Fantascienza: raccontare il post-apocalittico - Accademia di scrittura

 

La fantascienza post-apocalittica racconta di un mondo devastato da una catastrofe: un luogo senza regole, dove le persone devono lottare per la propria sopravvivenza.

È un genere duttile che consente grande libertà d’espressione e, allo stesso tempo, fornisce al lettore l’opportunità di riflettere sul futuro.

 

Fantascienza, come nasce il filone apocalittico?

Il filone post-apocalittico ha visto il suo sviluppo nel Novecento, un secolo in cui l’avanzamento tecnologico e industriale ha promesso all’umanità un’incredibile crescita.

Ma proprio in quel periodo si sono verificati eventi drammatici: conflitti mondiali, disastri ambientali e il perfezionamento di nuove armi per la distruzione di massa.

Letteratura e filosofia, quindi, hanno cominciato a sentire sempre più vicino il tramonto della cultura occidentale e del suo modello di società.

Ma è negli anni della Guerra Fredda che la sensazione di incertezza riguardo al futuro ha toccato il suo apice, portando le persone a riflettere su un eventuale olocausto nucleare e le inevitabili conseguenze sulla civiltà.

La letteratura post-apocalittica mette al centro delle proprie vicende una paura diffusa difficile da fronteggiare, una sensazione di angoscia che resta sempre in agguato, come un’ombra.

 

Gli elementi chiave

Quando si parla di post-apocalittico si pensa subito alle ambientazioni di fantascienza: deserti sconfinati, città demolite e predoni vestiti con giacche di cuoio borchiato. In effetti, la maggior parte delle volte, è proprio così.

Scavando un po’ più a fondo si vedranno emergere gli elementi da cui, un autore del genere, non può proprio prescindere.

 

Il collasso della società

Il mondo post-apocalittico è un luogo ostile dove vige la legge del più forte.

Poche persone hanno conservato fiducia nell’umanità: diffidenza ed egoismo sono i due sentimenti che prevalgono nei sopravvissuti.

L’archetipo del protagonista, quindi, è quello dell’anti-eroe, solitario viaggiatore costretto a vivere in un ambiente caotico e violento. Le forme di aggregazione, se presenti, sono piccole e isolate mentre l’economia si basa – la maggior parte delle volte – sul baratto.

 

La sopravvivenza

Non esistono lussi.

I superstiti lottano per un giaciglio sicuro, alla costante ricerca di cibo e acqua. In alcune storie non c’è un antagonista ma solo l’uomo che tenta di sopravvivere a una natura ormai impossibile da imbrigliare, che si mostra in tutta la sua potenza. Si vive nell’incertezza: anche una semplice ferita potrebbe infettarsi e condurre a un tragico epilogo.

 

La rinascita

Le storie più ottimistiche si focalizzano sulla ricostruzione della collettività. I sopravvissuti provano a conservare una memoria storica preservando le conoscenze del vecchio mondo e imparando dagli errori del passato. La speranza è una debole fiamma che viene difesa e tramandata ai posteri.

 

Gli scenari da fantascienza apocalittica

Le opere post-apocalittiche tendono a riflettere ansie e paure collettive tipiche degli anni in cui sono state concepite e prodotte.

 

Olocausto nucleare

Uno degli scenari più classici e rappresentativi del genere.

Una guerra nucleare ha annientato gran parte della popolazione trasformando la terra in un deserto radioattivo. Animali e persone hanno subito mutazioni terrificanti, il terreno è inacidito e le fonti d’acqua non contaminate sono controllate da violente bande di razziatori.

È frequente l’utilizzo di contatori Geiger, tute protettive o maschere anti-gas.

 

Catastrofi naturali/tecnologia fuori controllo

Può trattarsi dell’esaurimento delle risorse, terremoti, inondazioni o siccità.

La storia, in molti casi, rivolge una critica all’umanità che non ha saputo rispettare l’ecosistema in cui viveva. Le conseguenze, spesso preannunciate da scienziati e ambientalisti, sono inevitabili e disastrose.

La tecnologia fuori controllo è una variante dello stesso scenario. Molte opere trattano di macchine “ribelli” che, spinte da una logica ferrea, insorgono contro il proprio creatore.

 

La pandemia

Un agente infettivo estremamente contagioso ha sterminato gran parte della popolazione mondiale o l’ha trasformata in una creatura priva d’umanità.

Questo scenario si collega al filone dell’apocalisse zombie, una piaga che terrorizza il pubblico perché inesorabile. Il non morto non trova pace né riposo, bracca i sopravvissuti sfiancando il loro animo. La sua fame è insaziabile.

 

Creature ultraterrene

Alieni conquistatori, demoni usciti dalle viscere infernali o antiche creature che si sono risvegliate dal loro riposo. All’uomo non resta che nascondersi o trovare il modo di porre fine all’invasione.

 

Opere importanti

Fin dall’antichità, l’uomo ha immaginato la propria fine.

Un esempio, nell’arte, è il “Giudizio universale” di Michelangelo Buonarroti, realizzato tra il 1536 e il 1541 su commissione di Papa Clemente VII.

 

Nella letteratura, molti scrittori hanno interpretato il concetto di “scenario post-apocalittico”.

La strada” di Cormac McCarthy (2006) racconta il viaggio di un padre con suo figlio attraverso un’America desolata e irriconoscibile.

L’ombra dello scorpione” di Stephen King (1978) unisce il post-apocalittico a scenari fantasy/horror. Le vicende si svolgono durante una terribile pandemia.

Cronache del dopobomba” di Philip K. Dick (1965) tratta di un esperimento nucleare fallito. Un viaggio tra l’onirico e il sovrannaturale.

 

Ma è nella filmografia che si trova uno dei capisaldi del genere, fonte d’ispirazione per gli appassionati: la serie di Mad Max, diretta da George Miller.

Interceptor (1979), Interceptor – Il guerriero della strada (1981), Mad Max oltre la sfera del tuono (1985) e Mad Max: Fury Road (2015)

 

Il post-apocalittico ha un debito nei confronti di Miller, autore che ha promosso e diffuso a una grande fetta di pubblico una nuova, originale, visione di violenza e desolazione.

 

Punto di riferimento per il filone pandemico è “28 giorni dopo” di Danny Boyle (2002). Il film narra la storia di Jim, un corriere irlandese, che si risveglia dal coma per trovarsi in una Londra piagata da una mutazione del virus della rabbia.

 

Anche anime e manga hanno dato il loro contributo.

“Ken il Guerriero” di Buronson e Tetsuo Hara (1983), fumetto famoso per la sua violenza che si è diffuso in Italia grazie alla serie animata.

Le opere che hanno avvicinato il genere a un pubblico più giovane sono: “Conan il ragazzo del futuro” (1978) e “Nausicaä della Valle del vento” (1984), entrambi di Hayao Miyazaki.

 

Mondo Videoludico

Il mondo videoludico ha incontrato il post-apocalittico già negli anni ’90. Con la serie “Fallout” viene mostrato uno scenario radioattivo classico dove le scelte del giocatore influenzano fortemente la sua storia e l’ambiente attorno a sé.

Una recente novità è “Horizon Zero Dawn” particolare variante del genere che coinvolge robotica, preistoria e terraformazione.

“The Last of Us”, è un titolo molto cinematografico: una storia toccante che si articola in un mondo corrotto da un fungo parassita in grado di trasformare le persone in bestie rabbiose.

 

Il genere, inoltre, ha affondato le sue radici nei giochi da ruolo e da tavolo.

“Rust and Dust”, gioco di ruolo italiano dal vivo, permette ai partecipanti di vivere in uno scenario post-apocalittico. I giocatori indossano costumi di scena e fingono, per diversi giorni, di dover sopravvivere in un ambiente osteggiato da bande rivali.

“Nameless Land” (Simone Morini – Aces and Games) o, ancora, “L’ultima bomba” (Serpentarium), sono ottime risorse per chi vuole immergersi in un’esperienza estrema rimanendo comodo nel salotto della propria abitazione.

Menzione speciale a Roby Della Ricca, grande appassionato del genere, costumista e attore che ha portato in Italia uno degli eventi più importanti dedicati al post-apocalittico: “Mad Max 40th ANNIVERSARY” il primo evento ufficiale in Europa, approvato dalla comunità internazionale.

 

Prepararsi all’Apocalisse

La paura di trovarsi impreparati a un evento apocalittico ha visto nascere due principali movimenti dedicati alla gestione delle emergenze: survivalisti e prepper.

Spesso vengono fatti confluire nella stessa categoria ma esistono profonde differenze nell’approccio e nelle strategie adottate dai due gruppi – ma non è detto che alcuni punti possano coincidere.

 

Il survivalista vuole adattarsi al cambiamento.

Ha un approccio tipicamente più militaresco e vive mettendo alla prova corpo e mente in situazioni estreme. Studia tecniche di sopravvivenza nella natura, si interessa di caccia, pesca e di tecniche utili in caso di necessità: sa come cavarsela se privato di ogni agio. Può conoscere anche le manovre necessarie per emergenze mediche.

L’atteggiamento mentale del survivalista è quello di essere in grado di risolvere qualsiasi problema pratico.

 

Il prepper, invece, tende a conservarsi difendendo la propria qualità di vita in seguito a un’emergenza.

La maggior parte della sua attività si concentra nel “pre-evento” con lo scopo di subire meno privazioni possibili in ciò che sarà il “post-evento”. Il prepper fa scorte di cibo e acqua e prepara un luogo sicuro – solitamente bunker – dove barricarsi in caso d’emergenza.

Un prepper punta, principalmente alla prevenzione. La maggior parte opera in un contesto familiare per cui tutte le sue attività sono volte a prendersi cura di un gruppo ristretto di persone, ognuna delle quali ha un ruolo ben preciso.

 

Cosa cercano i lettori?

Il mondo dopo la catastrofe affascina perché può essere plasmato dai sopravvissuti senza i freni imposti dalla società.

Nel post-apocalittico è nascosto un significato più profondo, che supera di gran lunga la sola curiosità di immaginare come ci comporteremmo in situazioni estreme.

Un’umanità disgregata è in grado di risollevarsi? Può trovare una redenzione?

È a queste domande che l’autore deve trovare risposta.

Abbiamo bisogno di uno scopo più grande per soddisfare le esigenze dell’individuo; un fine che supera l’istinto di auto-conservazione.

 

Foto di Max Bedulenko – Titolo: Sandcamp.

 

 

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