«Il dottor K. si era buttato sulla lettera senza tirare la sdraio nell’ultima striscia ombreggiata, ma accorgendosi subito del suo errore era rientrato in camera a togliersi gli abiti, lavarsi le mani, sciacquarsi la faccia, sudato com’era dopo la lieve salita della via Maja presa di slancio».

Sembra Kafka, qui, ma invece è un brano dell’ultimo romanzo di Helena JaneczekIl tempo degli imprevisti” (Guanda), densa galleria di scene novecentesche, quel Ventesimo secolo che è stato in effetti una lunga serie di “imprevisti” più di altri secoli più “lenti”, più “scontati”.

Il dottor K. è in effetti – pur senza nominarlo – proprio Franz Kafka, colto qui in terapia in una misteriosa Merano come fosse una minuscola Praga, personaggio nevrotico come certuni della “Montagna incantata” di Mann. E come sa rendere, Helena Janeczek, quell’aria. E il misterioso gioco che aleggia all’ombra del grande scrittore malato.

È un libro bello, questo che vola di albero in albero, di città in città, e sta al lettore coglierne le traiettorie vaghe e persino angoscianti, giacché la tragedia novecentesca si annida dietro ogni episodio incurante della bellezza del mondo.

Così il libro inizia con la magnifica e drammatica bellezza della Milano del primo socialismo, all’incirca nei primi due decenni del secolo scorso, attraverso il bellissimo personaggio di Abigaille Zanetta, socialista massimalista, i cui gesti identificano le ansie di un intero movimento avviato verso la catastrofe anche per i suoi errori.

Dopo Milano, ecco Venezia e la storia che prende spunto dalla vita di una figura storica collaterale, Mary de Rachewiltz, figlia di Ezra Pound e della violinista Olga Rudge: sono spunti, non storia. E la Venezia di Janeczek è aerea più che reale. Ci vuole gran talento.

Ma forse la scena più bella è quella che si svolge a Trieste nel 1936, una Trieste fredda ed evanescente raccontata a schizzi ma con ritmo un po’ alla Gadda, spezzato e funambolico. Questo capitolo – che dà il titolo al libro – ruota intorno al giovane Albert O. Hirschman, futuro economista, trasferitosi da poco a Trieste con la sorella Ursula, che ha sposato il professore di italiano e storia dell’istituto magistrale (Eugenio Colorni).

Ma il vero “protagonista” è il chiacchiericcio degli avventori dei caffè di quella città magicamente adagiata su un mare gelido che s’interrogano su quel misterioso ragazzo, chiacchiere di Trieste dove «è quasi punto d’orgoglio che il decoro se lo porti via il vento». Racconti di grande stile, libro non facile, come tutti quelli carichi di ricchezza.