Noi, spiegazione del film: il finale e altri misteri - Movieplayer.it

Noi, spiegazione del film: il finale e altri misteri

Noi: la nostra spiegazione del film horror, dai tanti misteri della storia al significato del colpo di scena finale

C'era una volta una bambina, e la bambina aveva un'ombra...

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Noi: Winston Duke, Shahadi Wright Joseph in una scena del film

Nonostante sia appena al suo secondo film da regista, Jordan Peele è già diventato l'equivalente di un brand: un autore dallo stile immediatamente riconoscibile e con una solidissima base di ammiratori, sufficiente a trasformare la sua opera seconda, Noi, in un successo travolgente fin dal suo debutto nelle sale (settantuno milioni di dollari nel weekend d'esordio negli Stati Uniti). Approdato finalmente anche in Italia (ne abbiamo parlato nella nostra recensione di Noi), il film è già uno dei fenomeni di questa annata cinematografica: non solo per gli incassi record che sta riportando in tutto il mondo (dopo sole due settimane si accinge a superare il traguardo dei duecento milioni di dollari), ma anche per la portata dei dibattiti e delle interpretazioni attorno agli ingredienti di un racconto stratificato e sorprendente. Un racconto che ha fatto e farà discutere, sulla scia del precedente lavoro di Peele, e che vale la pena esaminare in maniera più approfondita: dunque, per chi lo avesse già visto e non avesse timore di spoiler, vi proponiamo di seguito una spiegazione del film Noi, dei suoi misteri e di un finale fra i più torbidi e affascinanti degli ultimi anni...

I doppelgänger: noi siamo gli altri

Non è un segreto che il nucleo della trama di Noi risieda in un topos riconducibile a tanta narrativa fantastica e horror: il doppelgänger. I tethered ("legati"): così si definisce il "popolo del sottosuolo" che, nella ridente località vacanziera di Santa Cruz, in California, emergerà all'improvviso in superficie per prendere possesso del territorio ed eliminare i propri 'simili'. Se fin dal trailer si alludeva all'elemento del doppio, Jordan Peele fornisce una base fantascientifica all'esistenza dei tethered, con più di un punto di contatto rispetto a quella adottata in Scappa - Get Out: un esperimento governativo sviluppato di nascosto, ma risoltosi in questo caso in un fallimento e pertanto abbandonato, con un piccolo esercito di cloni generati nel tentativo di controllare la popolazione statunitense e quindi rinchiusi nei sotterranei di Santa Cruz. Zombie senz'anima, privi di una volontà propria e pertanto condannati a replicare meccanicamente azioni e gesti dei loro 'corrispettivi'... tutti, tranne Red.

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Noi: Lupita Nyong'o, Winston Duke, Evan Alex, Shahadi Wright Joseph in un momento del film

Nella tana del coniglio

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Noi: i conigli in una scena del film

I conigli costituiscono, insieme alle enormi forbici che campeggiano sulla locandina, una delle immagini-simbolo dell'iconografia del film. Subito dopo il prologo, è un coniglio a dominare lo schermo nel momento in cui compaiono i titoli di testa; nei minuti a venire l'inquadratura si allarga, mostrando un'intera parete occupata da conigli in gabbia. Scopriremo in seguito che i conigli vengono allevati nel "mondo del sottosuolo" allo scopo di sfamare i tethered, ma questi animali possiedono altresì un chiaro valore simbolico: a partire dalla loro tradizione di cavie da laboratorio, che rispecchia perfettamente la condizione in cui versano i tethered, a loro volta prigionieri di una gabbia in cui hanno vissuto fin dalla nascita. Alla figura del coniglio è legato però anche il romanzo Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll: il rabbit hole del libro, il cunicolo in cui penetra la giovane protagonista, è diventato un'espressione proverbiale in inglese. E in fondo, nell'antefatto del 1986, pure la piccola Adelaide (Madison Curry) decide di entrare nella "tana del coniglio", inconsapevole dell'orrore a cui sta andando incontro...

'Manderò su di loro una sventura alla quale non potranno sfuggire'

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Noi: Lupita Nyong'o in una scena del film

Fin dal prologo, una prima fonte di inquietudine risiede nell'apparizione di un uomo con un cartello su cui è riportata la scritta "Jeremiah 11:11" (si veda anche il nostro approfondimento legato alle curiosità su Noi). Il riferimento è ovviamente a un versetto della Bibbia, Geremia 11,11, le cui parole suonano quanto mai emblematiche: "Perciò dice il Signore: 'Ecco, manderò su di loro una sventura alla quale non potranno sfuggire. Allora leveranno grida di aiuto verso di me, ma io non li ascolterò'". Il cartello non si limita tuttavia alla funzione di funesto presagio della sventura che, poco più di trent'anni dopo, si abbatterà sui personaggi, ma introduce un altro elemento ricorrente di Noi: il numero undici. Un numero il cui significato simbolico si esplica fin dall'aspetto visivo: l'undici scaturisce dall'affiancamento di due uno, due individualità identiche poste l'una accanto all'altra, e rimanda pertanto al tema del doppio al cuore della storia. Jordan Peele farà in modo di inserire altri undici all'interno del film: dal numero di conigli disposti su ogni fila di gabbie alle 11:11 che Adelaide Wilson (Lupita Nyong'o) fissa con angoscia sull'orologio.

Oscar da brivido: da L'esorcista a Scappa - Get Out, gli horror che hanno conquistato l'Academy

Hands Across America

Il 1986, anno di ambientazione dell'antefatto che apre Noi, è anche l'anno in cui gli Stati Uniti, sulla scia di eventi quali il Live Aid e il team USA for Africa per We Are the World, assistettero a una delle maggiori e più pubblicizzate iniziative benefiche dell'epoca: Hands Across America, una campagna contro la poverà che prevedeva una gigantesca catena umana da una sponda all'altra del continente. Un progetto a cui nel film si allude più volte, dagli spot in TV alle t-shirt brandizzate, ma la cui simbologia verrà ripresa e 'deformata', nel presente, dal popolo dei doppelgänger. Red, infatti, si ispirerà a Hands Across America per la rivolta dei tethered, che dopo essersi impossessati di Santa Cruz si prenderanno per mano in una fila lunghissima: un caustico rovesciamento del modello di Hands Across America, utilizzato da Peele come beffarda immagine di chiusura della pellicola.

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Noi: Lupita Nyong'o, Winston Duke, Evan Alex, e Shahadi Wright Joseph in una scena del film

Il colpo di scena finale: je est un autre

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Noi: Madison Curry in una scena del film

Mentre la famiglia Wilson, in automobile, si sta allontanando da Santa Cruz dopo essere scampata al tentato eccidio, Jordan Peele inserisce un ultimo, scioccante twist: il colpo di scena finale che ribalta la prospettiva su quanto visto fino ad allora, e che conferisce al film ulteriori sfumature e una dimensione ancora più disturbante. Adelaide, interpretata da Lupita Nyong'o, sperimenterà un'epifania attraverso un flashback che rivelerà a lei e a noi spettatori la verità: nel 1986 la piccola Adelaide era stata sequestrata da Red e imprigionata nel sottosuolo, mentre Red aveva indossato la maglietta di Thriller, era uscita dalla sala degli specchi e aveva preso il posto della bambina. Da allora, dunque, Adelaide è stata Red, e viceversa: Red ha imparato a parlare, ha rimosso il proprio passato e vi ha sovrapposto quello di Adelaide, mentre Adelaide, al contrario, non ha mai dimenticato quanto accaduto.

Gli insoliti finali: i colpi di scena più sconvolgenti degli ultimi 20 anni

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Noi: Lupita Nyong'o, Evan Alex e Shahadi Wright Joseph in una scena del film

Di colpo, la vicenda narrata assume una luce perfino più tragica: Red/ Adelaide, non a caso l'unica dei tethered in grado di esprimersi in maniera linguisticamente coerente, nonché la mente dietro la rivolta, ha covato per più di trent'anni il desiderio di riprendersi l'esistenza che le era stata strappata e di vendicarsi per aver vissuto come 'ombra' nelle tenebre del sottosuolo, unico individuo dotato di volontà in un regno di burattini privati del libero arbitrio. In fondo, come ha dichiarato lo stesso Peele, "Questo film parla del fatto che forse il mostro sei tu". È il motivo per cui la rivelazione conclusiva, per quanto suggerita da alcuni dettagli precedenti, ha un impatto così dirompente sul piano narrativo e su quello ontologico: c'è una vera differenza fra noi e il popolo del sottosuolo? Forse no. E quell'ultimo scambio di sguardi fra Adelaide e suo figlio Jason (Evan Alex) sembra confermare la loro drammatica consapevolezza della mostruosità insita in ogni essere umano. Loro siamo noi.