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L’amore bugiardo – Gone Girl: recensione in anteprima del film di David Fincher

Il film più hitchcockiano di David Fincher è qualcosa di inclassificabile che sta a metà tra thriller morale e satira, con sterzate horror e un duro cinismo di fondo. Minore e un po’ trash? In attesa di una seconda visione, è senz’altro un film che farà parlare moltissimo. Film d’apertura del New York Film Festival e fuori concorso al Festival di Roma.

pubblicato 30 Settembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 21:49

C’è una donna che è improvvisamente scomparsa dalla sua ridente villetta nel Missouri. Il marito, Nick Dunne, trova il soggiorno sottosopra, mentre la polizia comincia a trovare tracce di sangue in giro per la casa. Non sono gli unici indizi: la donna ha lasciato delle buste in giro con degli indovinelli per il marito in vista del loro quinto anniversario di matrimonio.

Così comincia la ricerca di Amy Dunne, l’autrice della saga di libri di “fantastica Amy”. Ma non ci si mette molto prima che i sospetti comincino a ricadere tutti sullo stesso Nick, che in apertura dichiara di volerle letteralmente spaccare la testa per capire cosa la donna pensi. Cosa c’è dietro a questo matrimonio nato con le migliori intenzioni David Fincher ce lo spiega in 150 imprevedibili minuti.

Non è il suo miglior film, ma L’amore bugiardo – Gone Girl ha più di qualche pregio che non andrebbe sottovalutato. Innanzitutto perché quello che Fincher vuole insinuare nello spettatore sono dubbi su dubbi, morali e non, con una materia con la quale è assai facile scottarsi. Per fortuna il film è anche pieno di un irresistibile humor che non sarebbe dispiaciuto a Hitchcock.

E L’amore bugiardo – Gone Girl è senza dubbio il film più hitchcockiano dell’autore di The Social Network. C’è un uomo su cui ricadono tutti i sospetti, e c’è una donna che forse è vissuta due volte. Fincher come De Palma, quindi? Gone Girl è il suo Omicidio a luci rosse? Effettivamente no: la direzione che il regista prende adattando (fedelmente) il romanzo di Gillian Flynn (pure sceneggiatrice) è diversa.

In questo film dalle venature un po’ pulp (e qualcuno ha osato giustamente scrivere persino un po’ trash) c’è la volontà di indagare le relazioni umane all’interno del tessuto sociale: ancora una volta, visto che Fincher è da qualche film che ci ragiona su. Il mondo di Gone Girl è lo stesso di The Social Network, fatto di persone che restano sole a causa delle loro stesse colpe o a causa di un tessuto sociale che imprigiona e non lascia via di scampo.

In Gone Girl la questione assume sfumature non poco disturbanti, e mica solo perché c’è una coppietta all’apparenza perfetta che poi si rivela essere tutt’altro. Basta pensare a come i media entrino pian piano nella trama e nell’indagine, plasmando anche involontariamente (e spesso inquinando) la vicenda e la ricerca di Amy. Però quella di Fincher non è una critica semplice e fine a sé stessa al mondo dei giornali e della tv spazzatura.

Lo spunto più interessante viene dai personaggi stessi, che non solo sono coscienti del potere dei media e della possibilità di venirne distrutti, ma sanno ormai addirittura prendere in mano le redini e usare i media a loro favore. Nell’era post social network – non a caso! – si deve imparare a sopravvivere: quindi anche comportarsi di fronte alle telecamere, saper ribattere alle più feroci e populiste delle intervistatrici, e sapere quando e come farsi scattare delle foto che in due secondi saranno online.

Fincher gira ormai con una pulizia e una essenzialità quasi classica. Non c’è mai un movimento di macchina che dia l’impressione di essere di troppo, e non c’è mai una traccia musicale usata come riempitivo. Se Ben Affleck fa il suo, è invece Rosamund Pike a spiccare sopra tutto e tutti. Sarà perché il personaggio di Amy è per forza di cose il più interessante di tutti, ma il percorso che fa a partire dai primissimi flashback le dà la possibilità di far vedere a tutti di che pasta è fatta.

Sarà molto interessante vedere le reazioni italiane al film, che potrebbe benissimo essere accusato di eccessivo cinismo e persino di misoginia. Le polemiche saranno servite su un piatto d’argento: ma per spettatori un attimo più preparati e volenterosi basteranno l’ambientazione del film e il suo tono a far capire che le risposte in Gone Girl sono vagamente più sottili e sfumate di quel che si potrebbe pensare (e non occorre dire di più per evitare spoiler).

Certo, poi non tutto funziona alla perfezione, e se non si sta al gioco si può storcere il naso in più di un’occasione. I diversi punti di vista con i quali viene sviluppata la trama, il passare dei giorni, i twist che si accumulano e i personaggi che entrano ed escono possono costringere ad usare pure troppo la sospensione dell’incredulità.

Dramma morale o satira cinica in confezione da thriller di lusso? Di tutto un po’, con qualche spruzzata horror e una scena gustosamente splatter che si farà ben ricordare. Questo fa de L’amore bugiardo – Gone Girl un film altamente inclassificabile e quasi impossibile da incasellare in un genere. In attesa di una seconda, più che necessaria visione, il film però conferma il coraggio di uno dei pochi registi hollywoodiani contemporanei che possono ambire al titolo di autore.

Voto di Gabriele: 8
Voto di Federico: 8.5
Voto di Carla: 8.5
Voto di Antonio: 8

L’amore bugiardo – Gone Girl (Usa 2014, thriller 149′) di David Fincher; con Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Kim Dickens. Qui il trailer italiano. Uscita in sala il 18 dicembre 2014.