Midway Recensione

Midway: recensione del film di guerra di Roland Emmerich sulla battaglia cruciale nel Pacifico fra USA e Giappone

27 novembre 2019
2.5 di 5
3

Una sorta di sequel o vendetta di Pearl Harbor in cui Emmerich riconosce il ruolo cinese, cruciale finanziatore del film.

Midway: recensione del film di guerra di Roland Emmerich sulla battaglia cruciale nel Pacifico fra USA e Giappone

Roland Emmerich è uno dei pochi resistenti, nostalgici propinatori di quel cinema medio, muscolare e non troppo raffinato, che per decenni ha segnato le produzioni hollywoodiane. Un cinema commerciale ma onesto, dai budget importanti per sostenere spettacolarità, effetti sempre più digitali e un’idea manichea dell’eroe contrapposto a un antagonista che aveva più le fattezze di un nemico. Un genere nato e cresciuto negli anni ’80 reaganiani, ma che ha saputo convertirsi al catastrofistico ambientale e, perché no, a un’identificazione diversa del nemico, individuato come un alieno invasore. Come dire, con Independence Day e The day after tomorrow, il tedesco presto emigrato in America, Emmerich, è stato uno dei maggiori interpreti di questo cinema. Mai amato dalla critica, ha riposto all’esigenza del pubblico di regalarsi uno spettacolo bigger then life, sempre più imponente e spettacolare. Un’esigenza che ormai a Hollywood viene soddisfatta dai cinecomic, o in generale dai film con supereroi, intesi in varie declinazioni.

Appare quindi bizzarro che chi cavalcava l’industria dell’action hollywoodiano oggi sia relegato all’estrema periferia. “I film di guerra non fanno soldi”, si è sentito rispondere quando ha proposto il progetto poi diventato Midway agli studios, tanto che alla fine i 100 milioni di dollari necessari per non sfigurare dal punto di vista spettacolare ha dovuto rimediarli al di fuori degli States, principalmente in Cina. Situazione significativa del riequilibrio nel rapporto di forza industriale fra i due politici, che non è stata senza conseguenze anche dal punto di vista artistico. Infatti la sceneggiatura del film, scritta da Wes Tooke, restituisce un ruolo attivo e cruciale alla Cina durante la guerra nel Pacifico, proprio quello che la storiografia sul periodo sta riscoprendo negli ultimi anni. La Cina, infatti, era in guerra con il Giappone fin dal 1937, e in Midway viene sottolineato il ruolo di supporto ai piloti che colpirono Tokyo e furono poi costretti ad atterraggi di fortuna, venendo soccorsi dai resistenti cinesi.

Midway inizia con l’attacco a Pearl Harbor dei giapponesi, senza dichiarazione di guerra, presentando una Marina degli Stati Uniti in condizioni molto gravi, con le navi decimate, per lo più finite in fondo al mare. A quel punto inizia una gara strategica, una lotta contro il tempo per intercettare il successivo attacco, potenzialmente mortale, della marina imperiale giapponese.

Quella delle Midway, piccolo atollo a poi distanza dalle Hawaii, è passata alla storia come la battaglia cruciale della Seconda guerra mondiale, fronte del Pacifico, il momento in cui gli Stati Uniti finirono di difendersi e iniziarono a riequilibrare le sorti e ad avanzare verso il Giappone. Uomo cruciale fu l’ammiraglio Nimitz, capace di dare ascolto al lavoro di decodifica dei codici di comunicazione giapponese, fatto sul terreno dall’intelligence, che sarà poi cruciale per la vittoria finale, da questa come dall’altra parte del mondo. Spettacolone epica e un pizzico trash, come i suoi effetti digitali, Midway appare démodé in maniera stimolante, senza sfumature nelle psicologie dei personaggi, riuscendo a regalare l’intrattenimento onesto di cui sopra e al contrario di altri giocattoloni, o del cinema di Michael Bay, sembra avere sinceramente a cuore gli esseri umani che racconta, vedendoli come qualcosa in più di un mero strumento funzionale.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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