Margherita Vicario «Debutto al cinema come regista. Il pop è resistenza, la mia scuola è stata una casa di campagna» | Corriere.it

Margherita Vicario «Debutto al cinema come regista. Il pop è resistenza, la mia scuola è stata una casa di campagna»

diMicol Sarfatti 

Cantautrice e attrice ora si misura dietro la macchina da presa. «Sono autodidatta in tutto, come le straordinarie musiciste del mio film»

Margherita Vicario «Debutto al cinema come regista. Il pop è resistenza, la mia scuola è stata una casa di campagna»

Foto di Sara Sabatino 

«Organizzare le anteprime è peggio di organizzare un matrimonio, gli inviti mi stanno facendo impazzire». Parla con frenesia e entusiasmo Margherita Vicario, 36 anni, cantautrice, attrice e ora anche regista. Le anteprime in questione sono quelle - una milanese e una romana - di Gloria!, il suo debutto dietro la macchina da presa, nelle sale da ieri, presentato in concorso al Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il film, ambientato nella Venezia di fine Settecento, racconta la storia di Teresa, una giovane dal talento musicale visionario che, insieme alle compagne di orfanotrofio, scavalca i secoli e sfida l'Ancien Régime inventando melodie ribelli, leggere e pop. Nel cast Galatea Bellugi, vincitrice del premio César in Francia, Veronica Lucchesi, voce de La rappresentante di lista, Paolo Rossi, Elio, Natalino Balasso e Carlotta Gamba. La produzione è di tempesta e Rai Cinema. Questa estate Margherita Vicario sarà impegnata con il Gloria! Tour , una tournée in cui, accompagnata da un'orchestra, proporrà i suoi successi, brani del passato e la colonna sonora del film. La storia che porta sullo schermo parla di musica, ma anche di amicizia e discriminazione. Mischia ricostruzione storica e fantasia. 

Come è nata l'idea? 
«Dalla mia esperienza personale, anche se vissuta in un'epoca storica completamente diversa. La prima domanda nelle interviste per me è stata spesso: "Cosa ne pensa della situazione delle musiciste donne in Italia?". È vero che anche io appartengo alla categoria, ma è scoraggiante sentirsi chiedere sempre un'opinione, come se le cantautrici fossero un caso, qualcosa di separato dalla musica stessa. Ai colleghi uomini queste domande non vengono fatte. Mi è venuta voglia di conoscere la situazione delle musiciste nel passato e ho iniziato a fare ricerche. Quando mi appassiono divento quasi ossessiva. Ho scoperto compositrici straordinarie, come Maddalena Casulana, prima nella Storia, intorno al 1500, a firmare un libro dei madrigali, orchestre di sole donne, ma pure orfanatrofi e ospedali, in cui le ospiti ricevevano un'educazione musicale di altissimo livello, alcune avevano avuto come maestro Vivaldi. Poche di loro però erano entrate negli annali. Ho pensato a quanta fantasia e creatività fossero andate perse e le ho volute riportare in vita attraverso un film, in parte anche autobiografico». 

In che senso? 
«Le protagoniste di Gloria! sono autodidatte, come me. Io stessa non ho mai studiato musica nel vero senso del termine eppure ho imparato ad accompagnarmi al pianoforte e ho scritto e interpretato due album». 

Come ha gestito il passaggio da cantautrice a regista? Ha fatto diverse esperienze da attrice, ma pure con la cinepresa è autodidatta. 
«Con una buona dose di incoscienza, per me sempre necessaria, e con il coraggio. Poi ho trovato dei produttori straordinari - Valeria Jamonte, Manuela Melissano e Carlo Cresto-Dina - che mi hanno sostenuta. Certo, non è stata una passeggiata, ho scritto la sceneggiatura, le musiche, è un progetto importante e porta il mio nome. Io amo i dettagli e la regia è un ottimo esercizio: devi curare tutto, ma anche saper comunicare con una squadra di oltre 70 persone». 

Lei però viene da una stirpe di registi: suo padre Francesco, che ha diretto fiction di successo come I Cesaroni , suo zio Stefano, alla guida del Festival di Sanremo. Ancora prima suo nonno Marco Vicario, che fu anche attore e produttore. Sua nonna, Rossana Podestà, era attrice. 
«Non ho ricevuto dei veri e propri rudimenti di regia; quello che la mia famiglia ha sempre dato a noi bambini è stata la possibilità di esprimersi e di sviluppare la propria creatività. Ho vissuto a lungo in una casa isolata nella campagna piacentina, mio padre, mia madre e gli zii ci permettevano di mettere in scena spettacoli per Natale, Pasqua o Ferragosto. Inventavamo musical, giochi al pianoforte. Questa è stata la mia vera scuola. Poi ho la fortuna di potermi confrontare con mio padre, di chiedergli consigli, e ho lavorato come attrice per dieci anni, conosco bene le dinamiche del set. Tutto questo mi ha molto aiutata con Gloria! ». 

Però non ha scelto di fare l'attrice nella sua opera prima. 
«Sarebbe stato troppo complicato. È un film molto ambizioso, in costume, non sarei stata in grado. Non escludo di farlo in futuro ma, questa volta, ho preferito rimanere al monitor. Faccio solo la controfigura di Teresa, nelle scene in cui suona la pianoforte ci sono le mie mani». 

Ha recitato con un mostro sacro come Woody Allen in To Rome with Love . Cosa ricorda di lui? 
«Ero giovanissima, avevo 22 anni. Il mio era un piccolo ruolo, il film era a episodi e ho avuto l'immensa fortuna di prendere parte a quello in cui recitava lo stesso Allen. Vederlo in azione è stato un privilegio incredibile, è unico. Ma era davvero tutto speciale: un set con una troupe di 250 persone e star del calibro di Penelope Cruz, Roberto Benigni e Alec Baldwin». 

C'era pure Greta Gerwig: oggi, con il successo di Barbie , guida una schiera di registe che sta portando sul grande schermo una nuova narrazione. Lei a chi si ispira? 
«Tra le italiane, anche se ormai ha una carriera internazionale, ammiro molto Alice Rohrwacher. Mi piacciono autrici di racconti generazionali: Phoebe Waller -Bridge o Lena Dunham. Ammiro Valérie Donzelli, Valeria Bruni Tedeschi e Nadine Lebaki. Prediligo le registe interpreti perché sono come le cantautrici. Però vede, pensando proprio a Alice Rohrwacher....»

Prego. 
«È un'artista ammirata in tutto il mondo, un'eccellenza italiana, eppure il suo La Chimera , un piccolo gioiello, non ha forse avuto una distribuzione all'altezza». 

Torniamo alla difficoltà delle donne nel riuscire a emergere in un sistema per loro più difficile. Le cose non sono del tutto cambiate rispetto al 1700 di Gloria! ? 
«Oggi ci sono tantissime interpreti e autrici, non è più una questione di rappresentanza numerica. Negli Stati Uniti sono in cima alle classifiche, ma in altri Paesi, tra cui l'Italia, non è così. C'è effettivamente un problema di sistema in cui la spinta creativa è ancora retaggio di autori, produttori e discografici uomini. Qualche tempo fa mi sono imbattuta in una ricerca sorprendente: di tutte le canzoni presentate a Sanremo negli ultimi 16 anni solo quattro erano scritte, composte e interpretate da donne, due di queste erano della mia amica Levante. La crepa non riguarda solo il mondo artistico, ma tanti altri settori. Il mio film è una fiaba, ma, da questo punto di vista, ha anche un valore politico». 

In Gloria!è molto forte il tema della sorellanza. Lei ci crede? 
«Parla di amicizia profonda, a Berlino lo hanno definito "un film sulla gioventù, sul nuovo che avanza". La suggestione mi è piaciuta moltissimo. Per me l'idea di sorellanza si può slegare dal genere, ha a che fare con la predisposizione all'ascolto e con il non voler lasciare nessuno indietro. Da ragazzina avevo solo amici maschi, forse perché ero un po' maschiaccia io, ma da adulta ho capito il valore dell'amicizia femminile e non so più farne a meno. A 16 anni vivevo l'idea dell'"amica del cuore" come una minaccia, oggi trovo sia una risorsa preziosissima, con cui cambiare e confrontarsi. Molti miei brani parlano di questo. Pincio , una delle mie canzoni preferite, è dedicata a mia cugina, una colonna della mia vita. Siamo cresciute e ci siamo trasformate insieme». 

Definirebbe anche la sua musica "ribelle" come quella di Teresa e compagne?
«Piegare il pop ai miei testi è una forma di ribellione, ma da soli non si fa niente. La musica composta negli ultimi 4 anni è frutto del sodalizio con Dade, il mio produttore, che ha lavorato con me anche nel film. Io vengo dal teatro canzone, lui mi ha aperto gli occhi su un altro tipo di sonorità e allora, proprio come un'attrice, mi sono messa un nuovo vestito. Mi piace da morire, ci vado in scena, faccio concerti, tournée. Il pop cantautorale è una forma di ribellione e resistenza verso chi ci vorrebbe tutti uguali, fatti con lo stampino». 

Tra i temi principali di Gloria! c'è la forza di cambiare le cose, di uscire dalle strade predestinate. Rompere le regole paga sempre?
 «Penso che paghi soprattutto seguire le proprie. Poi dipende sempre dal contesto, da quello che ti sei messo in testa. È comunque importante essere sempre pronti a fare un passo verso l'altro, venirsi incontro. In ambito artistico seguire i dettami altrui, a un certo punto, svuota. Il propulsore sei tu e devi fidarti del tuo istinto, della tua creatività. Le ragazze di Gloria! lo sanno». 
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13 aprile 2024