Mathieu Amalric, regista "innamorato del gesto d'immaginazione" di Stringimi forte
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Mathieu Amalric, regista "innamorato del gesto d'immaginazione" di Stringimi forte

Abbiamo intervistato telefonicamente l'artista francese, che ci ha parlato a lungo e con passione del suo nuovo lavoro da regista, Stringimi forte, che debutterà nei cinema italiani il 3 febbraio con Movies Inspired. E Amalric sarà presto in Italia anche per girare con Nanni Moretti.

Mathieu Amalric, regista "innamorato del gesto d'immaginazione" di Stringimi forte

Mathieu Amalric è senza dubbio uno dei migliori interpreti del cinema francese contemporaneo e, quando si mette dietro la macchina da presa, diventa anche uno dei suoi autori più interessanti.
Ha iniziato a girare corti negli stessi anni in cui esordiva come attore, tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, e il suo primo lungometraggio, che si intitola Mange ta soupe, è del 1997. Dopo sono arrivati anche Lo stadio di Wimbledon (tratto dal romanzo omonimo di Daniele Del Giudice) e La Chose publique.
Il primo vero grande successo dell’Amalric regista, però, è Tournée, vincitore del premio per la miglior regia e del premio FIPRESCI a Cannes nel 2010, e presentato in Italia al Torino Film Festival dello stesso anno, che racconta coi toni della commedia on the road le vicende di un impresario (lo stesso Amalric) e di una compagnia di ballerine di burlesque. Tournée lo trovate in streaming su MUBI, mentre su Prime Video c’è il successivo e non meno riuscito La camera azzurra (anche questo a Cannes e a Torino), splendido adattamento del romanzo di Georges Simenon con lo stesso titolo, mentre più complesso è recuperare Barbara, ambizioso progetto biografico sulla grande cantante francese, ancora una volta presentato a Cannes.
Anche il nuovo film di Mathieu Amalric, dell’Amalric regista, che si chiama Stringimi forte, è stato presentato a Cannes, lo scorso mese di luglio, in una sezione collaterale. E non sono stati pochi quelli che hanno parlato di un film che avrebbe meritato senza dubbio di andare in concorso, e che era uno dei migliori in assoluto del programma del festival francese. In Italia sarà nelle sale a partire dal 3 febbraio, distribuito da Movies Inspired, ed è un film che davvero vale la pena andare a vedere. Per la storia che racconta e per come questa storia è raccontata.
Protagonista del film è Vicky Krieps, l’attrice lussemburghese lanciata da Paul Thomas Anderson, che la volle a duellare con Daniel Day Lewis in Il filo nascosto. Qui interpreta il ruolo di una donna, moglie e madre, che all’inizio del film vediamo lasciare casa e famiglia all’alba, a bordo di una vecchia auto (e non una vecchia auto a caso, ma una vecchia auto molto particolare, una AMC Pacer Break del 1979), e partire per chissà dove, per una città sul mare, un bar al porto, di quelli dove si beve birra e calvados.
Una fuga, quella della protagonista di Stringimi forte, che si chiama Clarisse, ma non da quello che si pensa all’inizio: Mathieu Amalric rivela molto presto, circa al quarantesimo minuto del suo film, la verità - se così la possiamo definire, in un film che gioca costantemente sull’ambiguità di cosa sia davvero reale e cosa no - sulla fuga di Clarisse e sulla sorte di tutti i personaggi.
E siccome di questo abbiamo parlato al telefono col regista francese, una bella mattina di sole di pochi giorni fa, se non volete rivelazioni di alcun tipo non andate oltre la visione del trailer di Stringimi forte.

Stringimi forte: il trailer

"L’unico trucco a tua disposizione per far fronte alla tragedia è l’immaginazione"

Alla base dell’ambiguità del film, che riguarda anche il suo particolarissimo approccio formale, ha detto Amalric, “c’era qualcosa già presente nel testo teatrale di Claudine Galea, Je reviens de loin, che è stato scritto quindici anni fa e mai messo in scena, qualcosa di frammentato. Un testo tutto giocato su voci interiori, dialoghi, nel quale spazio e tempo sono fratturati. All’inizio sembra essere la storia di una donna che prende la macchina e lascia la famiglia ma al tempo stesso capisci che c’è altro, non sai bene cosa ma senti qualcosa”. Questo qualcosa è un grande dolore, e il dolore, ha spiegato Amalric, contribuisce a far sì che certi confini diventino incerti: “Quando vivi momenti intensamente dolorosi, ad esempio quando vivi una separazione amorosa, ti ritrovi spesso in uno stato simile al delirio, nel quale nella tua testa cambi il passato, modifichi le tue memorie, proietti te e l’altra persona nel futuro, e pensi così intensamente alla persona amata, e ti manca così tanto, che ti sembra sia nella stanza con te, addirittura a letto con te. Allora succede che per te le cose che sono reali e quelle che invece sono una proiezione della tua mente abbiano la stessa sostanza, la stessa consistenza: sono la stessa cosa, e non c’è differenza tra quello che è vero e quello che non è vero. L’unico modo, l’unico trucco a tua disposizione per far fronte alla tragedia è l’immaginazione. E io ho pensato potesse essere divertente giocare anche nel racconto del film con l’immaginazione e con l’ambiguità”.

"Fantasmi molto concreti, molto carnali"

Come risultato di questo processo teorico e pratico, Stringimi forte, specie nella sua parte iniziale, ha qualcosa del film di fantasmi. “Sì, è vero, c’è qualcosa di simile nel film, ma questi fantasmi sono molto concreti, molto carnali”, ha detto Amalric. “Pensiamo al personaggio di Arieh Worthalter, che interpreta Paul, il marito di Clarisse: la loro è una relazione molto fisica, lei pone molta enfasi sui peli del suo petto, sul suo odore, anche nel ricordo. Questa carnalità ha a che fare con una dimensione iperrealistica mirata a permettere allo spettatore di essere al fianco di Clarisse, di fare le stesse cose che fa lei: ovvero fare delle proiezioni. Noi sappiamo che quel che vediamo non è reale, che quelli non sono i suoi figli, che quei figli non sono cresciuti e diventati adolescenti, ma come lei preferiamo dimenticarlo, credere che sia la verità. Così quando la vedi da sola, nella cucina della sua casa, hai un moto di rifiuto, senti che c’è qualcosa che non va. E anche quando Clarisse viene travolta dalla realtà e dalla tragedia, preferisce continuare a rifugiarsi nella sua immaginazione, anche perché lei ha molto senso dell’umorismo, e sa come divertirsi con la sua immaginazione”.

"Volevo che il film parlasse dell’amore per la vita, e non del rispetto per la morte"

In questo mondo così complesso e astratto, oltre ai corpi di cui parlava Amalric, ci sono due elementi in particolare che, anche nell’immaginazione, continuano a garantire una connessione con la realtà fisica delle cose, e tra il mondo in cui vive Clarisse e quello in cui esistono suo marito e i suoi figli: l’auto da un lato, la casa dall’altro.
“Nel testo di Claudine Galea non c’erano riferimenti particolari a quest’auto sulla quale lei parte all’inizio della storia, e io ho dovuto trovarne una”, ha spiegato Amalric. “Per farlo mi sono messo nella testa di Clarisse, e siccome lei sta immaginando di affrontare un’avventura on the road, non pensavo che potesse utilizzare una vettura moderna. E allora ho pensato a quest’auto così particolare, che capiamo essere stata l’auto di suo marito, e soprattutto l’auto usata per il loro ultimo viaggio assieme, il viaggio in montagna prima della morte della sua famiglia. Con quella macchina così particolare, attraverso la radio, l’antenna, e le cassette, lei la usa come in un viaggio spaziale, come in un film di fantascienza, per comunicare con loro, per decidere cosa avviene. Allo stesso modo” ha proseguito Amalric, “all’inizio lei decide di andare via, di raccontare questa storia nella sua testa, perché pensa ‘se sono io che me ne sono andata allora loro sono salvi, a casa’. E quindi, se loro sono a casa, la casa ha continuato a vivere con loro, a cambiare con loro. Per questo, quando alla metà del film Clarisse deve aspettare la primavera per tornare in montagna, non può farlo in quella casa vuota, e quindi usa nuovi trucchi della sua immaginazione, va nella scuola di musica dove sua figlia studiava, e incontra una ragazza più grande e la usa per immaginare sua figlia adolescente, e lo stesso fa con un ragazzo che gioca a hockey, e così ecco che la casa non è più vuota, può continuare a vivere. È per questo che alla fine del film volevo che Clarisse lasciasse la casa, la vendesse, perché così la vita può continuare. Volevo che il film parlasse dell’amore per la vita, e non del rispetto per la morte”.

 "A volte è è meglio essere non l'autore ma lo spettatore della tua stessa storia"

Nel suo raccontare una storia che a tratti diventa insoddisfacente per la sua stessa creatrice, un’immaginazione che a tratti prende strade proprie e autonome, Stringimi forte sembra un film capace di riflettere implicitamente sul processo creativo e sul rapporto tra l’autore e la sua creazione: “È verissimo quello che dice, è proprio così,” ha confermato Mathieu Amalric. “Io scrivo tantissimo, ma quella che avevo dato alla troupe e al cast non era una vera e propria sceneggiatura, era più un generico un piano di lavorazione, sul quale avevo scritto domande, inserito foto, e dicevo ‘le cose possono andare così, o forse così, vedremo’, per condividere con tutti un percorso, un cammino. Non c’erano certezze. Ogni mattina di ogni giorno di lavorazione, davo poi a tutti quella che era stata la mia scelta per la giornata: quindi ogni giorno il film prendeva nuove direzioni, e lo stesso è accaduto al montaggio. Per esempio nella storia scritta da Claudine, e nella prima versione del mio copione, era solo alla fine che capivi che Clarisse non aveva abbandonato la famiglia, ma al montaggio ho cambiato, perché volevo che la rivelazione arrivasse prima, che il pubblico fosse più vicino al gesto d’immaginazione di Clarisse, perché io sono innamorato di quel gesto d’immaginazione. Inoltre abbiamo dovuto fare lunghe pause nella lavorazione, perché ci servivano le scene con la montagna innevata e con la montagna in primavera, e quindi abbiamo dovuto aspettare diversi mesi, e in quelle pause io ho potuto montare, e ho avuto il tempo di reagire al film come uno spettatore, e sentire che a un certo punto il fosse troppo concentrato sul dolore di una donna, e allora alla terza tornata di riprese, ho detto a Vicky Krieps di dimenticarsi del fatto che avesse perso la famiglia, ‘adesso divertiamoci’, le ho detto. E così sono arrivate le scene in cui per esempio lei flirta col passante che fa commenti sull’auto o fa cose divertenti che arrivano dopo come una reazione al troppo dolore. Altrimenti il film avrebbe avuto un unico colore, sarebbe stato troppo rispettoso della morte. E questo dimostra come a volte è meglio essere non l'autore ma lo spettatore della tua stessa storia. Ho incontrato Claudine prima di girare perché volevo essere certo che la storia non fosse vera, non fosse reale, e lei mi ha raccontato che tutto era nato da un sogno: il sogno in cui c’era la mano di una donna sulla maniglia di una porta. Claudine non sapeva se quella mano stesse aprendo o chiudendo la porta, e così ha cominciato a scrivere la storia ed è stato solo mentre la scriveva che ha scoperto quale fosse la storia. Ho provato a fare la stessa cosa, così che magari lo spettatore all’inizio possa pensare che è lei ad essere un fantasma, è che la sua famiglia fosse viva, ma poi purtroppo la tragedia arriva, una tragedia di cui abbiamo avuto sempre consapevolezza ma che abbiamo negato, come lei, l’abbiamo lasciata alle spalle, perché è insopportabile. Abbiamo cercato di lavorare in modo da dare la sensazione che tutto potesse accadere, con tanto lavoro, con tanta scrittura, non scrivi prima non funziona, non puoi improvvisare, non puoi se non hai scritto tantissimo prima”.

"Nanni è uno dei registi che mi ha plasmato"

Stringimi forte debutterà nei cinema italiani il 3 febbraio. Il 4, Mathieu Amalric sarà a a Roma per presentare il film al Nuovo Sacher, il cinema romano di Nanni Moretti, che l’ha voluto anche come attore nel suo nuovo film, Il sol dell’avvenire, che si girerà a marzo: “Sono davvero molto felice, per me è come un sogno”, ha detto Amalric riguardo questa collaborazione. “Nanni è uno dei registi che mi ha plasmato mentre ero un adolescente, mentre mi stavo appassionando al cinema, e Nanni mi ha anche fatto cambiare il modo in cui guardavo alla vita. La sua è una vera e propria filosofia. E ora è fantastico che mi abbia chiesto di avere una piccola parte del suo nuovo film, di far parte del suo mondo. E sono commosso che abbia deciso di proiettare Stringimi forte al Nuovo Sacher”.

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