Peter Sollett - Metal Lords - Recensioni - SENTIREASCOLTARE

Recensioni

Diciamolo subito: Metal Lords è probabilmente la cosa migliore uscita su Netflix da parecchi mesi a questa parte (probabilmente dall’arrivo de Il potere del cane di Jane Campion e al pari di Apollo 10 e mezzo, l’ultima perla firmata Richard Linklater di cui parleremo presto).

Non che ci volesse molto del resto: gli standard qualitativi della piattaforma streaming sono praticamente colati a picco, affogati da una sequela interminabile di serie usa e getta (Inventing Anna, Frammenti di lei…) e film che definire trascurabili è addirittura un eufemismo (The Adam Project e persino un Judd Apatow sbiadito in Nella bolla).

Cinema e musica sono due mondi che vanno naturalmente a braccetto tra loro e Peter Sollett è uno di quei registi che nel suo piccolo ce lo ha spesso ricordato. C’era lui, ad esempio, dietro quel piccolo ma delizioso Nick & Norah – Tutto accadde in una notte, in cui il ruolo di una playlist si riappropriava della sua importanza facendosi metafora per qualunque storia d’amore (rielaborando forme e concetti del precedente Alta fedeltà); lo ritroviamo otto anni più tardi dietro la macchina da presa per un episodio di Vinyl, lettera d’amore di Martin Scorsese alla scena musicale newyorkese della metà degli anni Settanta purtroppo chiusa anzitempo da HBO. Era naturale quindi ritrovarlo alla regia di questo piccolo omaggio al metallo e ai metallari partorito da D.B. Weiss (esatto, il co-sceneggiatore di Game of Thrones insieme a David Benioff, che qui produce soltanto) con il supporto fondamentale di Tom Morello (che tra l’altro è autore anche dei brani degli Skullfucker/Skullflower).

Nella pellicola Hunter e Kevin sono due amici per la pelle che si spalleggiano attraverso le mille difficoltà della tipica vita liceale americana. Hunter è un fan sfegatato del heavy metal e ha un’unica grande ambizione: vincere la battaglia delle band annuale nel suo liceo. Per questo, reclutato anche Kevin come suo batterista, i due si mettono alla ricerca di un bassista che completi la band: gli Skullfucker. L’occasione si presenta da sé, quando Kevin nota Emily, una ragazza che suona il violoncello ma che ha seri problemi nel controllare la sua rabbia. Il rapporto fraterno tra Hunter e Kevin rischierà così di andare in frantumi a causa della ragazza.

Metal Lords, pur non raggiungendo i livelli del Linklater di School of Rock – non possiede infatti né la presenza scenica di un Jack Black larger than life né la sua riflessione sull’abbandonare i propri sogni – ne impara benissimo la lezione cinematografica e ne segue quasi pedissequamente la formula, traducendola ovviamente per gli appassionati del metal (non si contano le citazioni celebri, se si vuole trovare un difetto, forse anche troppo celebri tra Metallica, Black Sabbath, Pantera e Judas Priest). Un cast di volti poco noti ma azzeccassimo è la vera arma vincente di Sollett in un film fin troppo didascalico in cui ogni progressione narrativa risulta telefonata a grande distanza, complice anche la volontà di arrivare al pubblico più vasto possibile. Eppure, tra le dinamiche narrative, i singoli episodi risultano più azzeccati della somma delle parti, e trasmettono il punto di vista di chi davvero ama o ha amato in gioventù tutto dello stile metal.

Non solo, ambientato ai giorni nostri l’effetto è ancor più straniante: chi ha la stessa età dei protagonisti potrà scoprire un vero e proprio tesoro musicale, chi giovane non lo è più potrà ritrovarsi in quella stessa ribellione ingenua e sbruffona, ma anche decisamente sfigata di Hunter e nel suo desiderio di raggiungere i suoi idoli.

Amazon
SentireAscoltare

Ti potrebbe interessare

Le più lette