Last Flag Flying Recensione

Last Flag Flying: recensione del nuovo film di Richard Linklater con Steve Carell

29 ottobre 2017
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Linklater, sempre più limpido ed essenziale, fa ridere a crepapelle e piangere come vitelli.

Last Flag Flying: recensione del nuovo film di Richard Linklater con Steve Carell

C'è un uomo che ha perso un figlio ventenne, morto a Baghdad - siamo nel 2003 - con la divisa dei Marines addosso. Da eroe, o almeno così gli dicono.
Quello stesso uomo, più di trent'anni prima, aveva conosciuto la guerra in Vietnam, ed era finito in prigione e congedato con disonore per colpa di altri due Marines: due amici scoppiati con cui cercava di far fronte (comune) agli orrori della guerra con metodi non ortodossi, e che da quel momento in avanti hanno dovuto fare i conti col senso di colpa legato a quell'episodio.
E allora l'uomo, quando deve seppellire il figlio, li va a cercare, a prendere, e li convince ad accompagnarlo, aiutarlo, a vivere tutti e tre assieme - nel nome del passato da affrontare, del presente da vivere e del futuro da reinventare - quell'addio così doloroso.

Importa poco, pochissimo, che Last Flag Flying sia una sorta di sequel di L'ultima corvè, e che come il film di Hal Ashby sia tratto da un romanzo dello stesso autore, Darryl Ponicsan. Son dettagli da storici del cinema, così come sono attività un po' sterili l'andare a riannodare i fili che uniscono i due film, il cercare echi, concordanze, dissonanze, rimandi.
Quello che conta, in questo film e in questa storia, sono i personaggi e i sentimenti, e la capacità di Richard Linklater (in questo senso sì, davvero erede diretto dello spirito più puro e libero della New Hollywood) di rendere il suo cinema sempre più semplice e lineare, quasi minimalista, e di esaltare in questo modo le emozioni.

Anche grazie a tre interpreti in stato di grazia (Steve Carell dolente e commovente, sotto ogni riga, Bryan Cranston sboccato e irrefrenabile, Laurence Fishburne ieratico e poderoso), Last Flag Flying fa ridere a crepapelle e fa piangere come vitelli.
E riesce a fare delle storie private e personali di questi personaggi un racconto sull'America di ieri e di oggi, dove però il livello simbolico e metaforico non schiaccia mai le vicende umane dei singoli, e di andare ancora oltre, arrivando a toccare piani esistenziali che fanno di nuovo precipitare tutto dentro un piano dove singolare e collettivo non si distinguono più.

Le guerre inutili, la politica che mente e tradisce, l'appartenenza a un gruppo, l'amicizia, la colpa, le consolazioni dell'alcool o della religione, il lutto, la patria, le bandiere ripiegate e l'orgoglio per quello che si è stati - e si è - a dispetto di quello che si è stati costretti a fare.
C'è tutto questo dentro Last Flag Flying, e molto altro ancora, c'è in fondo il senso della vita e delle scelte che compiamo: ma quello di Linklater è un film che a essere programmatico, didascalico o didattico non si avvicina nemmeno lontanamente.
Da sempre empatico e mai giudicante, lo sguardo del regista americano si è raffinato e distillato sempre di più, è diventato quasi impalpabile e di certo quanto più lontano possibile dall'essere quello di qualcuno che vuole impartire delle lezioni.

Linklater, per primo, si mette al fianco dei suoi personaggi, ride fino alle lacrime con loro - giurerei che la scena nel vagone del treno dove è custodita la bara del ragazzo morto, con tutti in preda a crisi irrefrenabili di riso rievocando i giorni sciamannati del Vietnam, sia stata contagiosa - e a soffrire con loro. In quel modo composto e dignitoso che Last Flag Flying racconta. Composto e dignitoso, ma anche complesso e difficile.  
Sta al loro fianco, come ci stiamo noi, attento ai piccoli gesti, alle parole, capace di cogliere e restituire al volo le sfumature, le oscillazioni, gli stati d'animo.
E sa sempre, anche, fare la cosa più difficile: il passo in dietro, lo scegliere il silenzio, il fermarsi lì come si deve. Con una mano sulla spalla, il magone in gola, e Dylan che canta "It's not Dark Yet".



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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