Bembo e Dante: storia di un disamore. L’invenzione dell’italico, un manoscritto petrarchesco perduto, controversie filologiche e religiose, intrighi sentimentali e politici - Treccani - Treccani

Antonio Sorella

Bembo e Dante: storia di un disamore. L’invenzione dell’italico, un manoscritto petrarchesco perduto, controversie filologiche e religiose, intrighi sentimentali e politici

Firenze, Franco Cesati Editore, 2021

Nel corso degli ultimi anni si è riacceso l’interesse per la figura e le opere di Pietro Bembo. L’attenzione per il grammatico veneziano è giustificata dal ruolo di rilievo che assunse nella codificazione dell’italiano scritto tramite le Prose della volgar lingua (ma non solo), tanto da valergli il titolo di recente attribuitogli da Giuseppe Patota di “Quarta corona”. Nel 2018 Bertolo, Cursi e Pulsoni hanno rinvigorito ulteriormente gli studi sul grammatico, annunciando il ritrovamento di un prezioso postillato autografo delle Prose della volgar lingua, utilissimo per analizzare il processo correttorio e revisionale della grammatica più importante dell’italiano e soprattutto il modus operandi del suo autore.

È ormai un trentennio che in questo panorama di studi s’incontra anche il nome di Antonio Sorella, e il volume pubblicato nel 2021 dalla casa editrice Franco Cesati, raccoglie ed approfondisce i risultati di questi anni di studio. Interessante notare che nel settecentenario della morte di Dante venga pubblicato un libro quasi controcorrente con il clima dantesco che si respirava, infatti il titolo anteposto al libro è proprio Bembo e Dante: storia di un disamore.

Dal ‘500 ad oggi il nome di Bembo è stato assunto quasi come contrario di Dante e sinonimo di Petrarca, per cui si è abituati a pensare ad un Bembo promotore del petrarchismo e oppositore del dantismo. In realtà, “Pietro Bembo era il primogenito di una famiglia veneziana in cui il culto di Dante costituiva quasi un blasone nobiliare, trasmesso di padre in figlio” (p.9). Fu infatti Bernardo Bembo a occuparsi della restaurazione della tomba di Dante a Ravenna quando il figlio Pietro aveva solo 9 anni, dandogli così un esempio di devozione e rispetto per il poeta fiorentino. Il suo allontanamento o progressivo “disamore” nei confronti di Dante, fu il risultato e la conseguenza di numerosi anni di studio che lo portarono a mettere in discussione la regolarità e ripetibilità della sua scrittura, non il suo genio poetico: “Bisognerà anche considerare la possibilità che egli si disinnamorasse della Commedia e di Dante proprio perché, nel confronto tra Petrarca e Dante aveva capito una volta per tutte quale fosse il modello da seguire” (p. 156).

Tuttavia sarebbe riduttivo affermare che il volume di Sorella raccoglie riflessioni sulle vicende che portarono Bembo a prediligere altri come modelli di riferimento nella scrittura in volgare; il veneziano è l’input di cui Sorella si serve, per trattare argomenti di carattere filologico, linguistico, culturale e perfino cosmologico che coprono un arco spazio-temporale dalla toscana del ‘300 al veneto del ‘500, per cui appare puntale il sottotitolo del volume.

Il testo di Sorella si articola in 18 capitoli, alcuni dei quali sono approfondimenti di articoli già in parte editi. Dopo le pagine introduttive, alla fine del primo capitolo vi è un’utile tavola cronologica che orienta il lettore nella densità di informazioni del testo. I singoli capitoli sono stesi in modo tale da poter essere letti anche singolarmente ma nell’insieme danno un senso di completezza e forniscono un prezioso ausilio agli studiosi.

Molte sono le questioni affrontate, dalle controversie che videro contrapporsi Firenze a Ravenna per la restituzione delle ossa di Dante, all’impegno politico di Bembo al servizio del papa Leone X. La parte più cospicua è tuttavia quella riguardante il lavoro di Bembo come filologo volgare, in particolare il suo impegno nella stesura del testo per le edizioni aldine delle Cose volgari di Petrarca (1501) e della Commedia di Dante (1502). È molto significativo che Bembo avrebbe voluto dedicarsi prima al testo di Dante piuttosto che a quello di Petrarca come dimostrano i cancellanda dell’edizione analizzati nel capitolo 7: se così avesse fatto probabilmente ci avrebbe restituito un testo diverso da quello che si legge oggi nell’aldina. Merita sicuramente un approfondimento l’ipotesi di Sorella secondo cui Bembo abbia collaborato con Aldo Manuzio anche alle seconde edizioni delle opere (nel 1514-1515); tuttavia le modifiche più vistose riscontrabili soprattutto nelle Cose volgari non sono probabilmente attribuibili al grammatico, anzi come afferma lo stesso Sorella “Bembo trovava una situazione testuale che sconfessava la sua edizione del 1501” (p. 360). Le scelte più ardite come lo spostamento dell’inizio delle Rime in morte di Laura e l’introduzione di alcuni testi in appendice saranno da attribuire a qualcun altro: Sorella suggerisce il nome di Trifone Gabriele. Viene da chiedersi in questo caso perché Manuzio abbia accolto alcuni suggerimenti e modifiche al testo e abbia invece ignorato il parere di Bembo sulle altre questioni: l’inizio della seconda parte del Canzoniere con il sonetto 267 e il ripristino del capitolo iniziale del Trionfo della fama erano senza dubbio delle innovazioni rispetto a tutte le edizioni precedenti. Assolutamente condivisibile l’affermazione di Sorella secondo cui “risulta non più sostenibile l’idea consolidata secondo cui Bembo, dopo essersi scaltrito nell’analisi delle varianti del Vat. Lat 3195 rispetto agli altri manoscritti e stampe che ebbe a disposizione nel 1501, e dopo aver curato anche l’edizione de Le terze rime di Dante, non si sia più occupato attivamente di filologia volgare” (pag. 342).

Bembo e Dante affronta vari argomenti tanto da sembrare quasi una metafora dei vari e diversificati interessi di Bembo. Il merito di Sorella è proprio quello di dare al lettore un’idea chiara della personalità e della operosità di Bembo, soprattutto nel campo filologico, sottolineandone l’eccezionalità. Lo studioso ci restituisce l’immagine di un Bembo completamente immerso nelle vicissitudini proprie del Rinascimento, dove gli intrighi, le trame politiche e religiose si intrecciavano quotidianamente con lunghe disquisizioni sulla lingua, la letteratura e l’arte in generale.

Riferimenti bibliografici

P. Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani (1470-1570), Bologna, Il Mulino, 1991.

C. Dionisotti, Scritti sul Bembo, a cura di Claudio Vela, Torino, Einaudi, 2002.

F. M. Bertolo, M. Cursi, C. Pulsoni, Bembo ritrovato: il postillato autografo delle Prose, Roma, Viella, 2018.

G. Patota, La Quarta Corona, Pietro Bembo e la codificazione dell’italiano scritto, Bologna, il Mulino, 2017.

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