Ilaria Salis, oggi l'udienza chiave “Ci aspettiamo i domiciliari” - La Stampa

Alle 9 di mattina, nell’aula 97 della Metropolitan Court di Budapest, Ilaria Salis comparirà davanti al giudice per la seconda udienza del procedimento penale che la vede in carcere da più di un anno. È accusata di avere partecipato a due aggressioni contro i neonazisti che si erano radunati per la «giornata dell’onore» il 10 febbraio 2023: rischia 24 anni. La vedremo ancora entrare in aula in ceppi e catene? Questa è la prima domanda in attesa di risposta.

La seconda domanda riguarda l’istanza presentata dai suo avvocati. «Abbiamo chiesto ufficialmente gli arresti domiciliari in Ungheria, nel corso dell’udienza conosceremo la decisione», dice l’avvocato György Magyar. «Abbiamo individuato la casa, è un appartamento che dovrà avere il contratto dell’energia elettrica prepagata per un anno in modo da garantire il funzionamento del braccialetto elettronico», dice il padre Roberto Salis. Da questa seconda decisione si capirà l’intenzione del governo ungherese, ma non solo. «Dopo tutto quello che è successo in Italia, sarebbe imbarazzante per le nostre istituzioni se venissero negati i domiciliari a mia figlia. È stato il governo a indicarci questa strada come unica strada possibile per poi ottenere gli arresti domiciliari in Italia».

Insomma, oggi si capirà se la vicenda giudiziaria e umana di un’insegnante antifascista accusata di aver provocato ferite guaribili in 3 e 5 giorni rientrerà nei canoni previsti dalle leggi europee e dal rispetto dei diritti umani, oppure se continuerà a essere un caso politico. Un modo per esercitare una propria visione differente del mondo.

In aula Ilaria Salis non sarà interrogata, non entrerà nel merito delle accuse per cui si è sempre dichiarata innocente. Farà, però, delle dichiarazioni spontanee per integrare la domanda di arresti domiciliari. E cioè: spiegherà di aver ottenuto un lavoro da remoto per una onlus italiana e si dichiarerà disponibile a indossare il braccialetto elettronico. Il giudice potrebbe prendersi qualche giorno prima di rispondere nel merito, ma la difesa confida in una decisione immediata.

Durante l’udienza sarà sentita una delle due vittime delle aggressioni. Si chiama Toth Lazlo, è un tabaccaio. È stato aggredito alle spalle, nel quartiere periferico Gazdagrét. Erano in cinque, alcuni avevano dei bastoni. C’è un video ripreso dalle telecamere di sicurezza di un ufficio postale che immortala la scena. L’uomo, vestito con una mimetica militare e gli scarponi da soldato, ha dichiarato di non essersi accorto di niente: «Non avevo partecipato alla giornata dell’onore, anche se alcuni miei amici erano stati là. Sono andato a pagare una bolletta, sono uscito e dopo pochi passi sono stato colpito sulla testa. Poi mi hanno preso a calci». La persona con la giacca a vento arancione è stata identificata con Ilaria Salis.

C’è un documento ufficiale che introduce l’udienza e riassume le ragioni dell’accusa, dice così: «Gli imputati, simpatizzanti di un’ideologia di estrema sinistra, erano membri di un’organizzazione che oltre a partecipare a manifestazioni e proteste, progettava di intraprendere una lotta per mezzo di attacchi violenti contro simpatizzanti di estrema destra che promuovono idee nazionalsocialiste e fasciste. L’obiettivo era colpire vittime scelte, con mezzi idonei a uccidere e in modo tale che, per l’angoscia mentale causata delle lesioni gravi e potenzialmente letali, le vittime provassero un tale grado di sofferenza da trasmettere un messaggio terrorizzante ai rappresentanti dei movimenti di estrema destra».

Oggi in aula, accanto a Ilaria Salis, ci sarà una piccola delegazione di politici italiani. Sono i parlamentari Sandra Zampa, Laura Boldrini, Nicola Fratoianni, Laura Cucchi, Stafania Ascari, Riccardo Ricciardi e Ivan Scalfarotto. Pd, Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento Cinque Stelle, Italia Viva: tutti partiti dell’opposizione.

«Mi dispiace molto», dice la senatrice Zampa. «Avremmo potuto dare il segno di un Paese unito di fronte a una nostra concittadina che si trova, oggettivamente, in una condizione di grande sofferenza personale. Ognuno può avere il suo pensiero, ma i diritti umani vanno difesi sempre. Mi fa male vedere l’Italia arretrare su un terreno che dovrebbe vederci avanzare, semmai, in un momento così complicato».

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