Last Action Hero – L’ultimo grande eroe

Last Action Hero – L’ultimo grande eroe

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Di non brillantissimo successo all’epoca della sua uscita, Last Action Hero – L’ultimo grande eroe di John McTiernan è in realtà un godibile giocattolone di intelligente costruzione metacinematografica. Molto divertente, con uno Schwarzy eroe crepuscolare alla fine del Mito. In dvd e blu-ray per Sony e CG.

Danny Madigan, ragazzino solitario e cinefilo compulsivo per i film d’azione, attende con impazienza l’uscita al cinema del quarto capitolo della sua saga preferita, incentrata su Jack Slater, eroe tutto muscoli, esplosioni e pistolettate. Grazie a un biglietto magico cedutogli dall’anziano proiezionista del suo cinema abituale, Danny viene catapultato al fianco di Jack direttamente dentro al film in mezzo a mirabolanti avventure. Affrontando temibili bande di mafiosi, Jack rifiuta di credere di essere solo un personaggio immaginario, benché Danny cerchi di farglielo capire in ogni modo. Il biglietto magico cade poi in mano al più spietato dei killer, e Jack e Danny sono costretti a fare il percorso inverso, dal film alla realtà, per riacciuffarlo… [sinossi]

Last Action Hero – L’ultimo grande eroe (1993) di John McTiernan è per lo più ricordato per il suo sonoro flop al botteghino soprattutto nordamericano. Con l’incasso mondiale riuscì a malapena a rientrare degli altissimi costi di produzione, ma in generale se ne conserva il ricordo di un tonfo clamoroso, concepito per fare sfracelli e rapidamente cassato dal pubblico di casa in favore di Jurassic Park (1993, Steven Spielberg), apparso in sala nella stessa estate. In un certo senso il titolo del film sembra premonitore non soltanto del suo destino commerciale, ma anche un annuncio della fine di un certo modo di fare cinema.

Lungo gli anni Ottanta McTiernan fu autore di un cinema d’azione di grande qualità (ricordiamo Predator, 1987, con lo stesso Schwarzenegger, e Trappola di cristallo, 1988, primo capitolo della saga “Die Hard” con Bruce Willis), e con Last Action Hero volle compiere una divertita operazione di autocoscienza. Per questo è così immediato pensare a questo film come a un più o meno consapevole passo di congedo dal cinema d’azione anni Ottanta tramite un’autoriflessione metacinematografica. Dove inizia la coscienza, finisce l’ingenuità, e la parodia è l’ultimo stadio di una fase creativa. Il cinema d’azione americano anni Ottanta-primi Novanta, tutto rumore, esplosioni, sparatorie, sganassoni e ritmi narrativi survoltati, non finisce certo qui. Continuerà anzi la sua strada adottando spesso ritmi sempre più adrenalinici, ben supportati dalle crescenti possibilità garantite dal digitale. Ma l’operazione di autocoscienza messa in atto con Last Action Hero annuncia per l’appunto un saluto all’analogico, sbandierando accanto al già seminale uso del digitale un eroe muscolare e in carne e ossa, per il quale Arnold Schwarzenegger afferma ancora orgoglioso di aver eseguito lui stesso i ciak più pericolosi senza controfigura né aiutini e ritocchi al computer.

Last Action Hero sa tutto questo, e costruisce consapevolmente se stesso su una conclamata cifra di ironia e parodia. L’innesco narrativo è semplicissimo, elementare e di lunga tradizione: un salto di uno spettatore entusiasta dal mondo della realtà all’universo finzionale del cinema, catapultato a fianco del suo eroe d’azione preferito, Jack Slater, protagonista di una serie di film giunta al suo quarto capitolo. Nella prima parte ambientata nel doppio livello di finzione del film nel film McTiernan si diverte a mettere alla berlina luoghi comuni e convenzioni cinematografiche, spingendo al massimo grado l’amplificazione dell’iperrealistico cinema americano anni Ottanta tutto azione e sparatorie. Certo è un’amplificazione parodica non facilissima da operare, dal momento che il suo recente modello di riferimento, nei suoi continui eccessi, costituisce spesso già di per sé autoparodia più o meno volontaria, per cui nella sua prima sezione “critica” Last Action Hero rischia di non sembrare niente di diverso da un qualsiasi action-movie del tempo. Eccedere su un modello già eccessivo è quasi impossibile.

A corroborare tale operazione di autocoscienza interviene un comparto verbale sostenuto da ricorrenti battute ironiche di dialogo che si legano a una miriade di film di riferimento, talvolta divertenti, altrove ai limiti della freddura. Certe trovate sono francamente geniali – nell’universo parallelo abitato da Jack Slater, Terminator (1984, James Cameron) non può ovviamente essere interpretato da Schwarzenegger, e su un suo cartonato in una videoteca campeggia, con trovata fantastica, Sylvester Stallone al posto di Schwarzy. In tal senso Last Action Hero mostra anche molte finezze (auto)citazionistiche, davvero inusuali all’interno di un giocattolone che comunque per primo intento si proponeva come sempre di raggranellare incassi stratosferici. McTiernan gioca scopertamente con la teoria del cinema, rinchiudendosi in un universo autoreferenziale tutto avvitato nelle retoriche americane dei blockbuster. Il riflesso teorico, insomma, è consapevole e dichiarato, anche se ridotto all’impatto di un puro e semplice gioco con se stessi, lontano da qualsiasi conclamato intellettualismo.

Tale impianto ricava un ulteriore giro di vite nella seconda parte ambientata nella “realtà”, quando il personaggio dello schermo Jack Slater si ritrova fiondato in un mondo dove le pistole non fanno miracoli, i pugni fanno davvero male e le ferite possono essere letali. Nel mescolarsi dei piani ontologici McTiernan e Schwarzenegger si divertono un sacco, e pure noi spettatori, ricondotti a un ambiguo livello di fruizione tra epidermico piacere infantile per il puro intrattenimento fracassone e capacità di ragionare da adulti sui meccanismi narrativi del cinema di largo consumo. Tra le varie citazioni, resta assai gustoso il coinvolgimento di F. Murray Abraham nei panni di un capo della polizia, del quale il ragazzino Danny dice di diffidare poiché ha già ucciso Mozart – il riferimento è ovviamente al ruolo di Abraham nei panni di Salieri per Amadeus (1984) di Milos Forman, per il quale l’attore vinse un Oscar. E per ulteriore finezza McTiernan lascia più volte risuonare in commento musicale il tema più famoso della Sinfonia n° 40 del compositore salisburghese. C’è spazio pure per un volo in bicicletta davanti alla luna, ben memore di E.T. (1982, Steven Spielberg).

È rimasto molto noto anche l’utilizzo di brevissimi cameo di attori e personaggi famosi, di nuovo chiamati a partecipare a un colosso ludico tramite lo scherzo su se stessi. Così, nell’universo di finzione del film nel film, fuori dalla stazione di polizia s’intravedono Sharon Stone nei panni di Catherine Tramell (il successo di Basic Instinct, 1992, Paul Verhoeven, era recentissimo) e il poliziotto cyborg mutaforma di Robert Patrick venuto dritto da Terminator 2 (1991, James Cameron). Ce ne sono molti altri (nell’incipit, Tina Turner impersona gustosamente il sindaco della città), e tutti insieme compongono il livello più semplice ed elementare di gioco intorno alle interferenze tra cinema e la sua storia recente. C’è posto pure per un gatto poliziotto cartoon, che apre brevi parentesi di tecnica mista. Nella seconda sezione, ambientata nella “realtà”, McTiernan giunge a livelli ancor più complessi di paradosso quando il personaggio Jack Slater si trova a interagire col “vero” Schwarzenegger che gli dà volto e corpo nel mondo del cinema. Infine, con sprezzo del pericolo McTiernan imbastisce giochi narratologici convocando addirittura ulteriori interferenze con Amleto (1948) di Laurence Olivier e Il settimo sigillo (1957) di Ingmar Bergman. L’utilizzo di un tale mischione di suggestioni s’inquadra in un approccio puramente postmoderno, dove il materiale preesistente è convocato e rimescolato senza particolari profondità, ma nella pura e semplice ottica del giocoso riutilizzo e divertita collisione. Quel che ne esce è un film decisamente più intelligente del tipo di fruizione al quale si offre.

È comprensibile che un film simile lasciasse abbastanza indifferente il pubblico dei blockbuster, benché il comparto di sequenze d’azione conservi un’indubbia efficacia adrenalinica ed eccellenza di realizzazione. McTiernan imputa l’insuccesso del film alla fretta della postproduzione, poiché si doveva rispettare la scadenza dell’uscita prevista nelle sale scontando dunque un montaggio poco accurato. A giudicare dal prodotto finito, non si direbbe che è andata così. È difficile infatti valutare dove stiano gli sconquassi e le incoerenze narrative all’interno di un racconto che si propone per l’appunto di buttare all’aria consuetudini fruitive pur restando totalmente all’interno delle convenzioni. Semmai, una notevole zavorra si rivela il ragazzino coprotagonista, l’esordiente Austin O’Brien, decisamente stereotipato e antipatico. Certo è riscontrabile anche una notevole dose di kitsch, ma di nuovo siamo nel territorio della consapevolezza, poiché nei suoi colori accesi e nella convenzionalità survoltata dei mafiosi cattivoni non si ravvisa nient’altro che un consapevole ed essenziale processo di condensazione sulle consuetudini di quel tipo di cinema.

A distanza di più di venticinque anni, a noi pare insomma che Last Action Hero sia ancora un film decisamente divertente. Forse l’abbiamo rivisto all’età giusta, quando se ne può cogliere appieno tutta la gustosità metacinematografica, o forse stuzzica la nostra infantile anima cinefila. Semmai, accanto allo spirito travolgente e fracassone di un racconto praticamente privo di pause, scorre un fiume di crepuscolo e senilità. Quella sala di cinema incredibilmente faraonica da dove si dipanano le vicende di Jack Slater al di là e al di qua dello schermo si delinea anche come l’ultimo tempio di una fruizione cinematografica che già allora si percepiva come al suo stadio terminale – l’anziano proiezionista Nick dichiara che quella sala chiuderà a breve. A occhi odierni Last Action Hero può assumere i tratti di un crepuscolo del Mito. Ne è consapevole in qualche modo anche il personaggio di Jack Slater, amareggiato della propria natura finzionale una volta scoperto di essere nient’altro che un personaggio immaginario. Si avvia la fine di un’era, i veri muscoli sono sempre meno necessari per fare cinema d’azione. Jack Slater è l’Ultimo Eroe. E Last Action Hero è un divertito sberleffo, prima della smaterializzazione del corpo.

Extra
Trailer originale. Featurette di presentazione “Behind the Scenes” (6′ 22”). Video musicale “Big Gun” degli AC/DC (4′ 36”). Schede su John McTiernan e Arnold Schwarzenegger.
Info
La scheda di Last Action Hero sul sito di CG Entertainment.
Il trailer di Last Action Hero.

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