Luca Calvani: Intervista per film Il cacio con le pere - The Wom
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Luca Calvani: “Cos’è che mi renderà felice oggi?” – Intervista esclusiva

luca calvani
Luca Calvani esordisce alla regia con il film Il cacio con le pere, una commedia dai risvolti sentimentali di cui è anche sceneggiatore e regista. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista esclusiva a tutto tondo, in cui sfera professionale e personale si mischiano fornendo il ritratto di un uomo moderno che non ha paura di essere se stesso.

Che giri fanno due vite è ciò che si chiede Marco Mengoni nella sua canzone ma una risposta potrebbe fornircela Luca Calvani, che di vite ne ha veramente vissute due prima di raggiungere un suo punto di equilibrio. La prima vita di Luca Calvani comincia a 19 anni quando dalla sua Toscana parte alla volta degli Stati Uniti per studiare come attore e affermarsi. La seconda, oggi, a un passo dai cinquant’anni, con un film in uscita, Il cacio con le pere, di cui è protagonista, regista e sceneggiatore, e un programma tv di cui è giudice, Cortesie per gli ospiti.

Ne è passato di tempo da quando Luca Calvani vinceva un’edizione del reality L’Isola dei Famosi, condotta da Simona Ventura, o interpretava l’antagonista di Operazione U.N.C.L.E. di Guy Ritchie, affiancato da attori come Henry Cavill, Armie Hammer, Alicia Vikander ed Elizabeth Debicki. Per non parlare di quando, per l’invidia di chissà quanti, appariva in Sex & the City o in Beautiful. Ma, nonostante gli anni, qualcosa di Luca Calvani è rimasta sempre uguale: il garbo.

Ed è il garbo che fa da sfondo anche a Il cacio con le pere, in cui dirige se stesso, Francesco Ciampi, Anna Safroncik, Marta Zoffoli, Elena Di Cioccio, Giusi Merli, Gianluca Gori, Alessandra Costanzo, Piotr Adamczyk e Geppi Cucciari, raccontando la storia di un attore che ritrova le sue origini, la sua famiglia e la sua vera essenza dopo più di vent’anni di assenza dalla sua terra natale.

Prodotto da Gate 99 Films e IOK-1 Production, Il cacio con le pere è una commedia corale, fresca e piacevole, che affascina e conquista sin dalla prima scena. I sentimenti fanno da trait d’union a una storia che ci invita a riflettere su come le nostre strade possano prendere strade differenti per poi ritornare lì da dove siamo partiti, con uno sguardo e una prospettiva nuovi.

Luca Calvani (Foto: Serena Gallorini; Styling: Sara Pellegrini)
Luca Calvani (Foto: Serena Gallorini; Styling: Sara Pellegrini)

Intervista esclusiva a Luca Calvani

“Ho fatto il mio primo film da regista e subito dopo il mondo, a causa del CoVid, ha chiuso per tre anni. E, quindi, questo film chi lo vede? mi sono chiesto. Tanta gente, da quando sono entrato nel mondo dei talent televisivi, non si ricorda nemmeno che facevo l’attore: vivo come in una bolla!”. Inizia così la nostra intervista a Luca Calvani, regista, sceneggiatore e protagonista del film Il cacio con le pere, in uscita al cinema il 9 marzo distribuito da BackLight.

“Ho lavorato molto di più all’estero che in Italia. Il cacio con le pereè stato un traguardo per me, forse anche inatteso: ci ho messo dieci anni per farlo”, aggiunge. “E ti è venuto parecchio bene”, replico sin da subito mentre Luca, raggiunto nel suo casolare in Toscana, è impegnato con i preparativi di un pranzo importante.

“Era un progetto tenuto a lungo nel cassetto per molto tempo e ho combattuto con tutto me stesso affinché uscisse al cinema, con tutto ciò che comporta, anche il confrontarsi con chi vede film pazzeschi dalla mattina alla sera come chi fa il tuo lavoro. È bello sapere che ne cogliete la semplicità ma anche la dolcezza”.

Guardando Il cacio con le pere, ho pensato sin da subito che fosse una storia per te molto personale, dal momento che contiene particolari che riecheggiano anche il tuo percorso di vita. Partirei dal finale: chi è nonna Ciona, la persona a cui il film è dedicato?

Tutti i film che scrivi hanno sempre qualcosa di personale. Nonna Ciona non era in realtà mia nonna ma quella del produttore, Riccardo: il film è dedicato a lei perché è morta all’improvviso durante i primi giorni di riprese. Probabilmente io l’avrei dedicato alla mia mamma, la nonna che mia figlia non ha mai conosciuto. Anche lassù, dagli spalti in alto, ci sarà un bel pubblico che guarderà il film: mia madre e mio padre, ad esempio, persi quando avevo rispettivamente venti e ventisette anni.

Sono andati via entrambi molto presto. Credo che questo abbia un po’ segnato il mio percorso: quello che succede finisce col fortificarti in qualche modo. È stato abbastanza complicato ma sono convinto che l’esperienza molto forte dell’assenza di mia madre mi abbia reso chi sono oggi. Mia madre è morta all’improvviso, un martedì, cadendo da una scala: una cosa del genere ti mette davanti al fatto che non c’è più tempo da perdere per fare ciò che vuoi davvero, per chiedere scusa o per dire basta.

Per questo ho sempre voluto vivere in armonia: abbiamo poche certezze ma siamo perlomeno consapevoli di come ci comportiamo con le persone che abbiamo intorno. Quando si tratta di dare, preferisco sempre essere io quello che ha dato di più.

Ricordi ancora il giorno: martedì…

Certi eventi rimangono impressi per sempre e ti segnano. Per questo, dico spesso che la vita nel bene o nel male è quella che succede un martedì in cui perdi tua madre o un mercoledì in cui ti squilla il telefono e dall’altro lato che Guy Ritchie che ti vuole a Londra per interpretare l’antagonista del suo film. Ciò mi ha insegnato che bisogna prendersi meno sul serio: se hai subito un torto o provi rabbia, prima o poi devi mollare la presa. Non riesco ad essere arrabbiato con qualcuno tanto che, anche dopo tempo, prendo il telefono e chiamo per primo: non mi piace avere macigni o sassolini da parte.

Forse è anche il motivo per cui ho scritto Il cacio con le pere, la storia dell’enorme macigno che due fratelli si portano nel cuore: è stato un modo per esorcizzare un certo tipo di comportamento. Fred e Fosco non si vedono da vent’anni: quante volte per orgoglio o per paura non torniamo sui nostri passi e ci perdiamo intere parti di vita delle persone togliendole dal nostro giro?

Luca Calvani (Foto: Serena Gallorini; Styling: Sara Pellegrini)
Luca Calvani (Foto: Serena Gallorini; Styling: Sara Pellegrini)

Nel film intravedo anche molto altro di personale. Anche tu come Fred sei un attore e, come lui, dopo dei giri immensi sei tornato a vivere nella campagna toscana, tua terra di origine.

Più che biografico direi che è stato profetico. Quando ho scritto Il cacio con le pere, non sapevo nemmeno cosa stesse per diventare la mia vita. È come se fosse stato il trailer che mi anticipava cosa di simile mi sarebbe accaduto.

E come Fred anche tu hai un fratello, Marco. Non lavora in un supermercato come Fosco ma è un attore e regista.

Mio fratello Marco è un regista quotatissimo: è lui il critico di cui temevo maggiormente il giudizio. Siamo diversi ma usiamo gli stessi colori: le matite, in fondo, sono quelle.

Che è un po’ quello che si racconta anche nel film: Fred e Fosco alla fine sono molto simili tra di loro nonostante le divergenze. Sono, come il loro cognome, Ruspanti.

Il cognome viene dalla definizione di me che ha dato un regista romano molto talentuoso, Luciano Melchionna. Mi disse: “Fai il fighetto, il piacione, ma in realtà sei proprio ruspante: il tuo animo è quello di un contadinotto toscano ruspante”. Mi è rimasta impressa come frase e ho sempre pensato che fosse una qualità che prima o poi avrei dovuto far uscire fuori. Ho dato allora al mio protagonista un nome d’arte, Fred, per coprire le radici fortemente toscane del suo Frediano, un nome di cui all’inizio si vergogna. Finirà per dire invece “Sono Frediano Ruspanti e questa è la mia terra”: è il suo modo di reclamare ciò che è sempre stato e il suo legame con il territorio d’origine.

Era anche il mio modo per chiudere il cerchio. Sono molto attento quando scrivo: voglio sempre chiudere gli sportelli che apro mentre Francesco Ciampi, cosceneggiatore e coprotagonista del film, è uno che tende a riaprirli tutti. Non riesco a lasciare situazioni, personaggi o frasi incompiute: è un po’ una mia ossessione.

A proposito di chiusura, Il cacio con le pere a un certo punto sembra terminare tragicamente. Partono i titoli di coda ma una voce fuori campo rimescola le carte e fa ripartire la storia. A cosa si deve tale scelta?

Volevo un po’ cambiare la partitura e le aspettative. Ci si aspettava una commedia in toscano sulle corde di Pieraccioni, uno che ha fatto scuola nel genere. Io invece volevo che la storia andasse leggermente da un’altra parte e ho voluto calcare la mano in quella parte del film: le musiche, il ritmo del montaggio e le luci vanno in direzione diversa.

Il poster del film Il cacio con le pere.
Il poster del film Il cacio con le pere.

Protagonista del film come attore ma anche sceneggiatore e regista. Detto tra noi, chi te l’ha fatto fare?

È stata proprio una follia. Non era previsto che lo interpretassi, ho provato a suggerire di prendere uno bravo per interpretare Fred, un attore famoso che torna al suo paesello. Ma mi hanno cassato tutti l’idea e mi sono ritrovato a dividermi tra i vari ruoli. Il lavoro di regista ha comportato momenti più o meno belli: a me piace tantissimo lavorare con gli attori, istruirli e vederli costruire il personaggio secondo le mie indicazioni. Ma è stato molto frustrante stare davanti al monitor: non vivi alcune delle cose che accadono mentre è bellissimo togliersi le cuffie e tuffarsi a giocare con i tuoi amici.

Pur senza paracadute, è stata un’esperienza bellissima. A oggi non credo di aver trovato un take, come si vede anche nelle papere alla fine del film, in cui non rido.

Giocare con gli amici. E sono tanti gli amici che hanno creduto nel film Il cacio con le pere, da Geppi Cucciari a Anna Safroncik, da Giusi Merli a Gianluca Gori.

Ancora non ci credo: è stata una grande soddisfazione vedere venir tutti quelli che ho voluto e ho sentito per telefono. E chi non ha potuto esserci per altri motivi ha voluto comunque comparire: penso a Camilla Filippi, ad esempio. Doveva in un primo momento interpretare Monica, il personaggio poi andato a Marta Zoffoli, ma, quando è saltato tutto, ha portato se stessa nella scena in cui Fred fa un provino a distanza. Così come ha portato se stesso anche il regista Stefano Lodovichi.

Cosa li ha convinti secondo te?

Il caso umano che chiamava (ride, ndr). Mi piacerebbe pensare che li abbia convinti il copione: era divertente, si leggeva bene ed era ben scritto. Anche perché è tramite il copione, la sceneggiatura, che abbiamo venduto il film. Mi son giocato un po’ anche la carta dell’amicizia: conoscevo Gianluca da tanti anni (da ancora prima che ci fosse l’exploit della sua Drusilla, così come conoscevo Geppi da più di dieci anni.

E poi la storia è carina, piacevole, mai volgare: sono stato molto attento che non ci fossero parolacce. A pronunciare l’unica è Giusi Merli! Il cacio con le pere è un film di valori raccontati con dolcezza e delicatezza: ho voluto che non fosse mai sopra le righe. È piacevole, leggero, garbato (sorride, ndr)…

Il cacio con le pere: Le foto del film

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Perché sorridi al “garbato”?

Sin da quando ero adolescente, sono considerato quello bravo e garbato, quello che andava a chiedere alle mamme di far uscire le ragazze non noi…

E non ti dà fastidio tale connotazione? Vuol dire anche “non pericoloso”…

Sono sempre stato quello non pericoloso. Nei film o nelle fiction in cui ho recitato penso di averla sempre “scaldata” a tutti. Ho sempre interpretato l’altro e mai il protagonista: chissà forse è una mia prerogativa… io non credo però di essere così poco pericoloso: ho anch’io le mie frecce nell’arco ma forse sono più rassicurante, ho la faccia da bravo ragazzo. Io penso di essere fondamentalmente buono, lo spero almeno, anche so i miei bei lati gotici da artista: mi faccio domande in continuazione.

Qual è la domanda che ti fai più spesso?

Cos’è che mi renderà felice oggi: la risposta cambia tutti i giorni. Mi chiedo se sono migliore oggi di ieri ed è il minimo che tutti noi possa chiedersi. Non sempre la risposta è affermativa, dovreste chiederlo a chi mi sopporta in questi giorni!

Beh, se volesse parlare con noi, potremmo ascoltarlo…

Ma non vede l’ora, non aspetta altro: “mi raccomando, alle anteprime voglio il posto dietro di te!”.

Il riferimento è al tuo compagno. Hai pubblicato quest’estate un post su Instagram in cui ufficializzavi la vostra relazione in maniera molto naturale, senza bisogno di ulteriori proclami o interviste in esclusiva da rilasciare alla trasmissione di gossip di turno.

Ho pensato che quello fosse il momento giusto per farlo. La nostra relazione va avanti da tanti anni e non l’ho mai nascosta a tutte le persone che mi stanno intorno. È nata in un periodo in cui ero assente dalla televisione e mi sembrava anche assurdo uscire dall’oblio per fare una conferenza stampa e annunciarla al mondo intero: lo ritenevo inadeguato e fuori luogo.

Quando sono tornato in tv su Real Time con Cortesie per gli ospiti, sul web continuavo ad uscire articoli clickbait sulla mia vita privata, non fondati su nessuna intervista o dichiarazione recente. Ho allora fatto un post sui social in cui ho voluto, nel rispetto di tutte le persone coinvolte, raccontare una cosa bella: quelle due poltrone, regalo di Alessandro per il nostro sesto anniversario, sono ancora lì…

Io e Alessandro stiamo insieme da sei anni e mezzo. Non abbiamo mai nascosto il nostro legame: bastava guardare i post per il suo compleanno a febbraio, solo un cieco non lo avrebbe capito.

Nel film Il cacio con pere, Fred scopre di avere una figlia, che si chiama come la tua, Bianca.

Non è una scelta casuale. Ho scritto anche un’altra sceneggiatura in cui è presente un’altra Bianca. La ragione è in qualche modo legata al cinema: il primo film che mi ha fatto innamorare del cinema di un certo livello è stato La casa degli spiriti, in cui Winona Ryder interpreta un personaggio che si chiama Blanca. Anche in quel film si raccontavano relazioni tra generazioni… Nel monologo del personaggio di Monica racconto tanto il mio rapporto con mia figlia e la sensazione che mi dà la paternità: i figli hanno la straordinaria capacità di dire delle cose che ci annientano, nel bene o nel male.

La mia l’altro giorno mi detto che vuole fare l’attrice… ma non come me ma l’attrice “seria” come lo zio Marco. “Grazie, amore mio, per la considerazione che hai di tuo padre”, le ho risposto. Ma so che mi vuol bene e che mi stima. Mi commuove il suo modo di guardarmi, anche se alle volte è capace di dirmi cose che mi tagliano le gambe come un coltello caldo sul burro! A quel punto, ringrazi, incassi e dici anche “scusa se ti ho cresciuta per 14 anni!” (ride, ndr).

Fred è un personaggio eterosessuale. Una delle polemiche che spesso leggiamo è legata agli attori eterosessuali che interpretano ruoli lgbtqia+. Tu in qualche modo ribalti la situazione.

Questo aspetto è stato un po’ pernicioso. Credo che come attore chiunque debba cimentarsi nell’altro: non è che per interpretare un assassino devi essere un killer, no? L’importante è che l’attore sia in grado di emozionarti e di raccontarti una storia al di là del con chi vada a letto: contano l’interpretazione e la bravura.

La challenge per gli omosessuali è semmai data dal trovare tutti i giorni nuovi modi per raccontarsi e per raccontare la propria umanità, pari a tutte le altre, senza bisogno di ghettizzarsi. Io non voglio vivere in un Paese in cui la gente non può più dire certe cose o un comico non ha la libertà di esprimersi. Ognuno deve essere lasciato libero di essere creativo a modo proprio per far ridere, pensare o commuovere tutti.

Quanto sei cambiato da quel Luca che a 19 anni prendeva le sue cose per lasciare la Toscana e andarsene a New York per tentare la strada del cinema?

Le vite sono come un arco: pian piano si torna al punto di partenza. Si pensa di lasciarsi alle spalle delle cose e di volerne altre. Man mano che il viaggio si allunga, si allunga anche l’esplorazione ma arriva il momento in cui ti accorgi che tutto ciò che ti serviva era lì, dal punto in cui ti sei allontanato. Io ho fatto un giro largo per tornare anni dopo vicino a casa. Credo che il Luca di oggi sia molto più vicino al Luca diciottenne di quanto non lo fosse il Luca di una decina di anni fa.

Luca Calvani (Foto: Serena Gallorini; Styling: Sara Pellegrini)
Luca Calvani (Foto: Serena Gallorini; Styling: Sara Pellegrini)
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