Little Richard corre per la nomination all’Oscar: il doc sulla star scandalosa tra sesso e religione - la Repubblica

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Little Richard corre per la nomination all’Oscar: il doc sulla star scandalosa tra sesso e religione

Little Richard corre per la nomination all’Oscar: il doc sulla star scandalosa tra sesso e religione

Il film sull’“architetto del rock’n’roll”, diretto da Lisa Cortès, tra i titoli che puntano alla statuetta per il migliore documentario. Già candidato a un Grammy come ‘Best music film’

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Si intitola Little Richard: I am everything il documentario sull’architetto del rock’n’roll scomparso il 9 maggio 2020, tra i titoli per la shortlist per gli Oscar. Il film mette in luce l’impegno di Little Richard per tenere assieme l’identità queer e la sua fede religiosa. Tra le chicche che si possono apprezzare nel doc, l’ascolto dello stesso Little Richard che canta una primissima versione di quella che sarebbe diventata la sua hit più famosa, Tutti frutti, con un testo però diverso rispetto a quello che conosciamo, un chiaro riferimento sessuale che recita così: “Tutti frutti, good booty/ Tutti frutti, good booty!”.

Come aveva chiarito lo stesso Little Richard nella biografia firmata da Charles White nel 1984 e intitolata The Life and Times of Little Richard, in origine il verso descriveva il sesso anale ma il produttore Robert ‘Bumps’ Blackwell chiese a Little Richard di cambiarlo per renderlo radiofonico e propose l’intervento dell’autore Dorothy LaBostrie.

Il successo della sua canzone pubblicata nel 1955 è soltanto un esempio del profondo conflitto tra il personaggio pubblico di Little Richard e la sua vita privata, e di come Richard Wayne Penniman, questo il vero nome dell’artista americano, potesse essere glorificato sul palco ma fosse poi costretto a fare dietrofront nella sua esistenza quotidiana, costretto a tenere lontani i riflettori da temi considerati troppo controversi, specialmente negli Stati del Sud, in un momento in cui si celebrava una certa visione della sana famiglia americana.

A metà degli anni Cinquanta Little Richard si afferma come una star, è nero e si presenta come sessualmente non definito, è spesso anche contraddittorio, in alcuni momenti ha deliberatamente fuorviato le persone sulla sua sessualità. A un certo punto ha anche lasciato la musica per sposare una donna, Ernestine Garvin, e intraprendere per un breve periodo la vita evangelica. Lo ha sempre guidato una grande determinazione ad essere soltanto se stesso.

La regista Lisa Cortés ammette di aver deciso di raccontare la sua storia dopo aver individuato “elementi per documentare qualcosa di incredibilmente potente. quali erano le condizioni sociali e culturali che formavano quest'uomo? Non potevamo guardare solo l’icona, ma tutte le forze della natura che lo hanno plasmato e contro le quali si è mobilitato”.

Little Richard era nato il 5 dicembre 1932 a Macon, in Georgia, terzo dei 12 figli di Charles e Leva Penniman. Suo padre era un ministro evangelico, ma anche un contrabbandiere e proprietario di locali notturni. I suoi genitori si separarono quando era piccolo. Iniziò a cantare nel coro gospel nella chiesa di suo padre finché non lo cacciò di casa dopo aver appreso che suo figlio era gay.

Attraverso straordinari filmati d’archivio, interviste a talk show e foto raccolte dai fan di tutto il mondo, il film documenta l’ascesa verso il successo di Little Richard da performer in una rivista drag itinerante, alla sua rivoluzionaria carriera di cantante pianista che avrebbe scatenato un fenomeno dalla eco mondiale: “Io sono l'innovatore. Io sono l’ideatore. Io sono l'emancipatore. Sono l'architetto del rock 'n' roll!”, usava dire nelle interviste in tv Little Richard.

Oltre all’innegabile impatto sul rock’n’roll, la sua musica ha avuto grande importanza per aver contribuito a infrangere le barriere di razza e genere. Elvis è stato tra i primi a riprendere il suo successo Tutti frutti, mentre un’altra versione più scontata venne realizzata dal crooner Pat Boone, ed entrambe le cover vengono documentate e commentate nel documentario.

Quindi il capitolo interviste sull’importanza dell’eredità arti’tica lasciata da Little Richard: Mick Jagger ammette di aver studiato i suoi passi di danza quando i Rolling Stones aprirono i concerti del suo tour negli Stati Uniti per 30 date nel 1963; Paul McCartney racconta invece come ha fatto suo il modo di intercalare con grida le sue interpretazioni, una tecnica con cui ancora oggi punteggia le sue canzoni. L'influenza musicale e lo stile androgino di Little Richard possono essere rintracciati anche in Jimi Hendrix, Michael Jackson e Prince e, più di recente, in Lil Nas X e, in una certa misura, anche in Harry Styles.

Nonostante una serie di successi come Long Tall Sally, Rip it Up e Lucille, Richard si sentiva ampiamente sottovalutato. Quando nel 1989 gli fu chiesto di introdurre il compianto Otis Redding nella Rock and Roll Hall of Fame, invece di concentrare il suo discorso sui contributi di Redding alla musica, Richard ha elencato tutti i suoi successi con grande sconcerto dei colleghi tra il pubblico, a cominciare da Mick Jagger. “La maggior parte di noi non avrebbe mai usato quell’occasione per esprimere le proprie lamentele, ma dice qualcosa sull'esperienza di vita di Richard che non è riuscito a contenerla” ha spiegato la regista del documentario Lisa Cortés. “Un modo per condividere, con molte comunità, la frustrazione di sentirsi invisibili, messi da parte, e di vederci sottratto il nostro lavoro e non riconosciuti come i veri creatori”. Il documentario Little Richard: I Am Everything ha anche ricevuto di recente una nomination ai Grammy nella categoria Best Music Film. Nel corso dei suoi sei decenni di carriera, Little Richard non aveva mai ricevuto una candidatura per la Academy dell’industria discografica.

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