Killers of the Flower Moon: recensione del film - Cinematographe.it

Killers of the Flower Moon: recensione del film di Martin Scorsese

Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Lily Gladstone sono protagonisti di una storia di soprusi, di violenza e razzismo nell’America dei primi del ‘900

L’America sanguinaria, una storia poco conosciuta e agghiacciante quella raccontata nel nuovo film di Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon, con protagonisti Leonardo DiCaprio, Lily Gladstone, Robert De Niro, Jesse Plemons e Brendan Fraser, dal 19 ottobre 2023 in sala con 01 Distribution, una produzione Apple Studios.

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All’inizio del XX secolo la grande tribù di nativi americani Osage diventò immensamente ricca quando gli fu assegnata una terra dove fu scoperto un grande giacimento di petrolio. Questo attirò l’attenzione dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage. Presto delle morti misteriose cominciarono a funestare la comunità di nativi, omicidi sistematici che per tanto tempo furono archiviati come decessi naturali o suicidi. A muovere le redini di questa storia il ricco e potente William Hale (De Niro), capace di manipolare, orchestrare trame fittissime e disporre delle vite degli altri, come quella del nipote Ernest Bukhart (DiCaprio), inetto e vile, e di Mollie (Gladstone), nativa fiera e caparbia.

Lo sterminio degli Osage, il volto più violento dell’America, nel film di Martin Scorsese

Killers of The Flower Moon, cinematographe.it
Lily Gladstone, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio

Il popolo scelto dal caso, “benedetto” dall’oro nero, dal petrolio capace di portare fortuna e ricchezza ma di macchiare le coscienze come macchia i corpi di alcuni nativi nelle prime scene di Killers of the Flower Moon, un’immagine gioiosa, evocativa, quando scoprono un giacimento di petrolio nella loro terra, la loro fortuna, non sapendo che li porterà alla rovina. Martin Scorsese accende i riflettori su una vicenda poco conosciuta, tratta dal libro Killers of the Flower Moon: The Osage Murders and the Birth of the FBI scritto da David Grann, sotterrata dalla “grande Storia”, quella dei bianchi, dei privilegiati, dei sopraffattori. Il cinema per tanto tempo ci ha raccontato i nativi come semplici selvaggi a cavallo, nemici da combattere, i cattivi contro i “buoni”, dimenticando volutamente di ricordare tutti i soprusi che hanno dovuto sopportare, privati delle loro terre e della loro storia. Un dramma ricostruito minuziosamente, dalle tinte noir per entrare nel cuore di un’America crudele, in cui l’unico dio si chiama denaro. “Amo i soldi”, ripete più volte Ernest, uno dei personaggi più ripugnanti e grotteschi degli ultimi anni, coadiuvato e pilotato dallo zio, il “re” William Hale, per i suoi scopi, spingendolo a sposare l’Osage Mollie e avere così l’eredità da “sangue puro”. Una donna che Ernest finisce per amare davvero (a modo suo), senza per questo motivo fermarsi di fronte ai suoi terribili intenti. Mollie lo chiama, forse non tanto inconsapevolmente, “coyote”, animale che proprio nella mitologia dei nativi americani è raffigurato come un imbroglione, capace di portare caos nella vita dell’uomo.

Killers of the Flower Moon è tante cose: è cinema puro, cinema classico, imponente come quello al quale da sempre ci ha abituati Scorsese, che più volte ci ha mostrato il volto più nero e violento della storia americana: come in Gangs of New York, The Irishman, The Departed. Un thriller, un western in cui la lotta non si combatte ad armi pari ma subdolamente: il nemico serpeggia nelle case degli Osage vestito da amico o da benefattore come Hale, un Robert De Niro dal costante ghigno malefico, straordinario nel suo lavorare di sottrazione dimostrando con pochi incisivi sguardi le trame che cela dietro il volto accogliente che mostra agli Osage, tradendoli nel profondo.

Razzismo, avidità, crudeltà: “Il male è intorno al mio cuore, questa coperta (indumento tradizionale delle donne Osage) è come un bersaglio sulle mie spalle”, sentiamo dire a Mollie in uno dei suo monologhi fuori campo, mentre vengono inquadrati i bianchi sotto una luce sinistra che guardano in camera con i loro sguardi vuoti e famelici. Il suo popolo accogliente, coraggioso, dalle tradizioni antiche, spirituali, legato alla natura, alla purezza d’animo, in contrasto alla viltà dei bianchi: Scorsese rende giustizia e omaggio agli Osage che, come afferma uno di loro secondo un antico saggio sarebbero morti per mano nemica, ignari che si sarebbero ritrovati i loro assassini proprio in casa.

Killers of the Flower Moon: valutazione e conclusione

Killers of The Flower Moon, cinematographe.it
Leonardo DiCaprio e Robert De Niro

Un racconto appassionante per il quale il regista premio Oscar ha chiesto la consulenza proprio degli Osage, per dare il giusto valore ai loro antenati, a chi ha subito ed è morto ingiustamente, protagonisti loro malgrado del primo grande successo investigativo dell’FBI di J. Edgar Hoover, nata proprio in quegli anni, aspetto che viene raccontato solo nell’ultima parte del film. La colonna sonora di Robbie Robertson (recentemente scomparso e collaboratore storico di Scorsese) scandisce le trame di William ed Ernest, comunicando con le sue note tutta la malvagità di cui sono capaci, il buio della loro anima in contrasto alla luminosità di Mollie, la rivelazione Lily Gladstone, magnetica e profonda, luce che Ernest cerca di spegnere, un personaggio che Leonardo DiCaprio riesce a rendere con straordinario mimetismo in tutta la sua mostruosa ignoranza che non guarda in faccia nemmeno all’amore.

Guarda in una clip la grande prova attoriale di Robert De Niro e Leonardo DiCaprio

Regia - 5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.3