5 motivi per cui Mad Men ha fatto la storia della tv

Compie dieci anni la serie tv sui pubblicitari anni '60 che ha toccato le più alte vette della qualità televisiva e influenzato in molti modi la nostra cultura

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Esattamente dieci anni fa, il 19 luglio 2007, facevamo la conoscenza gli uomini di Madison Avenue, i pubblicitari anni '60 pronti a tutto che – proprio per il nome della strada in cui si concentravano le agenzie newyorchesi dell'epoca – hanno dato il titolo alla serie Amc Mad Men. Creata da Matthew Weiner, già autore de I Soprano, la serie durò per sette stagioni fino al 2015, vincendo 16 Emmy e 5 Golden Globes e venendo a tutt'oggi considerata come una delle serie degli ultimi anni con il più grande impatto sulla nostra cultura.

Gli episodi erano incentrati su **Don Draper **(Jon Hamm), pubblicitario di spicco dell'agenzia Sterling Cooper e poi socio della Sterling Cooper Draper Pryce, e su tutte le persone che giravano attorno alla sua vita professionale e sentimentale: dalla segreteria tanto ambiziosa e talentuosa da diventare copywriter Peggy Olson (la Elizabeth Moss di The Handmaid's Tale) al contraddittorio mentore Roger Sterling (John Slattery); dall'insoddisfatta e sfortunata moglie Betty (January Jones) alla procace e determinata capo segretaria Joan Harris (Christina Hendricks).

A metà strada fra la scrupolosa ricostruzione storica e la spietata parodia di un intero periodo nonché dei valori di una determinata categoria, Mad Men è riuscito, grazie alla centralità dello storytelling e alla profondità dei personaggi, a raccontare come pochi altri le luci e le ombre di un intero decennio, tanto che il finale si chiude proprio nel novembre 1970. Vediamo alcuni dei motivi per cui questa serie ha segnato indelebilmente la storia della televisione e non solo.

1.La storia per raccontare il presente

L'attenzione maniacale con cui Weiner ha curato ambientazioni, costumi e dettagli storici nella serie è sempre stata arcinota ai media ed evidente in ogni singola inquadratura. Dai bottoni sui vestiti di Joan alle sigarette fumate da Betty, dai giornali sfogliati dai personaggi alle effettive pubblicità in voga all'epoca: tutto era studiato affinché Mad Men apparisse come una serie storica vera e propria, anche se su di una storia relativamente recente.

Terapie con elettroshock, lsd, assassinii e lotte razziali, l'approdo sulla luna e perfino i Weight Watchers: difficile perdere le coordinate precise di un decennio tumultuoso per gli Stati Uniti. Ma la sensazione costante, nel corso degli episodi, è che parlassero anche fortemente del presente, che proiettasse lunghissime ombre (lo sciovinismo, le disparità sociali, l'arricchimento senza scrupoli, i consumi di massa, l'omofobia e il razzismo) fino agli anni Duemiladieci. Gli antieroi di Mad Men, in fondo, sono anche gli antieroi della nostra contemporaneità.

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2.La diffusione di uno stile

L'impatto culturale di Mad Men non è stato solo narrativo, ma anche formale. Molti critici del costume sono convinti che, superando l'estetica metrosexual dei primi Duemila, l'eleganza retro della serie abbia inaugurato una nuova era di rigore tradizionale nella moda maschile. Una tendenza tanto diffusa che un editoriale del New York Times del 2015 supplicava gli stilisti di andare oltre i riferimenti anni '60 della serie ormai fin troppo pervasivi.

Doppio petti grigi o Principe di Galles di studiata sartoria, camicie immacolate e abbondanti, tasche squadrate e rigorose cravatte sfinate: Don Draper (cognome pericolosamente simile a dapper, "azzimato") e compagni riportarono in voga lo stile irreprensibile di Steve McQueen, appunto nascondendo dietro queste apparenze impeccabili una moralità tutt'altro che intonsa. Poche serie possono vantare una così grande influenza extra-televisiva, che riguardò anche la moda femminile, con il ritorno di forme abbondanti, abiti fascianti e fantasie ardite, e perfino il mondo dei cocktail, con la moda degli Old Fashioned e dei Dry Martini cocktail.

3.Il mondo del lavoro

Secondo alcuni critici Mad Men è una serie sulle dinamiche degli uffici contemporanei camuffate con lo stile degli anni Sessanta. In effetti gli intrighi machiavellici fra colleghi, i disperati tentativi di accaparrarsi o mantenere i clienti, l'essere pronti a tutto pur di ottenere successo e famq sono fenomeni mai tramontati dall'orizzonte soprattutto di chi si occupa di comunicazione. E in un momento in cui proprio quel mondo professionale si sta disgregando, tornare alle origini non fa altro che svelarne le potenzialità così come le criticità ataviche.

Per non parlare degli aspetti del mondo del lavoro che sembrano così inaccettabili visti nella serie ma che invece rappresentano in molti casi una cruda attualità. Ritmi che spingono al suicidio, donne che devono fare il doppio della fatica per far notare il proprio talento, clienti che decidono la vita o la morte di interi staff, l'alienazione di certi posti di lavoro che alimentano sé stessi e la vita di chi ci lavora in modo totalizzante: quando finisce la parodia del passato e inizia la critica al presente, in questi casi?

4.La rappresentazione dei generi

Gli uomini di Madison Avenue, appunto, sono al centro della serie, ma lo sono anche alcune donne: come già detto Peggy Olson riesce a fare strada e, con grande fatica e continue insicurezze, a diventare una stimata copywriter nell'agenzia, non prima però che Joan le consigli di accorciare le gonne e tenere sempre una bottiglia di whiskey pronta per soddisfare i colleghi maschi. O la stessa Joan, appunto, che alla fine della serie fonda la sua azienda, ma nel frattempo incarna le contraddizioni di una figura professionale stimata e riverita anche dagli uomini, ma che si presta anche ad andare a letto con un cliente per concludere un contratto (e dice a una segretaria: "Questa macchina da scrivere pare complicata, ma gli uomini l'hanno disegnata semplice in modo che possano usarla le donne").

Complessità e contraddizioni, stereotipi e volontà di emancipazione rendono la rappresentazione dei sessi negli anni Sessanta ancora più credibile. D'altronde anche gli uomini non sono monolitici nel loro sciovinismo sessista: lo stesso Draper, adultero indefesso dai sentimenti scostanti, combatterà per tutta la serie contro il suo vuoto interiore ma – a differenza di altri antieroi solitamente destinati a una fine tragica – riuscirà finalmente a vedere la luce e l'ispirazione per uno spot entrato nella storia.

5.Un nuovo modo di concepire la tv

Per moltissime ragioni si può dire che Mad Men ha cambiato non solo il modo di fare, ma anche di percepire la televisione come un mondo dove chi ancora non ne era convinto poteva trovare storie complesse e di grande raffinatezza su più livelli. Molti ritengono sia stato l'ultimo titolo di una seconda grande era della televisione prima dell'avvento disruptive di Netflix & co. E in effetti il successo che ha dato a un network via cavo come Amc, infondendogli fiducia nel commissionare ulteriori titoli acclamati come Breaking Bad e The Walking Dead, ha spinto altre tv via cavo a seguire un modello che fino ad allora era appartenuto quasi esclusivamente a Hbo.

La forza di Mad Men fu anche quella di ritagliarsi il proprio particolare universo estetico e narrativo: mentre titoli precedenti rielaboravano in fondo modelli già esistenti (I Soprano coi film della mafia, The Wire con le serie poliziesche ecc.), qui troviamo un approccio assolutamente nuovo e originale a un tema mai trattato prima. E se perfino la New York Review of Books nel 2011 dedicò 29 paragrafi a un programma televisivo come questo (anche se negativamente, c'è da dire), vuol dire che i tempi erano davvero cambiati, grazie anche a una serie tv come Mad Men.