Il giro del mondo dell’Amerigo Vespucci: diario di bordo, doppiato Capo Horn | National Geographic

Il giro del mondo dell’Amerigo Vespucci: diario di bordo, doppiato Capo Horn

Salpato il 3 aprile da Punta Arenas, il veliero Amerigo Vespucci ha doppiato Capo Horn dopo due giorni di navigazione vincendo le sfide di uno dei luoghi più inospitali del pianeta tra venti forza 7 e onde che superano i 4 metri di altezza.

DI Paolo Petrignani

pubblicato 08-04-2024

Il giro del mondo dell’Amerigo Vespucci: diario di bordo, doppiato Capo Horn

L’Amerigo Vespucci, il gioiello della Marina Militare italiana, ha doppiato Capo Horn, nel corso del suo giro del mondo della durata di 20 mesi.

FOTOGRAFIA DI Paolo Petrignani

Sono quasi le due del mattino del 5 aprile – l’1.53, per la precisione, ora locale – quando il veliero Vespucci doppia Capo Horn, segnando una tappa storica per la nave più prestigiosa della Marina italiana. Il Comandante Giuseppe Lai, gli ufficiali, gli uomini dell’equipaggio esplodono in un “hip hip urrà” liberatorio, a stemperare la tensione e a celebrare questo momento tanto atteso.

Siamo a 56 gradi di latitudine sud e 67 di longitudine ovest, in vista – si fa per dire, dato che è buio pesto – dell’ultimo lembo di terraferma prima del Canale di Drake, il tratto di mare che separa il leggendario capo dalle Isole Shetland Meridionali e, in ultima analisi, dall’Antartide. Ma facciamo un passo indietro.

L'equipaggio dell'Amerigo Vespucci, nave scuola della Marina Militare, compie un'impresa unica doppiando Capo Horn per la prima volta in oltre novant'anni di storia. Video di Paolo Petrignani

3 aprile. Si salpa

Partiamo da Punta Arenas il 3 aprile di buon mattino, risvegliati da un’alba piena di colori. Alle 8.30 il Comandante Lai parla all’equipaggio, descrivendo la rotta che il Vespucci avrebbe percorso in Terra del Fuoco e sottolineando l’unicità di questa missione. Per un istante, prima che il Vespucci prendesse il mare, la mente corre alle imprese di Robert FitzRoy, il comandante del Beagle, o di padre Alberto De Agostini, sacerdote salesiano biellese che fu anche geografo, cartografo, fotografo, naturalista e rimane celebre per le sue esplorazioni di queste terre al Fin del Mundo. Ma non c’è tempo per soffermarsi a riflettere sull’impresa di navigare in queste acque due secoli fa, sul coraggio, forse la temerarietà, di avventurarsi in uno dei luoghi più inospitali del pianeta.

Alle 9.00 il Vespucci salpa, prendendo rapidamente il largo. Naviga al centro dello Stretto di Magellano, diretto verso Sud. A metà mattina, però, il Comandante Lai convoca una riunione, chiamando a raccolta tutti gli ufficiali e gli operatori a bordo. Dopo aver confermato esplicitamente l’obiettivo di doppiare Capo Horn, esamina tutte le possibilità, considerando i capricci di un meteo che da queste parti può diventare ostile nel volgere di minuti. La rotta non proseguirà nel Canale di Beagle ma ci dirigeremo a sud, per uscire sull’oceano aperto e navigare a vela da ovest verso est. Il veliero Vespucci ha un bompresso a prua e tre alberi, un albero di maestra alto 54 metri, un trinchetto di 50 e un albero di mezzana di 43.

Il nocchiere Gerardo dell’Angelo ci spiega la complessità delle manovre su una nave così imponente, e la difficoltà della navigazione a vela. Le vele sono molto leggere e non sono impermeabili, per cui bagnandosi finiscono per pesare il doppio o il triplo. Se accade che una vela si rompa durante la navigazione, non sempre si può approdare in un porto vicino, perciò a bordo del Vespucci c’è una macchina per cucire industriale per ripararle…

Intanto il vento si alza e spinge la nave di poppa. Il veliero si inclina a sinistra e a dritta, si lamenta, brontola, fa sentire continuamente la sua voce. Scende la notte sull’Oceano Pacifico. Piove e un vento gelido gonfia le vele. Siamo alla fine del mondo, guardo la posizione sul satellitare e intorno a noi c’è poco o niente. 

Il giro del mondo dell’Amerigo Vespucci: diario di bordo, doppiato Capo Horn

L’equipaggio è composto da circa 260 marinai, più quattro tra fotografi e cineoperatori, due ricercatrici dell’Istituto Superiore di Sanità impegnate nel progetto Sea Care e un procuratore militare.

FOTOGRAFIA DI Paolo Petrignani

4 aprile. Verso la meta

Dopo una notte sostanzialmente senza scossoni, il secondo giorno di navigazione inizia con un forte vento che spinge veloce il Vespucci sulle onde dell’oceano. Il comandante Lai consulta il meteo della Terra del Fuoco e illustra come il Vespucci si trovi in mezzo a due grosse perturbazioni. La prima, davanti a noi, ieri pomeriggio ci ha dato una sculacciata volando via, mentre la seconda molto più grande ci sta rincorrendo. Dobbiamo correre per evitare che il ciclone ci raggiunga. 

Le squadre di turno già al mattino presto armano la nave e le vele diventano tre sull’albero di trinchetto e due, grandi, sull’albero di maestra. La nave prende sempre più velocità, raggiungiamo presto i 10-12 nodi, con il vento forza 7 e onde più alte di 4 metri. I Cinquanta Urlanti – Furious Fifties nell’originale inglese, i venti violenti da Occidente che si incontrano al di sotto del 50° parallelo – si fanno sentire. Sotto coperta, sotto la spinta delle onde, le suppellettili volano via, sedie e tavolini si ammucchiano negli angoli, i nostri letti a castello vengono letteralmente sradicati dal pavimento e si mettono di traverso.

Le ore passano, la posizione indicata dal satellitare indica che il Vespucci è sempre più vicino a Capo Horn. A proposito, a bordo ci sono anche due piloti dell’Armada de Chile, la Marina militare del Cile, perché conoscono queste acque e i loro fondali come le loro tasche. È un aiuto in più perché tutto vada per il meglio. La tensione si legge sui volti degli ufficiali che non aspettano altro che il passaggio dal Capo. E dopo una cena consumata con qualche traversia ci si ritira tutti nelle cabine.

La sveglia è puntata a mezzanotte, ma oggi nessuno prende sonno. L’appuntamento è troppo importante, e alle 23.30 ci si ritrova tutti sul ponte, l’equipaggio è in fermento. In una plancia di comando affollata di fotografi, cineoperatori e ufficiali che si accalcano in due metri quadrati, Giuseppe Lai indica la posizione della nave. Di minuto in minuto il traguardo si fa più vicino. Come per il lancio di un razzo da Cape Canaveral si accenna a un conto alla rovescia…

All’1.53 ora locale, 41 ore dopo la partenza da Punta Arenas, il Vespucci doppia Capo Horn. Il vento gonfia le vele e nell’aria si respira l’orgoglio dell’equipaggio. Sul ponte di coperta i marinai si lasciano andare a cori e canti e la nave si illumina del tricolore. La pioggia non dà tregua, il vento sferza i volti. A questo punto, la velocità viene ridotta e le vele ripiegate. Siamo sull’Atlantico e facciamo rotta verso nord. In poche ore raggiungeremo il Canale Beagle. Andiamo a dormire. Stavolta cercheremo di farlo veramente.