degli anni ’20 e ’30 documentano scavi e restauri, come quelli importanti
degli Horrea Epagathiana condotti nel 192417, del Teatro18 condotti dapprima nel biennio 192627 e poi ripresi nel 1939; ma anche momenti eccezionali, come la visita ufficiale del Duce o gli
spettacoli tragici nel teatro allestiti da Duilio Cambellotti19. Negli anni ’20, inoltre, viene alla
luce la necropoli di Porto all’Isola Sacra: una serie di fotografie di quegli anni illustra gli
importanti ritrovamenti della necropoli e della vicina area di Portus20.
A partire dalla fine degli anni Trenta, contestualmente alla grande stagione di scavi in vista
dell’Esposizione Universale del 1942, le fotografie di documentazione dei lavori tornano a farsi
più intense: scavi in corso, restauri, ricostruzioni, rifacimenti del basolato delle strade antiche21,
ritrovamenti importanti. Durante questa stagione, infatti, raddoppia la superficie di città antica
12) OLIVANTI 2014 p. 41; ANGELONI et al. 2014; OLIVANTI 2002: nella comunicazione al Direttore Generale alle Antichità e Belle
Arti Corrado Ricci del 13 aprile 1909, Vaglieri promette una fotografia della statua «ritratto di donna (imperatrice?) in veste di
Cerere» non appena sarà pronta: è una delle prime fotografie realizzate in proprio sugli Scavi di Ostia di cui si abbia notizia.
13) OLIVANTI 2002, p. 277.
14) SHEPHERD 2006; OLIVANTI 2014.
15) Alla morte di Vaglieri (10 dicembre del 1913), nel 1914 la direzione degli Scavi fu temporaneamente affidata ad Angelo
Pasqui, dal 1914 al 1924 a Roberto Paribeni, dal 1924 a Guido Calza, che fin dal 1912 era giunto a Ostia e che resterà alla
direzione degli Scavi fino al 1946.
16) La ferrovia Decauville, inventata nella seconda metà dell’Ottocento in Francia e presentata all’Esposizione Universale del
1889 di Parigi dal suo inventore, Paul Decauville, è una ferrovia a scartamento ridotto che ebbe fin da subito notevole impiego
nelle miniere e in campo agricolo. Notevole sviluppo ebbe durante la I Guerra Mondiale e fu installata, nei primi decenni del
Novecento, nell’Agro Pontino, nei territori della Bonifica. In campo archeologico, il suo utilizzo consentiva di portar via notevoli
quantità di terra, velocizzando così le operazioni di scavo.
17) RINALDI 2016, pp. 57-59: la ricomposizione del piano superiore degli Horrea Epagathiana, a cura di Italo Gismondi, basata
sui crolli, stupisce per l’attenzione eccellente riservata alle caratteristiche costruttive ancora ravvisabili al momento dello scavo.
18) Si veda da ultimo TEMPESTA, MAINET 2020.
19) SHEPHERD 2005.
20) Su NSc Guido Calza dà comunicazione nel 1925 di una ricognizione a Portus nei terreni del Principe Torlonia; le poche
fotografie che pubblica saranno riprese anche nella successiva pubblicazione di Lugli e Filibeck del 1935 dedicata proprio a
Portus; nel 1928 sempre su NSc Calza pubblica un resoconto degli scavi della Necropoli di Isola Sacra: si veda CALZA 1925 e
CALZA 1928
21) MAINET 2020.
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
portata in luce rispetto all’epoca precedente22, ma all’intensità degli scavi non corrisponde
un’adeguata documentazione né grafica né scritta23: la fotografia risulta essere lo strumento più
adatto ed efficace a documentare in tempo reale i lavori in corso. Ed è proprio in questo periodo
di fervente operosità che si inserisce anche l’attività di Raissa Gourevich De Chirico.
IL FONDO FOTOGRAFICO CALZA ALL’INTERNO DELL’ARCHIVIO FOTOGRAFICO DI OSTIA ANTICA
L’attività di fotografa di Raissa Calza a Ostia è documentata nel fondo fotografico
conservato fisicamente in un armadio dell’Archivio Fotografico di Ostia antica (fig. 1). Esso
consiste in 3798 negativi in b/n con altrettanti positivi24. Ma un cospicuo numero di fotografie,
almeno altre tremila, è conservato nel Fondo Raissa Gourevich Calza presso l’Università di
Siena, cui Raissa Calza donò un fondo piuttosto consistente25.
1. OSTIA. IL FONDO CALZA
FOTOGRAFICO DI OSTIA ANTICA
NELL’ARCHIVIO
22) RINALDI 2016, p. 62: «200.000 mq di area rimessa in luce, 3 km di nuove strade, piazze, portici, impianti abitativi, centinaia
di taberne, grandi impianti di stoccaggio, edifici termali, templi, mitrei, sacelli, fulloniche, 300 mosaici, 500 iscrizioni, 200
sculture».
23) GERMONI 2020.
24) Il Fondo è stato per buona parte acquisito digitalmente e i negativi conservati nella Camera Climatica dell’Archivio
Fotografico. È intenzione dell’Archivio completare l’acquisizione in digitale, unitamente ad una schedatura dei fotogrammi, in
vista dell’avvio di un database dell’Archivio.
25) Il Fondo Raissa Gourevich Calza conservato presso l’Università di Siena comprende una biblioteca di 1275 libri, 40
raccoglitori di estratti e un archivio privato che accoglie materiale eterogeneo raccolto dal 1920 al 1979 tra cui 800 fotografie
di lavoro degli anni ostiensi relative a campagne di scavo, materiale archeologico e statue, più altre fotografie a corredo di
appunti e di schede e fotografie personali. Tutto il Fondo Raissa Gourevich Calza è consultabile qui:
http://www.sba.unisi.it/baums/fondi-archivistici/archivio-raissa-calza (ultimo accesso, 27 settembre 2021).
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Il Fondo Calza dell’Archivio Fotografico di Ostia antica non esaurisce dunque tutta la
produzione fotografica di Raissa Calza a Ostia. Tuttavia, costituisce un nucleo di fotografie
importante sia in relazione al lavoro di schedatura dei materiali archeologici che la Calza
svolgeva in concomitanza con l’esecuzione delle fotografie, sia per ricostruire alcuni momenti
importanti nella storia degli scavi di Ostia, quali la documentazione del rinvenimento di alcune
opere di particolare pregio, le visite ufficiali, certi eventi particolari o ancora le misure di
protezione antiaerea messe in atto nel giugno del 1940.
Nell’armadio del Fondo Calza i fotogrammi sono sistemati secondo l’ordinamento dato
da Raissa stessa: ogni fotografia è sistemata singolarmente in una bustina di pergamino e siglata
con il soggetto, la data dello scatto e la serie. Ogni serie è sistemata all’interno di piccoli
contenitori di legno aperti per consentire un rapido scorrimento e consultazione dei fotogrammi.
Le serie sono distinte per classi di materiali e soggetti: ritratti, statue, teste ideali, sarcofagi,
rilievi, architettura, mosaico, pittura, topografia26. Ad ogni serie corrisponde una sigla, attribuita
dalla stessa Raissa Calza e che vale come seriazione tutt’ora valida e in corso: con Sc. St. si
indica la serie appartenente alla “Scatola Statue”, con Sc. Rit. i fotogrammi inseriti nella “Scatola
Ritratti”, con Sc. Sar. quelli sistemati nella “Scatola Sarcofagi”. In questa seriazione ogni opera
fotografata viene numerata con numero progressivo oppure, in caso di più fotografie scattate ad
una singola opera, numero progressivo e lettera dell’alfabeto progressiva.
Questa seriazione riguarda soltanto le fotografie, mentre sulle schedine inventariali dei
reperti mobili redatte in quegli stessi anni di attività, Raissa Calza segna la corrispondenza con
il fotogramma da lei scattato; sulle schedine, tra l’altro, lei appone il positivo della fotografia,
oppure il ritaglio del positivo corrispondente al reperto (fig. 2).
2. OSTIA. UNA SCHEDINA INVENTARIALE SULLA QUALE È SEGNATO IL NUMERO DI NEGATIVO
CHE RIVELA L’APPARTENENZA AL FONDO CALZA
26) Le scatole sono così suddivise: Ritratti I.1, I.2; Statue II.1, II.2, II.3; Teste ideali III.1, III.2; Sarcofagi IV.1, IV.2, IV.3, IV.4,
IV.5; IV.6; Rilievi Architettura V.1, V.2; Mosaico VII.1; Pittura VIII.1; Arti Minori IX.1; a queste scatole si aggiungono
Topografia I e II; vi sono poi due scatole Vaticano-Laterano, una scatola Aldobrandini, Uff. Combattenti, Museo Naz. Romano
e due scatole prive di indicazione.
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
Non sempre i pergamini che contengono le fotografie riportano la data di esecuzione della
foto. In ogni caso le serie non seguono un ordine cronologico, né il numero di inventario
dell’opera fotografata, quando attribuito. L’ordine dunque non va inteso in senso cronologico e,
all’interno della stessa seriazione relativa ad una singola opera, i singoli fotogrammi non sono
necessariamente sistemati secondo l’ordine temporale delle riprese fotografiche: piuttosto, nel
caso di statue e ritratti il primo fotogramma della seriazione solitamente è la vista frontale in
primo piano, cui seguono le viste laterali, e a seguire altre immagini, relative ad esempio al
momento del rinvenimento. È questo il caso, ad esempio, delle foto che ritraggono la statuaritratto togata inv. 5527: registrato da Raissa Calza nella seriazione Sc. Rit. 144, indica con Sc.
Rit. 144 il ritratto frontale eseguito su fondo nero e luce naturale radente; con Sc. Rit. 144a il
ritratto, profilo destro, eseguito su fondo nero e luce naturale radente; con Sc. Rit. 144b la
fotografia che ritrae l’opera appena messa in piedi poco dopo essere stata rinvenuta nella palestra
delle terme del Foro (fig. 3).
Lo stesso avviene per le fotografie scattate alla statua-ritratto di Iulia Domna in veste di
Cerere: nella seriazione redatta da Raissa Calza abbiamo dapprima il ritratto frontale su fondo
nero (Sc. Rit. 107a) poi il profilo destro (Sc. Rit. 107b) e a seguire le fotografie prese al momento
del rinvenimento (Sc. Rit. 107c; Sc. Rit. 107h) (fig. 4).
3. OSTIA. RITRATTO DI TOGATO N. INV. 55 NELLA SERIAZIONE DELLE FOTOGRAFIE DEL FONDO CALZA. DA
SIN.: SC. RIT. 144, SC. RIT. 144A, 144B E 144D
4. OSTIA. STATUA DI GIULIA DOMNA IN VESTE DI CERERE NELLA SERIAZIONE DELLE FOTOGRAFIE DEL
FONDO CALZA. DA SIN: SC. RIT. 107A, 107B, 107C E 107H
27) Si usa la nomenclatura assegnata in ROMEO 2019, cat. n. 28: questa statua ritratto era stata interpretata da Raissa Calza come
ritratto di Quintus Aurelius Syimmacus, mentre Becatti vi identificò Ragonius Vincentius Celsus, ibidem p. 115 e ss.
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Un aspetto interessante delle fotografie scattate da Raissa Calza è legato alla costruzione
dei set.
Non esiste infatti uno studio fotografico vero e proprio, ma di volta in volta Raissa Calza
allestisce il set all’aperto, magari nei pressi del luogo del rinvenimento dell’opera, o nello spazio
antistante il museo, oppure al chiuso, nei magazzini ostiensi. Gli attrezzi che compongono il set
si desumono dalle fotografie stesse scattate da Raissa Calza. Nel Fondo Calza infatti sono
ordinate anche le foto per così dire “sbagliate”, ovvero in cui il soggetto non è perfettamente
centrato, oppure in cui lo sfondo non è sistemato a dovere. Siccome queste sono immagini
principalmente da lavoro, non deve preoccupare l’errore: l’importante è che venga a fuoco il
reperto, perché il positivo sviluppato e opportunamente ritagliato possa essere applicato alla
scheda inventariale di riferimento.
I positivi delle fotografie scattate da Raissa in particolare nei primi anni, ovvero quando
documentava le sculture venute in luce durante gli scavi per l’Esposizione Universale del 1942,
sono confluiti anche negli album cosiddetti storici: sono compilati con positivi di fotografie di
Raissa Calza sicuramente i due album intitolati per l’appunto E 42: sotto ogni immagine è
riportata la data di esecuzione della fotografia, il luogo di rinvenimento e il numero di
seriazione28 (fig. 5).
Apprendiamo, osservando le fotografie di Raissa Calza, che lei allestisce i set di volta in
volta su un tavolino in legno con cassetto (è il caso ad esempio di Sc. Rit. 12 e 12a, ritratto
virile colossale rinvenuto nelle Terme del Foro nel 1958, inv. n. 439)29, su un tavolino metallico
5. OSTIA. UNA PAGINA DELL’ALBUM STORICO E 42
28) Gli album cosiddetti storici sono custoditi nell’Archivio Fotografico e oggetto di un lavoro di restauro a lungo termine teso
a restituire la consistenza di ciascuno degli album senza perdere nessun dato e nessuna annotazione. I due album relativi a E 42
sono stati restaurati nel corso dell’autunno 2019.
29) Si usa la nomenclatura assegnata da ROMEO 2019, cat. n. 22: sull’attribuzione di questo ritratto a Ragonius Vincentius Celsus,
prefetto dell’Annona tra il 385 e il 389 d.C. e patrono di Ostia, ibidem pp. 100-103.
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
(Sc. Rit. 3), su una mensola trasportabile riattata allo scopo30, su una panca curvilinea, oppure
anche su elementi architettonici in marmo che fungono da appoggio per le sculture più piccole
(come nel caso della piccola testa di fanciullo Sc. Rit. 531 oppure della testa di Iulia Procula32
poggiata sopra un’iscrizione in Sc. Rit. 125a). In presenza di oggetti di piccole dimensioni,
com’è il caso della parrucca33 soggetto della fotografia Sc. Rit. 288 e 288a, il piano d’appoggio
può anche essere un semplice sgabellino di legno (fig. 6).
In alcuni rari casi le sculture sono fotografate anche in ufficio, come avviene nel caso della
testa di fanciulla raffigurata in Sc. Rit. 10834.
Alle volte una stessa opera viene ritratta in occasioni diverse: ce ne accorgiamo proprio
dal supporto utilizzato e dallo sfondo alle fotografie: è il caso, per esempio, della testa ritratto
di Adriano dal Canale di Castel Fusano n. inv. 195335: nei fotogrammi Sc. Rit. 253, Sc. Rit.
253b, d, f, e, g la testa è posta su un mobiletto in legno provvisto di pannello verticale che fa da
sfondo; in Sc. Rit. 253a e Sc. Rit. 253c è poggiata su una tavola di legno con un chiodo infisso
(come emerge in Sc. Rit. 253c) (fig. 7).
Dai negativi “sbagliati” apprendiamo molte cose sul modo di comporre la scena di Raissa
Calza. Innanzitutto, come già osservato da Scaramella36, lei realizza molte delle fotografie con
un apparecchio fotografico Rolleiflex – ancora in dotazione dell’Archivio Fotografico di Ostia
antica37 – in formato 6x6. Se da un lato la Rolleiflex era estremamente pratica e maneggevole,
e dunque ben si prestava ad essere utilizzata sullo scavo, per documentare ad esempio i
rinvenimenti in corso d’opera, dall’altra parte poneva notevoli limitazioni nella messa a fuoco
dei soggetti vicini: i soggetti dovevano essere posti infatti almeno alla distanza di un metro. In
questo modo gli oggetti di piccole dimensioni, come le teste e i frammenti di rilievo che
costituiscono la maggior parte della produzione fotografica di Raissa Calza, occupavano solo
una piccola parte del fotogramma e avrebbero costretto, in fase di sviluppo della fotografia, a
forti ingrandimenti. Raissa metteva in campo qualche accorgimento per aggirare la difficoltà
intrinseca: innanzitutto inseriva almeno due soggetti in una stessa fotografia. In questo modo
non solo riempiva il campo fotografico, ma risparmiava pellicola ritraendo con un solo scatto
due oggetti. Dopodiché, in fase di sviluppo e attribuzione del fotogramma alla schedina
inventariale di riferimento, Raissa Calza ritagliava con le forbicine da unghie38 e applicava il
ritaglio di positivo alla schedina.
30) Ciò è ben evidente nel negativo Sc. Rit. 30b in cui si vede un collaboratore di Raissa Calza che regge in mano questo
oggetto. Probabilmente alla mensola fu applicato un pannello di legno che potesse fare da sfondo neutro per le sculture proprio
dagli operai degli Scavi.
31) Testa di fanciullo di periodo giulio-claudio, CALZA 1964, tav. XXX n. 50.
32) OSTIA V 1964, I, tav. LIX, n. 100. La statua di Iulia Procula fu rinvenuta nel 1939 nella Necropoli dell’Isola Sacra, tomba
107.
33) Parrucca flavia, CALZA 1964, tav. CVI, n. 192.
34) Testa di fanciulla di periodo claudio-neroniano, CALZA 1964, tav. XXXIV n. 58.
35) La testa, secondo ROMEO 2019, p. 39, sarebbe stata ritoccata in età gallienica nell’incisione delle pupille e dei capelli.
36) SHEPHERD, SCARAMELLA 2009.
37) V. infra Appendice di O. Menghi al presente contributo.
38) Questo dettaglio, che suggerisce Scaramella in SHEPHERD, SCARAMELLA 2009 in effetti è facilmente riscontrabile osservando
i margini dei positivi ritagliati.
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BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE XII, 2021/3
6. OSTIA. DIFFERENTI SUPPORTI USATI DA RAISSA CALZA. DA SIN.: SC. RIT. 12,
SC. RIT. 3, SC. RIT. 5 E SC. RIT. 288
7. OSTIA. DIFFERENTI SUPPORTI PER LA TESTA RITRATTO DI ADRIANO DA CASTELFUSANO. DA SIN.: SC. RIT.
253, SC. RIT. 253A E 253C
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
Quando scattava in interno non usava luce artificiale, ma sfruttava le fonti di luce a sua
disposizione. Alcuni degli scatti rivelano però che utilizzava, con l’aiuto di un collaboratore,
anche un pannello riflettente. Così rivelano gli scatti Sc. Rit. 297 e Sc. Rit. 299. In Sc. Rit. 299
addirittura si intravvedono le dita del collaboratore di Raissa che tiene in mano il pannello,
mentre la testa soggetto della fotografia è posta su una serie di rialzi e supporti per far sì che
essa sia collocata alla giusta distanza dall’obiettivo. Sullo sfondo, nella penombra, si
intravvedono le teche del Deposito ostiense, occasionalmente divenuto set fotografico (fig. 8).
Da questa pur breve disamina potrebbe darsi l’impressione di una persona con poca
dimestichezza con gli apparecchi fotografici e con la fotografia in generale. Come già detto,
però, per ciò che si è visto fin qui si tratta di fotografie di lavoro realizzate con lo scopo di
produrre una documentazione fotografica da applicare alle schede inventariali.
In molte occasioni invece Raissa Calza dimostra non solo di avere una certa sensibilità
fotografica, ma anche di conoscere bene il dosaggio della luce e realizza perciò dei ritratti
davvero notevoli di alcune statue o teste, con inquadrature che potrebbero anche essere definite
artistiche.
Per la fotografia che scatta all’Antinoo in veste di Vertumno del Museo Lateranense39, per
esempio, Raissa Calza utilizza un inedito punto di vista: dal basso verso l’alto, nella direzione
8. OSTIA. SC. RIT. 299
39) CALZA 1964, p. 82, n. 130: la statua fu rinvenuta nel 1798 presso Tor Boacciana, appartiene perciò al nucleo di disiecta
membra ostiensi rinvenuti nel corso degli scavi di fine Settecento condotti a Ostia da Robert Fagan.
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dello sguardo, il giovane amato dall’Imperatore Adriano col braccio sinistro proteso in avanti e
col torso nudo illuminato da un fascio di luce sembra volersi rivolgere proprio alla fotografa, come
se ne richiamasse l’attenzione (Sc. Rit. 294). Al contrario, l’osservazione della statua nella sua
interezza e in visione frontale, così com’era stata concepita, rivela una figura statica, con il giovane
Antinoo che regge nel manto frutti autunnali, secondo l’iconografia di Vertumno40 (fig. 9).
Anche per il fotogramma della statua-ritratto togata di età tardoantica già ricordata Sc.
Rit.144, l’uso sapiente della luce sul volto e il primo piano molto ravvicinato fanno sì da dare
una certa intensità al volto di questo personaggio i cui tratti sono spiccatamente realistici: occhi
strabici, naso aquilino, fronte aggrottata; la fotografia conferisce una certa personalità al volto,
nel quale infatti Raissa Calza aveva identificato il ritratto del prefetto dell’Annona Quintus
Aurelius Symmacus41. La stessa Raissa annota, descrivendo il ritratto, «l’intensità dello sguardo
e la malinconia diffusa sul volto»42: dati che emergono molto bene nella fotografia in primo
piano che lei scatta alla statua.
9. ANTINOO IN VESTE DI VERTUMNO, DEL MUSEO
LATERANENSE, FOTOGRAFATO DA RAISSA CALZA. SC. RIT.
294
40) Così come in CALZA 1964, tav. LXXVII, n. 130.
41) DE CHIRICO 1941a: sulle vicende legate all’interpretazione della statua si è già detto supra, nt. 26.
42) DE CHIRICO 1941a, p. 121.
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
Alcune fotografie scattate da Raissa Calza sul campo, per documentare rinvenimenti o
momenti particolarmente significativi della vita degli Scavi, rivelano un certo gusto per la
fotografia di reportage. La ricollocazione del calco della statua del Mitra Tauroctono all’interno
del Mitreo delle Terme del Mitra (il cui rinvenimento e recupero era avvenuto nei giorni 17-23
novembre 1938)43 viene suggellata da una bella fotografia (Sc. St. 177.III) che Raissa Calza
scatta all’interno del mitreo, dove la luce naturale proviene da un lucernario sul soffitto che già
in antico costituiva la fonte di luce con un effetto di grande suggestione. La luce naturale colpisce
così il Mitra e la testa sollevata del toro, ma anche gli operai, in secondo piano rispetto alla
statua, sono investiti dalla luce, si stagliano dallo sfondo e contribuiscono a dare un certo tono
epico alla fotografia (fig. 10).
Un’altra fotografia interessante è quella che documenta il recupero e il trasporto della
statua di Traiano44, rinvenuta nella Schola di Traiano il 5 maggio del 1938, immortalata mentre
è su un carretto, scortata dagli operai (fig. 11).
Infine, vale la pena di sottolineare che alcuni degli scatti realizzati da Raissa, in particolare
i primi piani, sono facilmente riconoscibili in alcune delle sue pubblicazioni: ad esempio Sc.
Rit. 131c (Sabina in veste di Venere Genitrice – ritratto ravvicinato del volto) è pubblicata a
corredo del testo nella pubblicazione di Notizie dagli Scavi di Antichità del 1941 dedicata alle
sculture provenienti dalla Sede degli Augustali45; nello stesso articolo, in un altro ritratto
ravvicinato si riconosce facilmente il fotogramma Sc. Rit. 133c relativo a quella che lì per lì
Raissa Calza interpreta come «statua-ritratto della Pudicizia» e che in seguito interpreterà come
Fausta46.
Nell’articolo che dedica alla “Nuova statua-ritratto del Basso impero trovata ad Ostia”47,
sempre del 1941, la didascalia alla fig. 2 riporta esplicitamente la sigla tra parentesi “neg. De
Chirico”: il negativo in questione è facilmente riconoscibile in Sc. Rit. 144a: raffigura il profilo
destro del volto del togato in primo piano.
Merita accennare anche solo brevemente alle due scatole contenenti fotogrammi di
“topografia” non ancora acquisiti digitalmente. Sono scatti realizzati tra il 1935-36 e il 1941,
stando alle date riportate a corredo di ogni singola bustina di pergamino. Le fotografie ritraggono
situazioni varie: scavi in corso, vedute di monumenti, eventi particolari come ad esempio il
fotogramma che ritrae “Ostia sotto la neve” scattata il 27 dicembre del 1940 (fig. 12): il panorama
bianco, inconsueto per il clima di Roma, dovette colpire molto Raissa, che per fotografarlo salì
sulla terrazza degli Horrea Epagathiana. La maggior parte delle fotografie, però, documenta la
sistemazione degli edifici dopo gli scavi e i restauri. È il caso, per esempio, della pur breve serie
di fotografie che ritrae la Domus della Fortuna Annonaria nel dicembre del 193948 oppure quelle
relative al teatro dopo il restauro, scattate tra il 1939 e il 194049. Una lunga serie, sempre degli
stessi anni, è dedicata al Caseggiato del Serapide e al Caseggiato degli Aurighi.
43) Le fotografie del recupero, conservate presso l’Archivio Fotografico di Ostia antica, mostrano che il Mitra, rinvenuto privo
di braccio destro, fu trasportato attraverso gli scavi sopra una sorta di slitta lungo i binari della ferrovia Decauville (PAOant,
AF, B 431).
44) CALZA 1964, n. 86, pp. 57-58.
45) DE CHIRICO 1941b, fig. 9.
46) DE CHIRICO 1941b, fig. 12. Sull’interpretazione v. infra, nt. 54.
47) DE CHIRICO 1941a, fig. 2.
48) Per esempio, fotogrammi siglati T.183 e T.184. Vale la pena sottolineare come queste immagini siano variamente descritte
come “Casa della Statua” e “Casa della Statua dell’Annona”.
49) Per esempio, il fotogramma siglato T.22 descritto “Teatro con Decumano (Restauro 1939-40)”.
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BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE XII, 2021/3
10. OSTIA. MITRA TAUROCTONO NEL MITREO DELLE TERME DEL
MITRA. SC. ST. 177.III
11. OSTIA. IL TRASPORTO DELLA STATUA DI TRAIANO, RINVENUTA
NELLA SCHOLA DI TRAIANO IL 5 MAGGIO DEL 1938
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12. OSTIA SOTTO LA NEVE, 27 DICEMBRE 1940
LA SERIE DI FOTOGRAFIE RELATIVA ALLE MISURE DI PROTEZIONE ANTIAEREA
Già nel 1934 veniva approvato il Regolamento per la Protezione antiaerea del territorio
nazionale e della popolazione civile, firmato da Mussolini, che prevedeva all’art. 2 la protezione
del patrimonio artistico e scientifico nazionale «e di tutto ciò che in genere sia possibile sottrarre
agli effetti delle azioni degli aerei nemici»50; nel 1938 furono ulteriormente promulgate dal
Ministero della Guerra le Istruzioni sulla protezione antiaerea che, al fascicolo X, erano dedicate
espressamente alla Protezione del Patrimonio artistico e culturale.
Quando la Guerra giunge in Italia, è ormai necessario mettere in sicurezza monumenti e
opere d’arte. Anche a Ostia si mettono al riparo monumenti e opere. Raissa De Chirico
documenta le varie fasi di messa in sicurezza delle sculture nel Museo Ostiense e nei locali del
Piccolo Mercato, attraverso alcune fotografie particolarmente significative. I fotogrammi di
questa serie sono sistemati anch’essi ognuno nella propria bustina di pergamino, tuttavia, così
come per un altro nucleo di fotografie che si riferisce a visite di personaggi, a spettacoli nel
teatro di Ostia, alla Festa dei Metallurghi che si tenne negli Horrea Epagathiana nel 1938, questi
non sono ordinati come le serie che si riferiscono a reperti mobili e non hanno classificazione51.
Stando alla data scritta in rosso su ogni singola bustina di pergamino, le operazioni di
messa a riparo per la protezione antiaerea delle opere ostiensi avvenne tra il 6 e il 10 giugno del
1940. Ogni bustina riporta come didascalia la scritta in rosso “Protezione aerea d. museo” e la
data 6-10 VI 1940.
Le operazioni di messa in sicurezza e riparo delle opere vengono documentate ovunque
in Italia: così come richiesto dalle direttive in materia diramate fin dal 1938, infatti, le
50) Sul tema si veda la sintesi proposta da DRAGONI 2013.
51) Queste fotografie si trovano in una scatola a parte senza classificazione. L’unica classificazione, al momento è data dalla
didascalia che Raissa stessa pone su ogni pergamino, completa di data e di soggetto.
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BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE XII, 2021/3
Soprintendenze dovevano fornire elenchi delle opere, ma anche documentare fotograficamente
l’avvenuta operazione di messa in sicurezza. Appartengono a questa fase della storia più recente
d’Italia fotografie che davvero hanno segnato un’epoca: basti pensare alle immagini che
ritraggono a Roma l’Arco di Costantino, a Firenze la fontana del Nettuno in piazza della
Signoria, entrambe coperte da impalcature e da sacchi di sabbia, per rendersi conto di quanto le
istituzioni presero sul serio la protezione delle opere d’arte. Anche all’interno dei musei, laddove
si optò per non nascondere altrove le opere d’arte, si adottarono questi sistemi di copertura e
protezione. La documentazione fotografica fu un mezzo fondamentale di documentazione, e
allo stesso tempo di propaganda52 delle operazioni dell’Italia nei confronti della difesa del proprio
patrimonio culturale.
Nei pochi scatti di questa serie dedicata alle misure di protezione antiaerea Raissa
Gourevich coglie gli aspetti più drammatici delle operazioni: le opere, man mano che spariscono
dietro i sacchi di sabbia, sembrano piuttosto volersi liberare. Così appare ad esempio il Mitra
tauroctono del Mitreo delle Terme del Mitra, coperto a metà dai sacchi, ma con il braccio teso
in avanti quasi a voler chiedere aiuto; più che fotografie di documentazione per finalità di ufficio,
in esse emerge un certo pathos, dovuto alla situazione in sé, ma anche alle condizioni di luce: i
fasci di luce che colpiscono le opere, soprattutto quelle riparate contro il muro in opera reticolata
del Piccolo Mercato, come ad esempio la Giulia Domna e il Massenzio, creano una forte
drammaticità dovuta al forte chiaroscuro. La fotografia che ritrae insieme, una accanto all’altra,
le statue di Sabina come Venere Genitrice53, la c.d. Fausta54 e Cartilio Poplicola, già in parte
nascoste dai sacchi, fu pubblicata nel 1942 a corredo del volume La protezione del patrimonio
artistico nazionale dalle offese della guerra aerea55: fotografia evidentemente considerata degna
di rappresentare l’impegno ostiense nella difesa delle opere d’arte antica. Osservando per bene
la successione dei fotogrammi, si può cogliere la disposizione delle opere al Piccolo Mercato:
Iulia Procula, Sabina in veste di Venere Genitrice, Fausta, Cartilio Poplicola, Giulia Domna
come Cerere, Massenzio, Mitra Tauroctono e Ino-Leucotea. Le statue stesse vengono fotografate
in due momenti differenti: quando sono coperte per metà, e quando ormai sporge poco più che
la testa. Né queste furono le sole statue riparate nei locali del Piccolo Mercato, come mostrano
altre fotografie della stessa serie (fig. 13).
Analoga sorte subiscono le opere rimaste nel Casone del Sale, sede del museo: si tratta
per la maggior parte dei sarcofagi, che vengono riempiti di terra sciolta e avvolti nei sacchi di
sabbia impiegati per ammortizzare l’eventuale deflagrazione di un ordigno.
Unica opera per la quale sembra previsto un reportage vero e proprio è il Perseo, al quale
è dedicata una sequenza di immagini, dalla predisposizione degli apprestamenti per rimuoverla
dalla sua collocazione su base e nicchia nel Museo Ostiense al posizionamento contro sacchi di
sabbia posti contro la parete, e il progressivo nascondimento dietro sacchi di sabbia che lo
avvolgono fino alla testa, attorno alla quale si adoperano due operai per sistemare in sicurezza
le protezioni (fig. 14).
52) V. infra, nt. 55.
53) DE CHIRICO 1941b, pp. 230-233; CALZA 1964, I, n. 124, pp. 77-78, tav. LXXII. La scheda n. 124 riporta erroneamente come
data di rinvenimento il giugno del 1941: cosa che non potrebbe essere, visto che è stata fotografata sicuramente in questa
circostanza nel giugno del 1940. E infatti la statua venne in luce nel giugno del 1939, secondo quanto riportano i registri
inventariali, presso la Sede degli Augustali.
54) Inizialmente interpretata in DE CHIRICO 1941b pp. 234-237 come sacerdotessa, pur dubitativamente, raffigurata nella posa
della “Pudicizia”, e successivamente, in CALZA 1950, interpretata come Fausta, in realtà sembra un’opera da ascriversi tra l’età
adrianea e l’età antonina: si veda da ultimo ROMEO 2019, p. 40.
55) Il volume fu pubblicato a cura della Direzione Generale delle Arti.
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M. LO BLUNDO, Il Fondo Calza a Ostia antica
13. OSTIA. MISURE DI PROTEZIONE ANTIAEREA, 6-10 GIUGNO 1940
14. OSTIA. MISURE DI PROTEZIONE ANTIAEREA, LA SEQUENZA RELATIVA AL PERSEO
Il Fondo Calza è un archivio nell’archivio: un archivio di immagini, ma anche di storia e
di storie: il suo studio è fondamentale per una conoscenza sempre maggiore della storia degli
Scavi di Ostia.
*Ministero della Cultura, Parco archeologico di Ostia antica
marina.loblundo@beniculturali.it
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BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE XII, 2021/3
Abbreviazioni
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pp. 1-8.
CALZA 1925: G. CALZA, “Ricognizioni topografiche nel Porto di Traiano”, in NSc, s. VI, 1, pp. 54-80.
CALZA 1928: G. CALZA, “Rinvenimenti nell’Isola Sacra”, in Nsc, s. VI, 4, pp. 133-175.
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Ministeriums für Kultus und Unterricht, mit Unterstützung Seiner Majestät Corvette “Zrinyi” Commandant Lang,
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