Now Is Everything

Ambizioso e fitto di richiami ad alti modelli pregressi, Now Is Everything di Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis aderisce a una dimensione narrativa onirica e frammentata in cerca di inquiete suggestioni. Il risultato è purtroppo debole e farraginoso. In concorso a Torino 37.

Il noir che è in me

Il fotografo di moda Nicolas Yarna si muove in un universo imprendibile e indefinibile, turbato dalla scomparsa della sua compagna Matilda e da un trauma affettivo, in un apparente cortocircuito di memorie, sogni, riflessioni, ipotesi narrative… [sinossi]

Facendo la tara alle sue ambizioni, Now Is Everything è il titolo perfetto per il tipo di operazione allestita dai due autori, Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis, giunti al loro lungometraggio d’esordio. “Ora è tutto” è infatti una coerente suggestione per un insieme audiovisivo che rompe totalmente con la convenzionale linearità narrativa, e che spesso esaurisce la sua carica diegetica nel raggio espressivo del frammento. Ora è tutto, perché oltre i confini del singolo frammento c’è da comporre un film, e in tal senso il frammento risulta più confortevole. In questa direzione Now Is Everything non propone niente di nuovo, lo sa e lo dichiara anche con evidente sincerità.

Realizzato da due filmmaker italiani formatisi negli Stati Uniti, arricchito dalla presenza demiurgica di Anthony Hopkins tra i protagonisti, il film è una raccolta di suggestioni frantumate, oniriche e psichiche, mischiate a inserti di varia natura, che tiene presenti modelli enormi, da David Lynch a Terrence Malick, mentre in un’inquadratura campeggia chiaro a tutti il manifesto di Blow-Up (1966, Michelangelo Antonioni) e in uno scambio di dialogo sembra risuonare anche una citazione da Il disprezzo (1963, Jean-Luc Godard). Sui titoli di coda scorrono invece ringraziamenti simbolici a tre autori un po’ meno prevedibili: Paul Thomas Anderson, Derek Cianfrance e nientemenoché François Truffaut, mentre la dedica finale è riservata a Heath Ledger. In qualche modo questo profluvio di richiami, citazioni e dediche ridimensiona anche la portata del film, che mostra sì i segni di una spropositata e ingenua ambizione, pronta a mostrare il fianco a qualche ironia, ma al fondo si avverte pure un infantile amore cinefilo, irresistibile stimolo a fare propri i più diversi riferimenti in un’ottica di omaggio.

In tutto questo, Now Is Everything mostra il difetto di volersi proporre come riflessione sull’arte e sulla scomoda posizione dell’artista nel mondo, sulla base di un conflitto sia interiore (l’artista di fronte a se stesso) sia esteriore (il rapporto con l’altro). Di nuovo, siamo nel territorio dell’ambizione smisurata, poiché tali riflessioni autoreferenziali possono essere ben accolte da autori che hanno già avuto molto da dire o che dispongono precocemente di un’enorme consapevolezza teorica. La posa dell’artista in preda a tormenti esistenziali risulta forse la premessa più fastidiosa dell’intera operazione, collocata in tal senso in un’artificiosa cornice di paturnia radical chic assolutamente antiempatica.

Now Is Everything introduce infatti ai travagli di Nicolas Yarna, fotografo di moda messo al centro di un cortocircuito psico-emotivo dovuto alla ricerca del senso della sua produzione artistica e (parrebbe) alla sparizione della sua donna, Matilda. Parrebbe, perché Spinotti e De Amicis scompaginano da subito l’andamento narrativo tramite la continua interferenza di materiale eterogeneo, aprendo, mescolando, perdendo e recuperando numerosi rivoli narrativi che mai vogliono comporsi in un discorso unitario e coerente. Il filo dell’esposizione si perde costantemente verso tunnel narrativi che non portano da nessuna parte, tra suggestioni noir e drammi improvvisi, mentre in colonna audio si alternano generiche osservazioni sull’amore, sui destini dell’uomo, sulla sua esistenza e consistenza.

Al di là delle tante ingenuità e delle diffuse goffaggini, Now Is Everything ha un sostanziale difetto che inficia tutto il suo insieme espressivo: si propone come caparbiamente antinarrativo, ma a conti fatti è fin troppo narrativo, ansioso di ricorrere a continue suggestioni didascaliche. Spinotti e De Amicis non riescono mai a liberarsi dalla schiavitù della parola, costringendo i loro attori a stralci di dialoghi piuttosto infelici, mentre si passa da un’enunciazione di stentoree verità all’altra e la colonna video si affida a inutili preziosismi. Al fondo, resta la prevalente sensazione che non si ha poi molto da dire, e che l’interesse principale si delinea per il gioco ombelicale con il cinema, ridotto a giocattolo del tutto egotistico. Rifiutare il racconto tradizionale non significa azzerare l’urgenza della propria espressività, che specie per un cinema così ambizioso dovrebbe radicarsi in un impulso intimo e profondamente meditato. E a Nicolas Yarna, e ai suoi timidi sussulti, non crediamo praticamente mai.

Info
La scheda di Now Is Everything sul sito del Torino Film Festival

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