La mia vita è un disastro

Georgia Nicolson è una quattordicenne che vive a Eastbourne, cittadina marittima inglese. Lei e le sue amiche del cuore Jas ed Ellen hanno i problemi di tutte le loro coetanee che finiscono con sintetizzarsi in uno: come piacere ai ragazzi. L'esigenza si fa ancor più impellente quando arrivano in città e a scuola due fratelli belli e desiderabili. La lotta però sembra essere impari perché la smorfiosa di turno riesce ad accalappiare uno dei due grazie a tanga esibiti e coppe inserite nel reggiseno. Inoltre Georgia ha grattacapi anche a casa. Al padre è stato affidato un importante incarico in Nuova Zelanda e la madre sembra irrimediabilmente persa dietro le grazie di un aitante arredatore che sembra non finire mai il suo lavoro.
Gurinder Chadha è un'esperta di adolescenza e lo dimostrò con il successo travolgente di Sognando Beckham. Dopo aver continuato ad occuparsi dei rapporti interculturali, ma in ambito adulto, con Matrimoni e pregiudizi (molto più complesso di quanto non appaia a prima vista) torna sul tema con questo film che si ispira ai libri di Louise Rennison. La Chadha, con l'aiuto alla sceneggiatura dell'inseparabile marito, costruisce un film meno 'furbo' dei due citati ma altrettanto aderente ai timori, alle ansie, ai desideri degli adolescenti di sempre anche se declinati in maniera diversa a seconda delle latitudini e delle epoche storiche. Mentre guarda con tenerezza alle sciocchezze (se viste da un adulto) che turbano l'animo delle sue protagoniste, la regista non dimentica di omaggiare colei che lanciò nel mondo del cinema: Kiera Knightley. Affida il ruolo di comprimaria a una ragazzina che ne sembra la copia conforme ma che ha già esperienza cinematografica (Eleanor Tomlinson) e addirittura le fa rivolgere da un'amica la battuta: "Chi credi di essere: Kiera Knightley?".
Ovviamente non dimentica le proprie origini e nel quartetto di inossidabili compagne di esplorazioni nel mondo maschile inserisce un'indiana, forse più riservata delle amiche ma altrettanto determinata. Se il finale (vedi festa di compleanno) è un po' tanto (troppo?) happy end l'intero percorso è sostenuto dalla presenza nel leading role di una Georgia Groome che riesce a imperniare sul suo aspetto da brutto anatroccolo, destinato a divenire cigno, un'ampia serie di situazioni che conservano sempre la verosimiglianza di un'età rappresentata con il sorriso sulle labbra ma anche con il rispetto che merita. 