Quando Marilyn Monroe sfidò l'industria di Hollywood

Quando Marilyn Monroe sfidò l'industria di Hollywood

Negli anni cinquanta Marilyn Monroe denunciò la 20th Century Fox, lottò contro i ruoli di genere, portò alla luce le molestie sessuali che erano il pane quotidiano negli studios e aprì uno studio di produzione cinematografica, anticipando il femminismo degli anni sessanta e gli odierni movimenti di denuncia come il 'Me Too'

Una notte di novembre del 1954 Marilyn Monroe decise di lasciare la sua vita hollywoodiana e di fuggire a New York. Con indosso un lungo cappotto, degli occhiali scuri e una parrucca nera, l'attrice andò all'aeroporto di Los Angeles e, con lo pseudonimo di 'Zelda Zonk', prese un volo che l'avrebbe portata dall'altra parte del Paese. Monroe aveva appena interrotto la sua collaborazione con la 20th Century Fox, lo studio per il quale aveva lavorato fin dall'inizio della sua carriera e con il quale aveva un contratto in esclusiva. Era stanca di ricevere solo ruoli in cui doveva interpretare la «stupida bionda» e di vedere come il suo stipendio fosse inferiore a quello dei co-protagonisti nei suoi film. Per Gli uomini preferiscono le bionde (1953), per esempio, lo studio aveva versato a Marilyn la somma di 1.500 dollari, a fronte dei 150mila dollari guadagnati dalla sua co-protagonista, Jane Russell. L'attrice aveva così deciso di prendere in mano la sua carriera: rifiutò l'ultima sceneggiatura che lo studio le aveva inviato (un adattamento del musical The Girl in Pink Tights, in cui sarebbe apparso anche Frank Sinatra) e si trasferì nella Grande Mela.

Marilyn Monroe

Marilyn Monroe

Foto: Cordon Press

La Marilyn Monroe Productions

Stabilitasi a New York, Marilyn si liberò dal giogo che l'essere legata alla 20th Century Fox aveva significato per lei e visse uno dei periodi più felici della sua vita, come spiega Elizabeth Winder nella biografia Marilyn in Manhattan: Her Year of Joy (2017). A New York iniziò a prendere lezioni di recitazione con il noto Lee Strasberg, che tra gli altri si è occupato anche della preparazione di Marlon Brando e Paul Newman, e s'immerse completamente nella vita sociale e culturale della città. Il 7 gennaio 1955 Monroe riunì diversi amici e giornalisti a casa di Frank Delaney, il suo avvocato, per annunciare un avvenimento che nessuno si aspettava: avrebbe aperto uno studio di produzione. Associata al suo amico e fotografo Milton Greene, l'attrice fondò la Marilyn Monroe Productions: fu la seconda donna nella storia del cinema a compiere un passo come questo, dopo la star del cinema muto Mary Pickford.

Con la fondazione del suo studio, Marilyn Monroe lanciava apertamente una sfida a Hollywood

Secondo tutte le fonti, Marilyn Monroe era la creatrice intellettuale e commerciale del progetto. Ricoprì la carica di presidente e assunse il 51% della società. La carica di vicepresidente, così come il 49% restante, andò a Greene. Insieme produssero due film,Bus Stop (1956), in cui Monroe recitò nel suo primo ruolo serio, e The Prince and the Showgirl (1957), che è stato un film di successo. La creazione di Marilyn Monroe Productions fu un gesto rivoluzionario per l'attrice stessa e per il sistema all'epoca imperante a Hollywood. Al momento del lancio, Marilyn sfidò direttamente gli studios e si espresse contro le limitate aspettative della 20th Century Fox nei suoi confronti: «Non è che non voglia più fare musical o commedie. In effetti mi piace abbastanza. Ma mi piacerebbe interpretare anche ruoli drammatici», aveva affermato più volte.

Infuriati, i vertici della compagnia di Los Angeles intrapresero una battaglia legale contro l'attrice. Dal canto suo Monroe fu aspramente presa in giro dai media e dai compagni di professione per essersi messa contro lo studio e per aver preteso condizioni lavorative diverse. Dopo un anno di lettere e minacce legali, Monroe riuscì a rinegoziare il suo contratto con la compagnia.

Marilyn Monroe e Laurence Olivier in 'The Prince and the Showgirl', 1957.

Marilyn Monroe e Laurence Olivier in 'The Prince and the Showgirl', 1957.

Foto: Cordon Press

Marilyn contro la 20th Century Fox

Il nuovo accordo gli concesse una maggiore libertà creativa, così come il diritto di porre il veto sui film che non voleva realizzare. Ottenne anche uno stipendio più alto, la possibilità di poter esprimere la sua opinione sulle scene da girare e la fine del rapporto di esclusività. Le parti si accordarono anche affinché Marilyn Monroe recitasse in quattro film della compagnia nel corso dei successivi sette anni, percependo un compenso di 100mila dollari per ciascuna opera. I giornali annunciarono la vittoria di Monroe e finalmente la elogiarono, definendo lei come una «scaltra donna d'affari» e il suo traguardo come «uno dei più grandi trionfi mai raggiunti da un'attrice».

La strada tracciata da Marilyn sarebbe stata seguita da altri grandi attori come Frank Sinatra o Barbara Straisand

Nel suo libro The Girl: Marilyn Monroe, The Seven Year Itch, and the Birth of an Unlikely Feminist (2018), Michelle Morgan ha dichiarato: «Vinse una battaglia molto importante, non solo per sé stessa, ma anche per le attrici che sono venute dopo. Rifiutare un ruolo per il quale era stata assunta è stata una mossa incredibilmente coraggiosa per un'attrice in quel momento». Con il suo trionfo e la fondazione della sua società di produzione, Marilyn segnò l'inizio della fine del sistema degli studios di Hollywood e aprì la strada ad altri grandi attori come Frank Sinatra, Barbara Streisand e Paul Newman.

Marilyn Monroe nel 1957

Marilyn Monroe nel 1957

Foto: Cordon Press

Prima del 'Me Too'

Oltre a emanciparsi come attrice Marilyn Monroe fu molto critica sul modo in cui andavano le cose a Hollywood. Stufa di vedere come abusi e molestie sessuali rappresentassero la quotidianità degli studios, l'attrice denunciò questa realtà in un momento in cui la maggior parte delle donne non avrebbe osato sfidare l'industria cinematografica più importante del mondo. Nel numero di gennaio del 1953 di Motion Picture and Television Magazine Monroe pubblicò un articolo in cui, decenni prima del movimento 'Me Too', parlava apertamente della realtà sessista dietro il grande schermo, lanciando una diffusa denuncia. Nel pezzo, intitolato I lupi che ho conosciuto, l'attrice affermò: «Ci sono molti tipi di lupi. Alcuni sono sinistri, altri sono solo festaioli che cercano di ottenere qualcosa per niente, e alcuni lo trasformano in un gioco».

Uno di questi "lupi" era Henry Cohn, il cofondatore, presidente e direttore della Columbia Pictures. A quanto pare, in un'occasione, Cohn aveva invitato Marilyn a trascorrere un fine settimana con lui sul suo yacht. L'attrice rispose che sarebbe stata lieta di accettare, «per conoscere la signora Cohn». Di fronte a questa risposta, il magnate minacciò di rovinare la carriera di Monroe, indignato per il rifiuto della donna di assecondare i suoi capricci.

Marilyn Monroe sul set di 'As Young as You Feel', 1951​

Marilyn Monroe sul set di 'As Young as You Feel', 1951​

Foto: Cordon Press

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La libertà del corpo femminile

Monroe svolse anche un ruolo importante nella difesa della libertà del corpo femminile, rivendicando il diritto delle donne a mostrare il proprio corpo in autonomia. Nel 1952, mentre la sua carriera stava decollando, vennero alla luce le fotografie del calendario Golden Dreams per le quali la Monroe aveva posato nuda anni prima. Quando queste immagini furono pubblicate la 20th Century Fox fece pressioni affinché, davanti alla stampa ed al pubblico, negasse di essere la donna del calendario. Monroe, però, decise di dire la verità e, nelle dichiarazioni alla giornalista della United Press International Aline Mosby, spiegò che al momento degli scatti si trovava in ristrettezze economiche e che aveva accettato di posare per quel servizio fotografico in cambio di soldi. «Perché negarlo? Si può trovare ovunque. E poi non me ne vergogno, non ho fatto niente di male», affermò. L'onestà di Marilyn fu una delle sue carte vincenti: la sua trasparenza e allo stesso tempo la sicurezza che dimostrava le valsero l'affetto dei suoi ammiratori.

Un'icona adottata dal femminismo

Marilyn Monroe morì nel 1962, poco prima che la seconda ondata di femminismo emergesse negli Stati Uniti. Ma, nonostante non fosse entrata a far parte del movimento, l'attrice incarnò molte delle battaglie che le femministe hanno successivamente combattuto. Per questo, nel tempo, il movimento ha adottato Marilyn come icona d'avanguardia del femminismo degli anni sessanta. Da un lato, è stata usata come esempio del motivo per cui il femminismo era così necessario per combattere l'oggettivazione delle donne. Dall'altro, è stata riconosciuta come femminista per aver resistito fermamente alla pressione dell'industria cinematografica e per aver anticipato i tempi nel sottolineare le ingiustizie vissute all'interno della professione, come attrice e come donna.

Gloria Steinem ha affermato che, se fosse vissuta più a lungo, Marilyn Monroe probabilmente avrebbe aderito al movimento femminista

Gloria Steinem, giornalista e leader femminista degli anni sessanta, pubblicò Marilyn: Norma Jean (1986), un libro che racconta la vita dell'attrice in chiave femminista. Quando, nel corso di un'intervista per il canale televisivo statunitense PBS, a Steinem fu chiesto se Monroe si sarebbe unita al femminismo, se fosse stata ancora in vita, la giornalista rispose affermativamente: «Le esperienze vissute da Marilyn sono state quelle che poi il femminismo ha denunciato», affermò. Marilyn Monroe era dunque molto di più che il bel viso immortalato nei manifesti dei suoi film. Era una donna intraprendente, che difendeva i suoi diritti e lottava per la sua autonomia e per la sua libertà contro un'industria che perseverava nell'inquadrarla sempre in ruoli troppo stretti per lei.

Ritratto di Marilyn Monroe opera di Cecil Beaton.

Ritratto di Marilyn Monroe opera di Cecil Beaton.

Foto: Cordonpress

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