“Midnight Mass”: la recensione di Aldo Grasso della serie tv su Netflix
La serie tv firmata Mike Flanagan affronta temi della fede come l'accettazione o il rifiuto, i suoi limiti e le sue strumentalizzazioni. Per chi ama lasciarsi sedurre dal dubbio attraverso l'espediente esorcizzante dell'orrore
MIDNIGHT MASS
Genere: Drammatico, mistery
Regia di Mike Flanagan. Con Zach Gilford, Kate Siegel, Kristin Lehman, Hamish Linklater. Su Netflix
Tra le nuove produzioni Netflix, una menzione di riguardo merita Midnight Mass, ultima fatica firmata Mike Flanagan. Dopo quattro anni di carcere per aver investito e ucciso una ragazzina mentre guidava in stato di ebbrezza, Riley Flinn torna nella comunità natale di Crockett Island, piccola isola di 127 abitanti; un luogo spettrale e sfilacciato in cui tutto ruota intorno alla chiesa locale.
Qui un giorno arriva a sorpresa Padre Paul, un giovane prete che con i suoi modi rimette in discussione il rapporto con la religione, mentre strani episodi e inspiegabili miracoli si verificano costringendo lo stesso riluttante Riley a riflettere.
In sette episodi di un’ora circa, ciascuno con un titolo che rimanda alla Bibbia e ai Vangeli, la serie affronta temi come l’accettazione o il rifiuto, entrambi faticosi, della fede, i suoi limiti e le sue strumentalizzazioni; Midnight Mass punta a sgretolare certezze, a scorticare il senso di colpa, tipico dell’educazione cattolica, ma anche a restituire il mistero attraverso canzoni di chiesa che popolano le scene come una colonna sonora.
In fondo, è sulla paura della morte che Flanagan insiste, uno dei rimossi della nostra contemporaneità, qui portato violentemente al centro del racconto.
Per chi ama lasciarsi sedurre dal dubbio attraverso l’espediente esorcizzante dell’orrore.
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