Gigi D'Agostino dopo la malattia: "Sono uscito dal buio grazie alla musica" - la Repubblica

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Gigi D’Agostino: “Sono tornato dal buio, mi ha salvato la musica”

'Il Capitano'

'Il Capitano'

 
Il disc jokey, 56 anni, si è affermato nei locali di Torino negli anni Novanta. Quattro anni fa l’annuncio della malattia, poi la rinascita. Ora è pronto a tornare dietro la consolle con uno show a Milano il 21 giugno
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Sarà come tornare alla vita. Il prossimo 21 giugno, dopo una lunga assenza a causa di una grave malattia, il dj Gigi D’Agostino salirà di nuovo in consolle per un concerto alla Fiera di Rho a Milano. Un ritorno alla musica, il primo live dopo quattro anni di lontananza forzata dalle scene in cui riceverà l’abbraccio da parte del pubblico che lo segue da quasi trent’anni e che l’ha ritrovato come ospite all’ultimo Festival di Sanremo. E il 5 aprile è uscito il nuovo singolo, Shadows of the night.

Nel periodo d’oro delle discoteche italiane, negli anni Novanta, Il Capitano, come lo chiamano tutti, è stato uno dei re delle piste da ballo. Poi, dopo anni di sperimentazione e di serate al Woodstock, al Palace e all’Ultimo Impero di Torino, D’Agostino è entrato nel gotha dei dj più famosi al mondo. Grazie a successi come In my mind (più di 1 miliardo e 400 milioni di ascolti su Spotify) e L’amour toujours (430 milioni), ha imposto l’Italia nella mappa della musica elettronica internazionale.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Gigi D’Agostino]]

Ha risolto i problemi di salute?

«Non sono più certamente quello di prima. Del resto, se passi sotto un treno e ti salvi, i danni restano. Ora però ho questa meravigliosa seconda vita che non pensavo di poter avere e ne sono felice, rivedo spiragli di luce dove pensavo che ci fosse solo oscurità. E vivo qualsiasi cosa in modo molto più profondo».

Come sono stati questi quattro anni?

«C’è stato il dolce e l’amaro. Quando succedono certe cose tutto diventa buio e rimani da solo, in tanti si eclissano. Il mio problema principale era però il dolore, quindi queste cose le ho pensate soltanto quando ne sono uscito. Il colpo basso, davvero orribile, un vero sciacallaggio, l’ho subito da un festival austriaco di musica elettronica in cui avrei dovuto suonare nel luglio 2022: ero pronto ma hanno rifiutato la mia presenza annunciando al pubblico che stavo male. Mi hanno scartato, è stato un gesto di discriminazione, mi sono sentito difettoso. Da lì sono andato in tilt e mi sono chiuso sempre di più. Per fortuna è arrivata la proposta di Sanremo che mi ha illuminato, sono riuscito a ripartire».

La musica l’ha aiutata a guarire?

«Ne sono certo. C’è qualcosa di inspiegabile legato alle vibrazioni e alle frequenze. Credo che la mente riceva le forze che lei stessa genera: questo loop magico è l’infinito del bene. Io con la musica mi ci sono curato più e più volte».

Anna Falchi con il dj Gigi D'Agostino all'Aquafan di Riccione, 21 agosto 2011

Anna Falchi con il dj Gigi D'Agostino all'Aquafan di Riccione, 21 agosto 2011

 (ansa)

Perché si fa chiamare “Il Capitano”?

«A un certo punto ho cominciato ad addobbarmi sul palco come un navigante. All’inizio il cappello non era da capitano, direi più da marinaio, poi si è evoluto. Il nome non ha a che fare con il grado e la divisa, ma con l’idea del viaggio: mi piace portare a spasso il pubblico sulla mia nave ritmica».

C’è qualcosa di tipicamente italiano nel suo suono?

«Ogni brano ha le sue caratteristiche, non c’è sempre un carattere specifico. A volte, però, sì che c’è: se, come nel mio caso, hai vissuto da piccolo in Campania, a Salerno, sei stato sicuramente influenzato da ciò che hai ascoltato in certi luoghi. Probabilmente nelle melodie e nelle successioni armoniche sono stato influenzato sin da ragazzino».

Il successo è arrivato tardi, prima com’era Gigi D’Agostino?

«All’inizio degli anni Novanta mi sentivo malissimo. Ero isolato, incompreso, senza soldi. Non esistevano posti in cui potessi proporre il mio tipo di musica, le discoteche mi prendevano in prova e dopo poco mi licenziavano, per loro ero poco pop. A Torino mi sono dovuto ingegnare per organizzare piccoli eventi che, fortunatamente per me, sono poi diventati grandi».

Gigi D'Agostino sulla nave Costa Smeralda a Sanremo 2024

Gigi D'Agostino sulla nave Costa Smeralda a Sanremo 2024

 

Anche la discografia si è accorta di lei.

«I dj delle radio hanno cominciato a chiedere pezzi miei che esistevano solo su acetati per le mie serate. Così nel 1996 la serata Le voyage è diventata una compilation tra progressive, melodie mediterranee, techno, house ed è arrivato il primo contratto discografico».

Intorno alla sua musica c’è sempre stato un certo snobismo, la definivano commerciale, quasi uno stigma…

«È l’ipocrisia che si ripete in tutte le forme d’arte: la musica che si vende è per questo più brutta, di basso livello o di scarsa qualità? Per me esiste solo musica che ti emoziona e musica che invece ti annoia».

“L’amour toujours” e “Bla Bla Bla” hanno avuto successo mondiale.

«Mi meraviglia ogni giorno, è qualcosa di misterioso. Il successo si sogna, chi non lo desidera? Ma un conto è avere il desiderio di far urlare forte ciò che hai dentro e altra cosa è inseguire a tutti i costi il successo: il primo modo ti fa arrivare nelle case della gente, il secondo non lo so».

Oggi i dj sono diventati delle rockstar, un mondo dorato.

«È un mondo dorato ma spesso anche sopravvalutato. Io ho cominciato quando il dj era un lavoratore della discoteca al pari degli altri, al pari del barista. A un certo punto è arrivato internet, un fattore per dare più colore e risonanza ai dj: con il montaggio dei video si mettono in risalto le qualità e si nascondono i difetti».

A Berlino la techno è diventata patrimonio Unesco dell’umanità.

«Non solo è giusto ma dovrebbero diventare patrimonio dell’umanità anche la house e la disco music. Se disegnati e organizzati in modo efficace, certi suoni e certi ritmi donano elasticità alla mente, offrono opportunità e percorsi che emozionano e fanno crescere. È qualcosa di più grande di ciò che normalmente si pensa».

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