Lady Bird Recensione

Lady Bird: la recensione del film di Greta Gerwig con Saoirse Ronan

29 gennaio 2018
3.5 di 5
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Candidato a quattro premi Oscar, tra cui miglior film e regia, è una sincera, divertente e commovente commedia sull'adolescenza e sulla fatica di diventare grandi.

Lady Bird: la recensione del film di Greta Gerwig con Saoirse Ronan

Se c’è un’età ingrata nella vita (ce ne sono molte, ma semplifichiamo), è quella che va dai 17 ai 18 anni. Nominalmente ancora minorenni, i futuri adulti lottano con i genitori, diventati all’improvviso i principali nemici della loro autonomia, e al tempo stesso temono che nessuno li amerà mai come loro. Convinti che i propri sogni abbiano la precedenza su tutto, vedono il mondo come una serie di ostacoli da superare e cercano nuovi alleati nella sua conquista, a volte tra le persone sbagliate. Questa faticosa e dolorosa lotta per diventare adulti è ancora più sentita in un paese come gli Stati Uniti - non a caso patria del teen movie - dove l’esperienza del college rappresenta un distacco non solo fisico dalla famiglia d’origine. Da noi, dove per scelta o per necessità i ragazzi restano nella casa dei genitori per un periodo assai più lungo, la transizione è meno traumatica.

Un artista, rispetto a un comune mortale, ha il privilegio di rileggere e trasfigurare anche le proprie esperienze più difficili e molti si sono cimentati con questa fondamentale età di transizione, rivivendola sotto le mentite spoglie di un personaggio di fantasia e sublimandola in qualcosa di universale. In genere, però, le storie adolescenziali sono raccontate da un punto di vista maschile e anche per questo è benvenuto un film al femminile come Lady Bird, che Greta Gerwig, stimata interprete e sceneggiatrice del cinema indipendente, ha scelto per il suo debutto alla regia. Per renderlo ancora più vero l’ha ambientato nella città dove è nata e cresciuta prima di trasferirsi a New York, Sacramento, periferica e misconosciuta capitale dello Stato della California, con una protagonista che non è lei ma che compie alcune delle sue scelte, collocandola in quell’ambiguo territorio tra realtà e immaginazione che lo spettatore non ha modo di distinguere.

Di base autobiografica, la sceneggiatura di questa deliziosa commedia mescola ai ricordi dell’autrice le pagine della scrittrice di Sacramento Joan Didion e le esperienze di amici e coetanei. Saoirse Ronan, vicina quel tanto che basta a quell’età da ricordarsela bene ma lontana al punto giusto da poterla interpretare, dà vita a un personaggio che ci sembra di riconoscere: la ragazzina cresciuta in una famiglia che si fa in quattro per darle quello che ritiene migliore per lei, ma che lei non ritiene all’altezza delle sue aspirazioni. Al punto da scegliere un nickname da rockstar, Lady Bird, come suo vero nome, e ottenere che tutti la chiamino così. Sa essere antipatica, ingiusta, superficiale e profonda, coprendo tutta la gamma dei sentimenti e delle emozioni di un periodo di passaggio così fondamentale.

Con grande naturalezza, grazie alla sua protagonista, assistiamo ai suoi primi rapporti col sesso e coi ragazzi (tra cui il nuovo divo delle teenager, Timothée Chalamet), alle sue esaltazioni e delusioni, al patetico tentativo di conquistare la simpatia della ragazza ricca raccontando balle e trascurando la sua migliore amica, con cui è cresciuta e che la comprende senza giudicarla perché è un'outsider come lei. Ma soprattutto la qualità della scrittura mette a fuoco con la giusta empatia nei confronti dei genitori i rapporti conflittuali con una famiglia che lotta per tirare avanti, col padre disoccupato ma comprensivo (il bravissimo attore e commediografo Tracy Letts) e la madre (una fantastica Laurie Metcalf) costretta a fare i doppi turni per pagare la retta della scuola, che cerca di convincerla ad iscriversi a un college più vicino.

Sono credibili (e divertenti) le discussioni in macchina tra madre e figlia, le scene isteriche e gli addii dolorosi, fino al bel finale che vede quello che è forse il primo vero passo di Christine (spogliati i panni fittizi di Lady Bird) verso la maturità, che la lascia smarrita e confusa. Probabilmente è vero che di tutte le candidature attribuite dall’Academy al film, in un anno meno favorevole a lanciare messaggi positivi e a fare ammenda nei confronti di gay, minoranze e donne, quella per la miglior regia non sarebbe sicuramente toccata a Greta Gerwig, Ma d'altro canto è bello che i suoi membri abbiano riconosciuto il talento di una donna che ha realizzato davvero un bel film sull’adolescenza, una piccola, filosofica commedia, che non pretende di cambiare il mondo ma che ricorda a genitori e figli quanta fatica e quanta sofferenza ci vogliono per diventare adulti.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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