POIROT AFFRONTA IL PARANORMALE E NE ESCE VINCITORE
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CINEMA
23 Febbraio 2024 - 18:41

POIROT AFFRONTA IL PARANORMALE E NE ESCE VINCITORE

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Assassinio a Venezia (Kenneth Branagh, USA, 2023)
POIROT AFFRONTA IL PARANORMALE E NE ESCE VINCITORE

Signora Oliver trovi un nuovo soggetto per il suo libro, Signora Drake mi spiace per la sua perdita, ma questo oracolo… è fasullo”.
Sono queste le parole con cui Hercule Poirot, il noto investigatore belga nato dalla penna di Agatha Christie, crede di avere smascherato la medium (interpretata da Michelle Yeoh) che sta guidando una seduta spiritica. In realtà è l’inizio di un’indagine in cui i confini fra realtà e occulto saranno sempre più labili.

Kenneth Branagh porta per la terza volta la sua personalissima versione di Poirot: dopo aver diretto “Assassinio sull’Orient Express” nel 2017 e “Assassinio sul Nilo” nel 2022, entrambi tratti dagli omonimi (e tra i più famosi) romanzi della Christie, questa volta trae ispirazione dal romanzo “Poirot e la strage degli innocenti”, sicuramente meno noto. Il regista britannico modifica sia la storia sia la location, ambientando la propria versione in una bigia e piovosa Venezia del 1947.
Fra i canali della città troviamo un Poirot in pensione: passa le sue giornate, isolato dal mondo, dedicandosi al proprio orto.
Se è chiaro fin da subito che Poirot sia stanco di affrontare quotidianamente omicidi e che si sia ritirato in una sorta di clausura, Branagh non spiega tuttavia come Hercule sia arrivato a prendere una decisione del genere: ripensando al finale del secondo capitolo, un inedito investigatore privo dei suoi iconici baffi pare avesse un coinvolgimento sentimentale con una donna conosciuta sull’arcinoto battello teatro dell’omicidio.                           
Compare sulla scena l’amica-scrittrice di libri gialli Ariadne Oliver (Tina Fey), altro personaggio ricorrente nella saga di racconti, la quale chiede l’aiuto di Poirot per smascherare una medium. Poirot, intrigato dalla proposta, accompagna la scrittrice nella casa di Rowena Drake, donna straziata dalla morte della figlia avvenuta in circostanze misteriose un anno prima. Da qui nasce il desiderio di parlare con lei attraverso la medium.                  

Anche in “Assassinio a Venezia” emerge con prepotenza la caratteristica principale della trilogia di Branagh: l’assoluto peso dato ai personaggi e alle loro storie rispetto all’indagine in sé.
Se in “Assassinio sull’Orient Express” aveva aiutato notevolmente nel coinvolgimento dello spettatore, mentre aveva reso “Assassinio sul Nilo” ai limiti dello stucchevole, in questo caso sortisce un effetto simile al primo capitolo. Ciò che infatti hanno in comune è una backstory estremamente dolorosa e drammatica, a differenza dell’indagine egiziana in cui il “semplice omicidio” dell’ereditiera di turno non giustifica un così forte accento sul pathos. I temi della maternità, dell’amore e del rimorso permeano l’intero film, caratterizzando ogni azione dei personaggi.

Kenneth Branagh continua a tratteggiare un Poirot che non brilla per la sua spocchiosa ironia e infinito ego. Appare invece consapevole della propria unicità, vissuta quasi come una maledizione, oppresso dall’onere che la sua brillante capacità investigativa gli ha imposto. In questa indagine, però, si trova di fronte ad un nemico del tutto nuovo, di cui negava persino dell’esistenza: il paranormale.
Il film si destreggia sul dualismo realtà-allucinazione, portando lo stesso Poirot a dubitare di sé stesso e delle proprie salde credenze, figlie della tragica e cruda vita che Branagh lentamente tratteggia in ogni capitolo. Il genere giallo si sporca di horror e ogni elemento del film tenta, tuttavia senza riuscire fino in fondo, di andare in questa direzione. Branagh opta per inquadrature sghembe che favoriscono un senso di perdita dell’orientamento. Il palazzo in cui è ambientata la vicenda viene descritto come il più classico dei castelli gotici, in cui alla vuotezza delle stanze e dei corridoi viene contrapposto un continuo sussurrare di bambini, mentre all’esterno la pioggia e il vento rafforzano l’idea di isolamento. Anche la colonna sonora molto lenta e lugubre, per lo più costituita da archi o strumenti a fiato, contribuisce alla sensazione orrorifica del film.

Va poi sottolineata la buona performance di tutto il cast. Michelle Yeoh porta in scena una credibilissima medium, facendoci quasi credere che abbia effettivamente una qualche capacità sovrannaturale, Kelly Reilly e Tina Fey riescono a interpretare due donne che nascondono molto più di ciò che mostrano, Jamie Dornan e Camille Cottin comunicano in modo convincente quanto il passato dei loro personaggi li abbia straziati interiormente, Jude Hill è un valido bambino cresciuto troppo in fretta perché che deve occuparsi del padre. Unica eccezione per Riccardo Scamarcio, la stereotipata guardia del corpo italiana di Poirot.

“Assassinio a Venezia”, pur non eccellendo sotto nessun aspetto, si rivela un film più che piacevole che svolge senza intoppi il proprio lavoro: intrattiene, presenta un caso interessante, non annoia e riesce a generare una discreta dose di tensione.
Il Poirot di Branagh probabilmente rimane un gradino sotto a quelli portati in scena da Peter Ustinov e David Suchet, ma è innegabile che le “celluline grigie” dello spettatore abbiano avuto pane per i loro denti.

Francesco Sosta

A Haunting in Venice

Regia: Kenneth Branagh
Produzione: 20th Century Fox Corporation
Distribuzione: Walt Disney Pictures
Data di uscita: 13/09/2023
Location: Venezia

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