Delphine Valli. Nell’interstizio dell’animo, la congiunzione dell’Altrove - segnonline

Delphine Valli. Nell’interstizio dell’animo, la congiunzione dell’Altrove

Fino al 22 giugno 2023, nel distretto culturale e creativo Portuense201, all’interno dello spazio espositivo della galleria Label201 che ospita mostre di arte contemporanea e di design di artisti nazionali e internazionali, è presente l’intervento site specific Gioco ai margini dell’artista Delphine Valli, con la fotografia di Luis Do Rosario.

Portuense201 è un distretto culturale e creativo, in un piccolo borgo rurale, a nord del quartiere Portuense e alle spalle della Stazione Trastevere. Sorge all’interno del comprensorio della ex Vaccheria Riccioni, costruita intorno al 1912, e la cui attività durò fino agli anni ’50, periodo in cui l’eccessiva prossimità al centro abitativo in espansione ne decretò la chiusura. L’interesse degli eredi alla ripresa delle attività, insite allo spazio, e la loro sensibilità verso l’architettura esistente portarono all’inserimento del complesso architettonico nel contesto culturale dell’area industriale romana che comprende le zone che, dall’ex Mattatoio di Testaccio giungono fino ai Mercati generali di via Ostiense. Seguendo un progetto di valorizzazione delle aree dismesse di una Roma sospesa tra la campagna e l’industria, attualmente racchiude numerose realtà di rilievo internazionale. La struttura di Portuense201 è riconvertita in loft e studi e ospita spazi di co-working di arte, architettura, design, visual, food design, cinema e artigianato. L’architetto e direttrice di Label201, Manuela Tognoli, ha curato la rivalutazione del complesso e ha fondato il primo spazio espositivo al suo interno. Afferma che il collettivo di professionisti accolti è lo specchio di una realtà molto attiva e in continuo fermento. L’intervento site-specific Gioco ai margini di Delphine Valli trae una silente intesa nell’inatteso rapporto ossimorico, ingenerato tra il richiamo al passato, esibito dagli strati di pittura sovrapposti sulle pareti nel tempo, e dai materiali e dalle superfici contemporanee, annodandosi con la filosofia ricercata in Label201 che intende far interagire materiali e colori con l’estetica afferente al lavoro espositivo. Il suo genius loci è sollecitato, così, a una collazione atipica. L’elemento metallico delle aste, ricoperte con la vernice monocroma giallo fluo, era stato esposto nella sua personale Climax, a cura di Claudio Libero Pisano, nel 2019, ad AlbumArte. Nelle parole del curatore, l’opera aveva già anzitempo, in nuce, il valore installativo librato recentemente nello spazio: interventi dalle forme lievi e apparentemente inconsistenti restituiscono uno sguardo diverso sulle forme prestabilite e suggeriscono una via di uscita al già definito.

L’artista, vincitrice dell’Italian Council della X edizione 2021, Grant di ricerca con Residenza estera, inizialmente ad Algeri, e di una Borsa di ricerca dell’Institut Français Alger, con residenza alla MaisonDAR, ad Algeri 2022, ha maturato successivamente- con Cristina Cobianchi di AlbumArte, partner culturale del progetto – la scelta di spostare la Residenza in Marocco. Asserisce: La sensazione che avevo era di vivere un’ipnosi generale, in un mondo che necessita davvero di un cambio di paradigma, di valori, di priorità. Il lavoro della Residenza, durato due mesi e mezzo, è metafora di un suo percorso esistenziale e vincolato al lavoro che la stava riportando al suo vissuto in Maghreb. Ha avviato un percorso di disamina verso l’amnesia, caratteristica dell’infanzia, che non permette una totale affermazione del Sé nel presente, fuorché non si attui un processo di ri-assimilazione del proprio passato. Il ritorno si è realizzato nello spazio culturale multidisciplinare LE 18, Marrakech. Come si è profilato, nello scambio dialogico con Melania Rossi, impegnata nel supporto curatoriale del progetto, l’artista sostiene che, nella sua ricerca, affiori un ricongiungimento con la cultura tradizionale islamica che, inconsapevolmente, ha plasmato la mia sensibilità e influenzato il mio lavoro. … si stava imponendo, sia per il mio lavoro artistico, che per la mia stessa esistenza. L’arte è luogo di straniamento che muove verso il rimosso e trasforma l’invisibile in un flusso di pensieri e di sensazioni, in grado di dar forma a uno stato di una vergine identità.

Valicando la soglia di Label201, l’installazione è fulgido interstizio che si staglia nell’ombra dell’ambiente interno, vestigio di un concretizzarsi di rette luminose, affiorate dall’incontro dei raggi di luce esterni con le geometrie in gesso e scotch di carta delle vetrate delle finestre. L’indotta prospettiva centrale che trae origine dall’ingresso ed è nutrita dall’arco, componente architettonica notabile nella cultura orientale e occidentale, è infranta dalla collocazione simultanea del volume sottile dell’installazione che ne destruttura il concetto di assimilazione come spazio, spingendo il pensiero a rintracciare quell’assunto di Erwin Panofsky, secondo il quale la prospettiva si configura come costruzione dello stesso. Per converso, non è data esserci la presenza di un orizzonte a priori, il quale sorge nell’occhio dell’osservatore e non può essere distinto dai suoi sensi interni. Gioco ai margini, ne individua un’alterazione e reca a un’accettazione di “quel segno intellegibile che può dar senso al tutto”.

Partendo dalle deformazioni anamorfiche lacaniane, si era già avviata un’omissione dello sguardo e del punto prospettico, il soggetto della visione che, come sostiene Sartre, è nullificato dallo sguardo stesso. Lo “sportello di Dürer” si annulla e cade il nesso con il percipiens, attraverso l’anamorfosi del perceptum che ne evidenzia la scissione. Segue una contemporanea Scienza delle culture che esamina una cultura, sulla base di tutte le altre, giungendo a una filosofia dell’apertura che rompe l’hóros tradizionale e si nutre di uno scambio a-geografico e funzionale al tessuto antropologico che ci individua come proprio portato. La trazione di luce è scioglimento dell’oblio e apertura della memoria rigermogliata con l’approdo nei luoghi d’infanzia, come canale di energia per “essere” nel proprio presente. È coscienza risvegliata nella penombra. Il quadrilatero dello sbattimento è sintesi immateriale e intangibile di un confine spaziale, teso a dissolversi e recuperato, tramite l’ombra portata cagionata dalla traiettoria luminosa e dalla sua organizzazione impressa nell’ambiente. I fisici Peter James Lu e Paul Joseph Steinhardt avevano analizzato gli schemi ornamentali prodotti dall’architettura islamica medievale. Quello dell’artista è un richiamo derivato dalla struttura dello zellige. Nel giallo dimorano nuove energie e un interesse ri-seminato nei confronti dell’esistenza e del mondo esterno. Il volume leggero e liricamente sospeso, e nel contempo dotato di una solida fisicità del materiale dalla configurazione elementare, si articola in un equilibrio apparentemente precario che ne evidenzia la tensione di gravità: il metallo disegna nel vuoto una traiettoria di notevole levità.

La coesione si esplicita nella decorazione delle vetrate del tipo girih, in cui la fitta trama di linee e di traiettorie di luce depura l’occhio da ogni impressione fisica. La geometria romboidale ricorda i motivi della scalinata di LE 18 e le sovrapposizioni del materiale creano il diffuso tema della stella. L’utilizzo del gesso ricorda le decorazioni della pratica musulmana che lo stile mudéjar adottò, secondo una tradizione di origine persiana. L’Horror vacui ha portato, nel tempo, alla realizzazione di proporzionati schemi compositivi. Il secondo volto prodotto dal loro negativo è soluzione formale, in un percorso conseguito, che si pone come via e non come meta. La stretta griglia crea disegni lineari. Sulla soglia si delinea una grata che non consente il passaggio allo sguardo, bensì alla luce, rovesciando la direzione tra il dentro e il fuori. La luce interna è più astratta e pura, rispetto all’esterno. La barriera la libera nel riverbero della riflessione, come confermano gli esperimenti condotti da Alhazen nella camera oscura, attuando una ri-enucleazione alla sua stessa essenza. Lo schermo determina una vera e propria scenografia luminosa: la luce che penetra dalla finestra scuote i profili lungo le pareti e la pavimentazione, elaborando angoli sempre rinnovati e rifrazioni mutevoli. L’involgimento si proietta nell’area intima, ove non entra lo sguardo esterno ma in cui la luce, nell’euritmia del susseguirsi delle ore, fa la sua “apparizione come forza cosmica”. Per Fathy, modernista dell’architettura egiziana, ogni cultura è dotata di una reazione dell’uomo al proprio ambiente e … il nostro scambio di sguardi tra la mashrabiyya e la forma della finestra in Occidente, può solo avere la funzione di capire meglio entrambe le culture nella loro specificità. Nel transito mono-bidirezionale, si tratteggia la soglia come quesito estremo su un limen permeabile, in cui la finitezza si disgrega per ripensare verosimili direzioni, e in cui la co-presenza del prima invita alla desiderabilità del dopo. Il suo apice è quella giuntura dicotomica, scissa fra due istanti, in cui ogni congettura non si conferma esser più la medesima. Per Belting lo spazio prospettico è prodotto soltanto nello sguardo e per lo sguardo, in quanto esiste esclusivamente su una superficie che di per sé non è spazio e non ha spazio. L’opera della nostra si appropria di un approccio puramente corporeo, rintracciando la consequenzialità tra le forme incorporee che si manifestano nella medesima densità ariosa di un’area adepta per le sue caratteristiche connaturate e limitrofe.

La narrazione della storia dell’opera, a partire dal concepimento fino al suo allestimento, è cristallizzata dalla fotografia di Luis Do Rosario. Si immette nel suo progetto di documentazione dell’arte italiana e internazionale che nasce dalla volontà di essere testimone diretto, attraverso il dialogo e l’interazione con gli artisti contemporanei, originando una testimonianza critica della società. L’occhio del fotografo si fa canale di studio sulla nascita e sull’osservazione più profonda del lavoro. I due pannelli di vetro si imprimono nella memoria come traccia di una differenziazione tra la loro presenza non attuale nella realtà e la seguente rappresentazione mentale-interna, fissata attraverso la fotografia come scrittura di luce, e contenuta nel dépliant della mostra. L’ingombro, non necessario, cede il posto a una nuova zona di luce, e si pone in relazione con quell’interstizio che, ri-disegnando il circostante, si libera dal peso del recondito per rigenerate implicazioni.

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DELPHINE VALLI | Gioco ai Margini

Fotografia Luis Do Rosario

fino al 22 giugno 2023

LABEL201– Via Portuense 201 – Roma

Durata Intervento: dal 20 maggio – al 22 giugno 2023

Orari: dal lunedì alla domenica su appuntamento

T. 347 8284635 info@portuense201.com

immagine in copertina: DELPHINE VALLI | Gioco ai Margini, Portuense 201, ph. Luis Do Rosario