Marco Marsilio confermato presidente della Regione Abruzzo - la Repubblica

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Marco Marsilio, chi è il presidente rieletto in Abruzzo. L’esultanza dopo la paura: “Fallito il campo largo, ora andiamo a ballare”

Il pendolare di Giorgia Meloni ha ottenuto la conferma: “L’unica sarda che festeggia è mia moglie”. La battuta di un fedelissimo: “E pensa se era pure abruzzese”

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PESCARA — Battuta formidabile all’una e passa di notte, quando al comitato Marsilio già circolano bicchierini di prosecco: «E pensa se era pure abruzzese!». Il “pendolare di Giorgia” ce l’ha fatta. Il fortino di FdI è difeso, la premier evita una seconda débâcle, dopo la scoppola sarda. Marco Marsilio, 56enne romano del Prenestino, nato e cresciuto politicamente a Colle Oppio e fatto governatore da Giorgia Meloni nel 2019, alle due passate può finalmente brindare sul palchetto montato sotto i portici, zeppi di ras delle preferenze e militanti di Gioventù Nazionale con le bandiere: «Il campo largo non è il futuro dell’Abruzzo e nemmeno sarà il futuro dell’Italia!». Applausi, coretti. «Ve l’avevo detto: l’unica sarda che festeggia oggi è mia moglie, la sinistra l’abbiamo mandata a letto presto. È una pagina di storia». Poche parole per le telecamere e i taccuini. Oggi parlerà di più, dalla sede della Regione, a L’Aquila. «Ora possiamo andà a ballà».

Che paura, però. A via Parini, a duecento metri dal lungomare di Pescara, il primo applauso scatta a ridosso della mezzanotte. Dieci secondi netti, ma liberatori. FdI comincia a tirare un sospirone di sollievo. I televisori a 50 pollici hanno appena proiettato il secondo exit poll di Antonio Noto, sulla locale Rete8. Poi la prima proiezione: lo scarto comincia a farsi decisamente meno risicato del temuto. Anzi, rispetto alle previsioni più fosche, per la destra è quasi una vittoria in carrozza. Fabio Roscani, deputato romano eletto a L’Aquila, capo della giovanile di FdI, all’una e mezza comincia a rilassarsi. A farsi più spavaldo.

E uno: «Il campo larghissimo è servito solo a Schlein e Conte, per le loro passerelle. Gli abruzzesi hanno premiato il buongoverno!». E due: «Abbiamo difeso la bandiera di FdI». Perché questo era l’Abruzzo per via della Scrofa. La prima regione conquistata da un governatore di destra-destra, con la fiamma nel simbolo (anche se Marsilio della fiamma farebbe a meno, ha ammesso). Perché Meloni qui è «di casa», parole della premier: è stata eletta nel collegio uninominale Abruzzo 03, alla Camera dei deputati.

E una sconfitta, per la leader di FdI, sarebbe equivalsa a un «mi cacciate», come diceva a Teramo solo cinque giorni fa. «L’effetto Sardegna è stato al contrario: ha mobilitato i nostri», se la gode passeggiando nel comitato Etelwardo Sigismondi, detto Etel, che di Marsilio è stato caposegreteria in Regione e che adesso fa il senatore a Roma. É lui l’uomo macchina dei “Fratelli”, quello che ha dovuto far tornare i conti, evitare una nuova sberla politica a Meloni, come a Cagliari. Guerino Testa, l’altro parlamentare meloniano radicato in Abruzzo, intanto manda baci alle militanti incappottate che si assiepano fuori. «Sta andando tutto nel migliore dei modi». Alle tv locali nelle prime ore dopo la chiusura dei seggi viene concessa una seconda fila, un signore sui 50, che ricorda un po’ Almirante: è Stefano Cardelli, il coordinatore del partito a Pescara. «Qui la sinistra non poteva vincere: noi avevamo i carri armati delle preferenze, gente che prende 8-10mila voti personali». E i carri armati «hanno difeso il fortino» di FdI.

Per blindare la roccaforte Abruzzo, la destra è planata con dodici ministri in tutti gli angoli della regione, dall’Adriatico al Medio Sangro. Meloni e i due vice, Salvini e Tajani. Seguiti dai macchinoni delle scorte e da una batteria di annunci: i 700 milioni e passa prima sforbiciati e poi tirati fuori all’ultimo dal cilindro per la Roma-Pescara, 200 milioni «per la cultura» annunciati dal ministro Sangiuliano, perché «non possono vincere i comunisti». Anche Marsilio le ha provate tutte, quando i numeri dei sondaggi riservati iniziavano a illustrare una sfida molto più sul filo rispetto alle previsioni iniziali, con lo spettro di un bis sardo: venerdì, ultimo giorno prima del silenzio elettorale, ha riunito la giunta e ha sfornato una carrellata di delibere. Sul piatto, «quasi 150 milioni di euro da distribuire», ha calcolato il Pd. Un’ultima mano di commesse, per salvare una festa annunciata. Che Meloni non poteva annullare.

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