Il mio grosso grasso matrimonio greco 3, di Nia Vardalos

Un film dal cuore gentile ma dal passo leggerissimo, incapace di imporsi davvero allo sguardo dello spettatore e che forse tradisce la difficoltà di Nia Vardalos di separarsi dal mondo che ha creato

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Poco più di vent’anni dopo il primo film e sette dopo il sequel, il franchise de Il mio grosso grasso matrimonio greco torna al cinema ma lo fa in un modo assolutamente sui generis. Perché Nia Vardalos già protagonista e sceneggiatrice dei primi due capitoli questo terzo film lo scrive, lo dirige e lo interpreta, come a voler trattare l’elemento famigliare, centrale nel racconto, come una forza “totalizzante”, quasi a voler tenere ostinatamente il film “in casa”, anche in termini creativi, lasciando forse intendere, tra le righe, che è lei la persona più adatta a gestire la saga.

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Ed in effetti è evidente come la Vardalos provi subito a imporre un passo, a proseguire quella scrittura “alta” che nel secondo capitolo rifletteva sulle varie sfumature dell’amore e che ora pare volersi lanciare in un agile saggetto su retaggio, nostalgia, rapporto con il passato ed elaborazione del lutto. Toula ed il marito Ian stavolta partono infatti per la Grecia, insieme alla loro numerosa famiglia per poter consegnare il diario del defunto patriarca dei Portokalos ai suoi tre amici d’infanzia.

Ma Nia Vardalos è davvero maturata? La sensazione è che se da un lato cerchi evidentemente l’affondo autoriale, addirittura limitando i pur sempre efficaci exploit grotteschi che hanno fatto la fortuna della serie, dall’altro è evidente quanto non riesca a costruire qualcosa di davvero solido all’infuori dei suoi spazi noti, del suo personaggio, delle dinamiche che hanno al centro i membri della sua “famiglia”. La risolutezza, il desiderio di lavorare sulle immagini è tutta lì: nella delicatezza dei dialoghi con la madre affetta da demenza, nella sequenza in cui la sorgente torna a irrorare il cortile, in certi scambi tra la protagonista e suo fratello.

Il resto del tempo lo script lo spende ad ammassare fatti e fatterelli che alla lunga, ingolfano la materia narrativa, a costruire un mistero che prende il primo piano del racconto solo a tratti, a inseguire intuizioni che però faticano a prendere corpo. Così le linee si disperdono, il passo si fa titubante ed il film pare sempre più sedotto dal fascino folklorico del paesaggio greco che pronto a costruire una narrazione coesa e avvincente.

Il risultato è un film popolato di flaneur, personaggi che passeggiano per il piccolo paesino dell’entroterra greco, si perdono nelle foreste, vengono rapiti dalla bellezza del mare ma quasi fanno fatica a ricordarsi il loro ruolo nell’economia narrativa.

Il mio grosso grasso matrimonio greco 3 ha un cuore evidentemente gentile ma il passo leggero, forse troppo, incapace di sviluppare una sola vera idea che sappia imporsi allo sguardo e che dunque finisce per girare a vuoto e, soprattutto, rigorosamente per pezzi staccati. E forse il film se ne rende conto anche se decide di correre ai ripari in modo maldestro. Si risveglia con uno scossone alla metà esatta del racconto ed è come se prendesse atto per la prima volta dei suoi temi, della famiglia di sangue e di scelta, della questione migranti, vero e proprio filtro attraverso cui questo capitolo vorrebbe riattraversare quel multiculturalismo che è elemento fondativo del franchise.

Il mio grosso grasso matrimonio greco 3 prova dunque a riunire frettolosamente le linee del racconto ma corre, affastella suggestioni, brucia interi filoni che, da soli, avrebbero dare straordinaria sostanza al film (come quello sulla ricerca degli amici del padre di Toula, iniziato e concluso in un paio di inquadrature) e risolve con un dialogo il fondamentale discorso dell’eredità spirituale della famiglia Portokalos e di Toula stessa, chiamata a ereditare il ruolo di capofamiglia che davvero avrebbe potuto fare da spina dorsale a tutto il racconto.

Ma forse, a ben vedere, a sfuggire dalle maglie del racconto è proprio lo sguardo sulla famiglia, che la Vardalos, e il film con lei, faticano a rinnovare davvero, a rileggere con uno sguardo contemporaneo a far emergere al di là delle solite situazioni, ormai ridotte a vuoti cliché. Nia Vardalos pare quasi gelosa dei suoi personaggi, incapace a lasciarli davvero andare e autrice, per certi versi, di un terzo film della saga necessario più per lei, quasi fosse una terapia per dire addio, un’ultima volta, ai suoi personaggi, che per il suo pubblico.

 

Titolo originale: My Big Fat Wedding 3
Regia: Nia Vardalos

Interpreti: Elena Kampouris, John Corbett, Nia Vardalos, Andrea Martin, Lainie Kazan, Louis Mandylor, Gia Carides, Stephanie Nur, Elias Kacavas, Joey Fatone, Daphne Alexander, Maria Vacratsis, Stavroula Logothettis, Gerry Mendicino
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 92’
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
1 (1 voto)
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