Antropologia alimentare: storia del cibo in Magna Grecia

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Antropologia alimentare: storia del cibo in Magna Grecia


Testo di M. Teresa Iannelli
Soprintendenza Archeologica della Calabria

Ministero Beni e Attività Culturali

E’ noto che una delle cause principali della colonizzazione greca dell'area geografica situata nella penisola italiana meridionale, a partire dall'VIII secolo a.C., fu il reperimento di terre fertili che scarseggiavano nell’Ellade.
La grande diffusione dei culti agrari come quelli di Demetra e Kore, di Atena e Dioniso, confermano l’importanza dell’agricoltura ed in particolare della coltivazione del grano, dell’olivo e della vite. Vino ed olio, in effetti, sono i prodotti dell’antichità ai quali erano legati il nome ed il concetto di Magna Grecia; Italìa o Enòtria (da oinos, vino) era denominata la zona a sud di Metaponto, considerata dai Greci terra eccellente per la produzione del vino; e se la viticoltura fu importata con i primi insediamenti coloniali, è stato dimostrato che la coltura dell’ulivo introdotta in Magna Grecia dai Calcidesi d’Occidente, fu successiva di almeno un secolo all’arrivo delle popolazioni greche.
Diffuse in tutta la Magna Grecia, sia provenienti dalle aree sacre che dalle necropoli, sono alcune terracotte votive configurate a forma di grappolo d’uva, trovate nelle necropoli campane e lucane e nei santuari di Policoro, Rossano e Locri.
Importanti, per la ricostruzione del paesaggio agrario magno greco sono alcune fonti epigrafiche note col nome di “Tavole di Eraclea”; si tratta di due epigrafi greche, in bronzo che per il periodo compreso tra il IV e III sec. a.C., permettono di ricostruire un paesaggio agrario ampiamente coltivato con l’eccezione delle pendici dei monti e delle colline occupate dai boschi e dalla macchia. La zona coltivata, divisa in piccole proprietà, si estendeva dalla pianura alla costa o alle rive dei fiumi a fondovalle. Le coltivazioni documentate sono i cereali, tra cui una posizione dominante assume l’orzo (il fitto dei terreni di proprietà dei santuari era pagato, infatti, con tale prodotto); la vite, l’olivo, sono considerati le coltivazioni più redditizie; e, sempre nelle tavole, è documentata la presenza di boschi e querceti come risorsa fondamentale per l’economia, e anche quella dell’allevamento del bestiame e di caseifici nella zona collinare.
Questi dati desumibili dalle fonti scritte, sono stati integrati da studi comparati di archeologia, geologia, bioarcheologia, paleobotanica ecc., che hanno consentito la ricostruzione del modello insediativo e produttivo, in particolare del territorio metapontino.
Sono state individuate più di un migliaio di fattorie diffuse su circa 4.200 ettari di terreno, tra l’altro sono state identificate 14 tipi di piante coltivate ed una dozzina di quelle selvatiche o infestanti, cinque qualità di legumi e tre diverse piante di foraggio che non sono menzionate nelle “tavole di Eraclea”.
Una situazione analoga a quella di Metaponto è stata segnalata anche per il territorio di Crotone dove si sono riscontrate forti analogie insediative soprattutto in relazione alla presenza diffusa di fattorie, con precisa vocazione agricola.
Lo studio dell’ alimentazione greca e magno greca si basa anche su molti testi di autori che hanno scritto sui cibi utilizzati nel mondo antico e sul modo di cucinarli; tra essi il trattato più importante, è di Archestrato di Gela, di cui abbiamo notizie indirette nell'opera scritta da Ateneo, che nel suo trattato denominato i Deipnosofisti ci informa non solo sulla cucina greca ma anche su quella in uso presso quasi tutti i popoli del Mediterraneo.
Apprendiamo dagli scrittori antichi che i popoli italioti al contrario dei Greci erano noti per la loro opulenza, tanto che a Taranto e Crotone erano rinomati alcuni specialisti esperti in diete, che dettavano le norme igieniche per la scelta e la qualità dei cibi; ad esempio si tramandano alcuni precetti di Herakleidas di Taranto sulla digeribilità di alcuni cibi e sugli effetti afrodisiaci di altri. Altrettanto noti erano i cuochi magno greci, che spesso gareggiavano tra loro, scrivevano trattati di arte culinaria ed erano tenuti in gran conto nella scala sociale della polis.
Per quanto riguarda i cibi quelli più diffusi erano i cereali, le verdure, la frutta che ben si adattavano alle popolazioni magno greche che come abbiamo visto erano principalmente contadine che basavano la loro economia sull’agricoltura. Non stupisce infatti la scarsa diffusione delle carni per il pasto quotidiano, mentre esse venivano utilizzate soprattutto durante le cerimonie religiose ed erano riservate agli eroi. Già in età arcaica è documentato il consumo di maiali, montoni, capre e tori, mentre quello dei cavalli e degli asini risale ad epoca più recente. E’ noto che il culto degli dei, nella religiosità greca si basava sull’offerta di animali domestici che venivano sacrificati sugli altari nelle aree sacre, e poi consumati dopo la cottura. I sacrifici agli Dei si svolgevano secondo una ritualità complessa che si articolava in più fasi che si succedevano sempre nello stesso ordine: l’uccisione della vittima si svolgeva tra canti, e offerte di profumi; l’animale veniva sgozzato con una scure, liberato del sangue e quindi fatto a pezzi mediante l’uso di coltelli; agli Dei erano riservati il fumo delle ossa calcinate e l’odore degli aromi che venivano bruciati per l’occasione; mentre agli uomini toccavano le parti carnose dell’animale; queste venivano poi cotte mediante operazioni culinarie distinte: le viscere che sono puntualmente elencate da Aristotele nel trattato sulle parti degli animali, sono: fegato, polmoni, milza, reni, e cuore (stomaco, esofago ed intestini non ne fanno parte); esse rappresentano quello che c’è di più vivo e più prezioso nella vittima offerta, venivano consumate per prime e obbligatoriamente dovevano essere arrostite allo spiedo, mangiate sul posto, senza sale e bollenti; mentre il resto delle carni bollite poteva essere mangiato anche più tardi, sia sul posto che in qualche locale vicino, che nelle abitazioni private di coloro che, per avere partecipato al sacrificio, avevano beneficiato della loro distribuzione.
Più diffuso nella società magno greca il consumo del pesce che in alcune città, come Taranto era la base principale dell’alimentazione; Ennio ne celebrava soprattutto i molluschi, mentre Archestrato decantava le anguille magno greche e Aeliano i tonni di Taranto e di Hipponion (attuale Vibo Valentia).
In tutta la Magna Grecia si consumavano grandi quantità di dolci che venivano preparati ed offerti durante le festività religiose e le cerimonie sacre; di alcuni di essi sono tramandati i nomi e le ricette, come ad esempio la piramìs, dalla particolare forma a piramide era costituita da frumento arrostito e sesamo impastati con miele; o il plakùs, di forma bassa e tonda era fatto di farina, noci, pistacchi e datteri; molto rari ma pure presenti e di recenti identificati a Locri, in una scena raffigurata sui pinakes, sono i dolci a forma antropomorfa, cioè raffiguranti il corpo umano stilizzato; essi, diffusi in Egitto e in Oriente, sono stati connessi al culto della Grande Dea e di Afrodite, e nel caso di Locri soprattutto a quello di Persefone.
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