Margaret Qualley: 5 interpretazioni memorabili di una vintage girl - MYmovies.it
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Margaret Qualley: 5 interpretazioni memorabili di una vintage girl

Un’attrice 'disarticolata' che naviga con spigliata naturalezza da un ruolo all’altro. Al cinema nel film di Ethan Coen Drive-Away Dolls.
di Marzia Gandolfi

Margaret Qualley (Sarah Margaret Qualley) (29 anni) 23 ottobre 1994, Kalispell (Montana - USA) - Scorpione. Interpreta Jamie nel film di Ethan Coen Drive-Away Dolls.
venerdì 8 marzo 2024 - Celebrities

Ha pochi anni e una manciata di film (da protagonista) in attivo Margaret Qualley, figlia d’arte (sua madre è Andie MacDowell), del Montana (il ‘grande cielo’ degli Stati Uniti), della moda e di Tersicore. Una carriera appena avviata e arrivata dopo la danza che pratica fino ai sedici anni per tenersi forse lontana dal ‘dominio’ materno. Destinata a una carriera di ballerina classica, dove il rigore disciplina il corpo, diventa al contrario un’attrice ‘disarticolata’ che naviga con spigliata naturalezza da un ruolo all’altro. Ma la danza e la sua predisposizione alla danza restano al cuore delle sue performance e all’origine della sua carriera, perché è ancora una debuttante quando Spike Jonze la dirige in uno spot del profumo Kenzo World. Margaret compone con l’aiuto del coreografo Ryan Heffington una vera partitura artistica. Dentro un vestito verde smeraldo si abbandona a una trans dance euforizzante, provando che può fare tutto, esprimere tutto, col volto, col corpo. La danza le offrirà più tardi delle belle opportunità come la parte di Ann Reinking nella serie Fosse/Verdono di Ginger Rogers nel biopic Fred & Ginger, tra le braccia di Jamie Bell che interpreta Fred Astaire

Discreta e sempre altrove, Margaret Qualley comincia a ‘frequentare’ i grandi nomi di Hollywood e nel 2013 ottiene un piccolo ruolo nel film di Gia Coppola, Palo Alto, debuttando tra James Franco e Nat Wolff. L’avventura è cominciata e di lì a poco i film si accumulano con gli incontri. L’anno successivo integra il cast di The Leftovers, serie ‘fantastica’ di HBO che si avventura nell’animo umano catturando con gli occhi brillanti di Margaret l’innegabile malinconia dei nostri tempi. Ma è con Pussycat, sexy hippy dinoccolata, legata alla setta di Charles Manson, che il tornado Margaret travolge la critica ed entra con un finto broncio e un paio di sandali nel nostro immaginario. È sufficiente un frammento di cinema, firmato da Quentin Tarantino, per dispiegare quella malizia naturale e cinguettante intorno alla coolness di Brad Pitt. Infilate le lunghe gambe elastiche in un paio di short jeans, fa l’autostop sulla Hollywood Boulevard, mentre l’attore la guarda agitarsi al semaforo per ottenere quello che vuole, salire sulla sua Cadillac e puntellare il parabrezza coi piedi, luogo segreto e nodoso deformato dall’esercizio ostinato della danza. È subito amore, amore per Margaret che ha il pudore sensuale di Breezy, l’eroina di Clint Eastwood che innamora un William Holden fuori tempo massimo. Potremmo quasi scommetterci che è a Breezy e a quell’amore insolente, un po’ per pressioni sociali, un po’ per paura di non essere all’altezza, che deve aver pensato Tarantino coreografando l’incontro tra Margaret e Brad. Vento di primavera, che prende alla schiena come la sua hippy adolescente (C’era una volta a… Hollywood), Margaret Qualley piroetta scapigliata nei nostri occhi e lì resta come la più bella delle albe. 


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Una scena di Drive-Away Dolls.

L’alba di un’attrice, ventotto anni, che ha la qualità di Paulette Goddard in un film di Chaplin, quel côtè clownesco che infonde la gioia a personaggi che soffrono (Maid). Ma c’è di più, molto di più. Se la bellezza di sua madre era in anticipo sul cinema degli anni Novanta, Andie MacDowell componeva con la sua modernità e i suoi partner in ambasce tra i suoi ricci e la loro l’eternità, le loro bugie e videotype (Bill Murray, Gérard Depardieu, Hugh Grant, James Spader), il volto di Margaret è un precipitato di volti passati. Da The Nice Guys a C’era una volta a... Hollywood e giù fino a Drive-Away Dolls, road-trip lesbico di Ethan Coen irto di ostacoli e di criminali incompetenti, incarna la ‘figlia dei fiori’ e quegli anni Settanta che Kay Lenz (Breezy) portava tanto bene col cappello morbido di feltro e una chitarra intorno al collo.

’aura di Margaret Qualley viene direttamente dall’angolo di un boulevard dove la sua silhouette filiforme incontra il flower power e il declino della vecchia Hollywood. Al centro del desiderio di Tarantino, di Coen, di Black e di qualsiasi altro autore l’abbia assoldata per innescare il proprio film, la giovane attrice entra in campo e galvanizza lo spettatore. Anche quando è soltanto un accenno, un passaggio e di passaggio nelle Povere creature! di Yórgos Lánthimos, dove incarna come Emma Stone una donna ‘creata’ da un chirurgo vittoriano. È un ruolo secondario ma è impossibile non notarla e rivelare quelle qualità tecniche, e di nuovo tersicoree, che disegnano la sua Coppélia gotica, una ragazza con gli occhi di smalto.

È soltanto all’inizio Margaret Qualley ma appartiene già a quelle attrici capaci di ispirare un film, di suscitare un’invenzione, come da Tarantino o come nel primo Coen spaiato, di cui è insieme il nutrimento e l’essenza. Primo film di Ethan Coen, realizzato senza il fratello Joel e scritto con la moglie, Tricia Cooke, Drive-Away Dolls non cade troppo lontano dal loro corto (Don’t Mess with Texas). Margaret è il motore di questo lesbian movie di serie B, primo di un trittico on the road, che incrocia lo spirito spensierato e i criminali da strapazzo dei fratelli Coen. Margaret Qualley, accento texano e gestualità cartoonesca su fondo fluorescente, è di nuovo una giovane donna dallo spirito libero che propone alla sua rigida coinquilina Marian (Geraldine Viswanathan) un viaggio in auto fino a Tallahassee, in Florida. Un malinteso ‘alla Coen’, affittano l’auto destinata a due malviventi (C. J. Wilson e Joey Slotnick), avvia un inseguimento rocambolesco per recuperare il prezioso contenuto di una valigia rubata a un collezionista (Pedro Pascal) e poi nascosta nell’auto. Ancora una volta in versione vintage e psichedelica, l’attrice gioca a meraviglia il gioco del gatto e del topo, lungo la costa orientale degli Stati Uniti. Improntato ai codici del road movie e dei film sexploitation degli anni ‘70, Drive-Away Dolls affida a Margaret Qualley la parte del leone e lei ruggisce, tanto energica quanto verbosa nel ruolo di Jamie. La sua rapidità di esecuzione è eguagliata solo da Jennifer Jason Leigh in Mister Hula Hoop.
Ballerina, modella, attrice, musa Chanel… soffia un vento nuovo su un volto di ieri, su cui persiste l’eterno classicismo del cinema americano.


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in foto una scena di The Nice Guys.
THE NICE GUYS

Accomodata tra Russell Crowe e Ryan Gosling, duri dal cuore d’oro che cercano ripetutamente di salvare la vita al suo personaggio (Amelia Kuttner), Margaret Qualley spinge il pedale sul registro comico, attraversando la Los Angeles degli anni Settanta. Per aver osato denunciare la politica anti-ambientalistica del governo americano, sa troppe cose che non devono essere rivelate, è braccata da un’organizzazione criminale.
Dentro un vestito giallo piomba dal cielo e a piedi nudi sul cofano di due nice guys, che faranno di tutto per aiutarla. Se Crowe e Gosling sono due mastini ficcati come palme sul Sunset Boulevard, Margaret Qualley è pura energia che schiva, salta, rimbalza, cade e si rialza come un personaggio della serie Looney Tunes. Contro la tignosità di una banda di criminali, ostinati a catturarla, l’attrice incarna un’astrazione. È Beep Beep, un’utopia inafferrabile, ossessione e rovina dei cattivi, dentro i neon e lo smog di L.A. Commedia violenta di Shane Black, The Nice Guys conferma il fascino vintage di Margaret Qualley


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In foto una scena di C'era una volta... a Hollywood.
C'ERA UNA VOLTA... A HOLLYWOOD

Ode a Los Angeles, sorta dal nulla su un pezzo di deserto dopo la fine della corsa all’oro. È il suo unico patrimonio. C’era una volta a…Hollywood è una lettera d’amore a un’epoca (siamo nel 1969), a una città, agli attori e ai piedi di Margaret Qualley, ‘rimorchiata’ da Brad Pitt, sensibile al suo fascino ma rispettoso degli anni che li separano e che diventano oggetto della loro conversazione. Due scuole e due Hollywood si confrontano nell’auto di uno stuntman che ha smesso da tempo di credere nel sogno hollywoodiano. Margaret interpreta una hippy gambe lunghe, seducente e capricciosa che incassa un ‘no’ come un pugno. Mai sentimentale, la sua Pussycat è una provocazione ambulante e debordante di vita. Nel grande racconto proustiano di Tarantino, l’attrice morde il freno e ammicca a bordo strada come Claudette Colbert (Accadde una notte). Stessa insolenza, stesso desiderio di colpire al cuore il puritanesimo americano. Alimentata a cannabis, con un pizzico di LSD, Pussycat è un “California dream’ che cova qualcosa di oscuro: un groviglio di spudoratezza e gravità. La fine dell’innocenza ha il suo volto e danza all’incrocio di un boulevard, dove si arresta la flânerie californiana di un vecchio cascatore.


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In foto Margaret Qualley in Maid.
MAID

Alex ha gli occhi grandi aperti. Immobile nel suo letto, osserva il respiro del padre di sua figlia, un movimento che possa tradire ‘altro’ da un sonno profondo. Si solleva cautamente, esce dal letto e prende Maddy tra le braccia, fuggendo verso un rifugio per donne maltrattate. Perché da due anni Alex non lavora e vive isolata in un caravan in fondo al bosco e a una brutta favola. Cambio di passo per Margaret Qualley, madre single nella serie e nel dramma sulla violenza coniugale di Molly Smith Metzler. ‘Orfana’ di una madre artista hippy bipolare (Andie MacDowell) e di un padre sepolto in un passato prossimo, Alex smuove mari e monti pur di restare a galla. Lo fa con l’aiuto della sua interprete che restituisce a fior di pelle la violenza psicologica e la vulnerabilità di una madre sola. Flessibile come un giunco la sua silhouette si piega sotto i colpi della vita e di un compagno che non riuscirà a spegnere il suo sorriso e quello spirito slapstick che innamora inciampando. In versione white trash, Margaret Qualley mette a punto quella sua espressività intensa mischiata a un’ostinazione misteriosa. 


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UN ANNO CON SALINGER

Siamo a metà degli anni Novanta ma è con un mito di ieri che si confronta la protagonista di Margaret Qualley, una giovane donna che sogna di pubblicare poesie e finisce per rispondere alla posta di Salinger, che rifiuta qualsiasi contatto coi suoi lettori. A fianco di Sigourney Weaver e dentro un film québécois (che parla inglese), sbarca nella New York del ’95 per avere la sua chance. Città verticale con una grande reputazione letteraria, è la culla delle leggende e dei caffè letterari. Colletti bianchi, camicette passate all’appretto, abiti composti, contengono questa volta la sua esile figura, sempre pronta a cercare la linea di fuga. Se Sigourney Weaver è perfetta nei panni dell’inflessibile mentore, Margaret Qualley dà spessore alla determinata ingenuità e alla lucida intelligenza del suo personaggio. Di nuovo un’eroina di ieri tra la coda di cavallo e i fermagli sui capelli a tendina. Un coming of age accademico che trova il suo baricentro nella performance della sua protagonista.


UN ANNO CON SALINGER
Una scena di Stars at Noon di Claire Denis.
STARS AT NOON

Storia d’amore ambientata tra le macerie dei sogni rivoluzionari in America latina, Stars at Noon offre una sfida nuova a Margaret Qualley. Il suo personaggio, un po’ giornalista, un po’ puttana, un po’ toccante, un po’ esasperante, è sempre sull’orlo della sudorazione o della lacrimazione. Vorrebbe fuggire dal Nicaragua ma non trova i mezzi, nemmeno andando a letto con un sottotenente di cui sbaglia sistematicamente il nome. Poi arriva Daniel (Joe Alwyn), un inglese con la pelle bianca e il vestito bianco come l’innocenza, un amante tormentato e forse molto di più o molto peggio. Dice di lavorare per una compagnia petrolifera ed è subito sesso e scambio hot di saliva, sudore, denaro e altri fluidi. Ed è meravigliosamente bello, ripreso così da vicino da Claire Denis, ancora e ancora. Scapigliata e madida, Margaret assomiglia a una giovane Isabelle Adjani. Dentro un abitino corto, perde la bussola e naviga a vista in un film che assomiglia a quei thriller d’avventura esotici che Hollywood produceva quattro decenni fa. Grande regista del corpo, formalista e carnale, Claire Denis cattura le mutazioni del desiderio tra i suoi protagonisti, trasformando la nascita dei sentimenti in un evento. Meglio dei suoi colleghi, mette in primo piano l’esaltazione dell’amore e la sua ‘stella’. 


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