Luchino Visconti nacque il 2 novembre del 1906. La nascita nel giorno dei morti, secondo lui, era la rappresentazione unica e palese del suo spirito fortemente contraddittorio e ribelle. Era il quarto di sette fratelli: suo padre, era Giuseppe Visconti di Modrone, duca, la cui stirpe aristocratica era legata alla indissolubilmente alla storia della città di Milano. Sua madre si chiamava Carla Erba e proveniva da una famiglia che possedeva la nota azienda farmaceutica e il matrimonio tra Giuseppe e Carla, all’epoca, fu clamoroso. Luchino visse la sua infanzia tra dimore lussuose. La sua era una famiglia molto colta poiché i suoi genitori er ano cultori di tutte le arti. Possedevano un palco alla Scala e ospitavano uomini di cultura nelle loro dimore.

Da giovane Luchino studiò musica e imparò a suonare diversi strumenti. Nonostante la mondanità, il clima in casa era abbastanza austero e il regista venne educato a una disciplina molto ferrea. Si sentiva parecchio insoddisfatto e, per fuggire dai dettami familiari, decise di andarsene per sperimentare da solo i vari sentieri che la vita aveva da offrirgli.

Il viaggio in Francia

Luchino Visconti apparteneva a una delle famiglie più importanti d’Italia, con tradizioni secolari. Probabilmente, era destinato a fare la vita di un ricco signore. Ma Milano era diventata per lui troppo piccola. Invece, dopo un viaggio in Francia, la sua esistenza cambiò. Erano gli anni ’30: gli rimase il senso aristocratico e raffinato, ma si fecero strada in lui due passioni: quella per il cinema e quella per la politica.

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Archivio Cameraphoto Epoche//Getty Images

Lì entrò in contatto con un mondo di intellettuali. In particolare, con una coalizione politica che contro il fascismo e la guerra aveva unificato i contadini, gli operai e la piccola borghesia cittadina. In questo contesto, di fondamentale importanza fu l’incontro di Visconti con il cineasta Jean Renoir, tipica espressione culturale del fronte popolare. Da lui apprenderà l’importanza del dettaglio e la poesia delle piccole cose.

La sua vita sentimentale e gli esordi al cinema

In un contesto così anticonformista, Visconti si dichiarò omosessuale. Nonostante l'epoca, nel contesto in cui viveva essere omosessuale non provocava scandalo, nemmeno in un’epoca in cui si preferiva nascondersi. Visconti certo non ostentava la sua vita sentimentale, ma non ne faceva neanche mistero. L’amicizia con il fotografo Paul Horst lo porterà dalla relazione con Zeffirelli fino ad arrivare a Berger.

Soltanto nel ’39 tornò in Italia. Dopo la dolorosa perdita della madre, si stabilì a Roma, nella casa di via Salaria. Proprio nella Capitale, a 35 anni inaugurò il progetto di Ossessione, ispirato ad un romanzo di James Ken. Il film raccontava un fatto di cronaca nera e fu autofinanziato, quasi interamente, da lui stesso. Con Ossessione, il regista riuscì a aprire quella verità che era nascosta agli occhi degli italiani. Il film venne sequestrato dalle autorità perché presenti anche scene di sesso. Venne inaugurato il neorealismo.

Visconti fu molto attivo anche politicamente. Entrò, infatti, a far parte dei partigiani. Visconti partecipò alla vita dei 45 giorni badogliani, schierandosi su una sponda ben precisa. Ciò gli costò il carcere. Nel dopoguerra, pur conducendo una vita principesca, con abitudini aristocratiche, a livello pubblico incarnò la figura dell’intellettuale progressista vicino al partito comunista. Nel 1947, il partito comunista gli propose di girare un documentario sul Meridione. Partito come un documentario, La Terra Trema, utilizzò degli attori non protagonisti che parlavano in dialetto. Il paese dove venne girato fu Acitrezza, terra dei Malavoglia di Verga. Per portare al termine il documentario, vendette i gioielli di famiglia perché a causa della crisi, non c’erano soldi. Poi, intervenne Franco D’Angeli con la sua casa di produzione Universalia. Presentato a Venezia nel ’48, non riscosse successo al botteghino. Tanto da far tornare Visconti a lavorare in teatro.

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REPORTERS ASSOCIES//Getty Images

Soltanto nel 1951, con Zavattini, tornò dietro la macchina da presa per Bellissima, storia di una donna che voleva fortemente che la figlia potesse intraprendere la strada della fama. Protagonista del film: Anna Magnani. Una pellicola che venne definita aspra e crudele.

L’instancabile Visconti, poi, sbarcò nel teatro musicale, con la regia dell’opera lirica. Ecco che si trovò a dirigere Maria Callas. Tornò al cinema nel ’54 con Senso, che ha delle inquadrature iniziali memorabili per il melodramma italiano. Il film venne boicottato perché diffamatorio delle istituzioni italiane. Seguì la pellicola di bruciante attualità Rocco e i suoi fratelli. I protagonisti si amano e si odiano con una crudeltà senza pari. Accusato di oscenità e violenza, passerà come uno dei film più perseguitati dalla censura ma al botteghino, registrò un grandioso successo.

Nel ’63 diresse il Gattopardo, su una partitura inedita di Verdi. Ambientato nella Sicilia borbonica, è stato un salto nel tempo, con tutti gli elementi ricostruiti, come se ci si dovesse vivere: dai piatti alle tende. Perché Visconti voleva che i personaggi potessero davvero rivivere quell’epoca.

Nella primavera del 1970, Luchino Visconti, all’età di 63 anni, reduce dal suo ultimo successo cinematografico, La Caduta degli Dei, decise di intraprendere un viaggio nell’Europa del Nord. Il viaggio era finalizzato alla ricerca del protagonista del suo prossimo film. Un’energia inesauribile la sua. Al termine del viaggio trovò il giovane interprete che avrebbe dovuto vestire i panni di Tazio in Morte a Venezia. Le immagini del film sembrerebbero quasi da ascoltare e la musica da vedere. Visconti realizzò il sogno di portare uno degli autori che aveva sempre amato, Mann, sul grande schermo.

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Archivio Cameraphoto Epoche//Getty Images

Verso il decadimento: dove è sepolto il regista?

Nel 27 luglio del 1972 Luchino Visconti venne colpito da una trombosi dopo le riprese di Ludvig, un film di 5 ore. Benché rimase semi paralizzato, non si arrese alla malattia. Nel 1973 tornò in teatro con Tanto Tempo fa. Per la sua ultima regia lirica, scelse un’opera che era una lettura decadente del ‘700. Era il 1973 e l’opera era di Puccini: Manon Lescaut. La storia d’amore e di morte costituisce per il regista, ormai provato dalla malattia, è l’occasione per riflettere sul suo decadimento fisico, sulla malattia e sulla morte. Gruppo di Famiglia in un interno, fu diretto da lui ormai quasi menomato. Il film venne diretto in un’unica stanza con la voglia, da parte di Visconti, di non mostrarsi sofferente.

Il suo ultimo film, però, fu L’Innocente, tratto da un romanzo di Gabriele D’Annunzio (il doppiaggio è ancora in corso). Mentre pensava ad altri film, le sue condizioni di salute si aggravarono, portandolo alla morte a 69 anni. Era il 17 marzo 1976. Ai suoi funerali partecipò anche chi lo aveva osteggiato in vita.

Dove è sepolto il regista? Sin dal 2005, in un bosco a picco sul mare, ad Ischia, le ceneri di Luchino Visconti sono poste a Forio ne La Colombaia, quella che fu la sua residenza estiva per 20 anni. Con lui, le ceneri della sorella Uberta. Le sue volontà vennero confidate ad alcuni amici ischitani. L’artista, infatti, non avrebbe voluto essere sepolto a Milano, al cimitero monumentale. Nella villa è custodito il suo celebre pensatoio, in un misto tra arte e poesia. Il parco de La Colombaia, meta di tanti visitatori, può essere visitato tutti i giorni da aprile a novembre.

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