La storia delle blacklist è lunga come la storia stessa di Hollywood. La lista nera più famosa è ovviamente quella iniziata nel 1947 con gli Hollywood Tene la sistematica esclusione delle persone (presumibilmente) legate al Partito Comunista dal lavoro nel cinema, ma questo non significa che attori e attrici sia prima che dopo siano stati liberi di pensare, parlare e agire in modo totalmente libero.

Nell’epoca d’oro degli Studios, ad esempio, ogni contratto prevedeva clausole molto precise non soltanto in termini di lavoro ma anche di comportamento e la reputazione pubblica è stata un fattore molto importante di successo fin dagli albori del cinema.

Photograph, Black-and-white, Snapshot, Photography, Stock photography, Monochrome, Monochrome photography, Conversation, Child, Style, pinterest
Warner Bros.

Esattamente come le blacklist, il gossip è vecchio quanto il cinema visto che la prima rivista scandalistica, Moving Picture World, nacque nel 1909 e da lì in poi la lista delle persone messe da parte per le proprie idee, per i propri vizi o anche solo per un passo falso è diventata lunghissima, pensiamo alla povera Mary Astor e ai suoi diari resi pubblici nel 1936 durante la causa di divorzio - uno dei primi e più succosi scandali di Hollywood - il cui contratto prevedeva una clausola di moralità e che rischiò il licenziamento, evitato solo grazie all’interessamento personale di Samuel Goldwyn.

Le blacklist e gli scandali colpiscono uomini e donne in maniera quasi uniforme, ma per le donne è più difficile riprendersi: quando Winona Ryder fu sorpresa a rubare in un negozio e si prese una pausa volontaria dal lavoro di tre anni, tornò a Hollywood in un’età in cui nessuna la voleva più scritturare come il love interest del protagonista, ma ancora troppo giovane per i ruoli di madre - e siccome tutti sappiamo che le donne a Hollywood tra i 35 e i 50 non esistono, il resto potete dedurlo.

C’è persino una leggenda che gira dal 1993, quando Marisa Tomei vinse l’Academy Award per Miglior Attrice Non Protagonista con Mio Cugino Vincenzo: “Winning best supporting actress is a career killer” ovvero, quando un’attrice vince l’Oscar come non protagonista poi la sua carriera va a rotoli.

Hair, Face, Lip, Hairstyle, Eyebrow, Beauty, Chin, Head, Forehead, Nose, pinterest
20th Century Fox

In effetti nomi come Kim Basinger, Mira Sorvino, Jennifer Hudson, Mercedes Ruehl, Brenda Fricker (che addirittura in tre anni passa da vincere per Il Mio Piede Sinistro al ruolo di “signora dei piccioni” in Mamma Ho Perso L’aereo 2) e molte altre hanno subito questo destino, ma come sempre dietro la leggenda metropolitana ci sono spesso storie molto più concrete.

Sorvino come tutti sappiamo fu maledetta da Weinstein per averne rifiutato le avance come anche Ashley Judd e Rose McGowan, Kim Basinger aveva un’età in cui era impossibile trovare ruoli per lei, Jennifer Hudson è afroamericana e non magra (quindi, ancora meno ruoli per lei) e così via, ma per molte che magari non sono neanche arrivate a una nomination è bastata la reputazione di “stronze” per vedere la propria carriera scomparire in un soffio.

Linda Fiorentino, Thora Birch, Tippi Hedren sono solo alcune delle attrici escluse da ruoli importanti perché ritenute “difficult”, un’espressione che può voler dire qualsiasi cosa: dall’essere una conclamata drama queen come Faye Dunaway a pestare i piedi alla persona sbagliata, in genere un noto megalomane tirannico come Weinstein o Michael Bay (che ha fatto sparire dai radar in un minuto Megan Fox dopo che l’aveva paragonato a Hitler in un’intervista) o anche, sorprendentemente, uno di quelli che immaginiamo come bravi ragazzi, come Seth Rogen e Judd Apatow.

Meal, Eating, Food, Breakfast, Vacation, Conversation, Room, Restaurant, Brunch, Dish, pinterest
Universal Pictures

A pestare i piedi a quelli che nel 2007 erano i re della romantic comedy, finendo defenestrata in un minuto, fu Katherine Heigl. Una che non aveva mai avuto la reputazione di tipa facile e infatti si era lasciata già rancore alle spalle ritirando la candidatura agli Emmy per Grey’s Anatomy, serie che aveva contribuito a lanciarla, per motivi ancora oggi poco chiari e mettendo in imbarazzo la showrunner Shonda Rhymes (anche lei nota per la propensione a bruciare ponti con ex membri del cast).

Il suo statement era: "Penso di non aver avuto modo, quest’anno, di fornire materiale adatto a una nomination Emmy, e per mantenere l’integrità dell’organizzazione ritiro il mio nome dalla competizione".

La propensione di Heigl a dire la propria opinione senza censure l’aveva circondata di un’aura bitchy che reale o meno, a Hollywood è un po’ una condanna a morte per un’attrice, sempre per il double standard per cui se un uomo è umorale e capriccioso “ha carattere” o è un genio ribelle mentre una donna è fastidiosa, rompiscatole, insomma una stronza.

Conversation, Fun, Sitting, Tableware, Cup, pinterest
Universal Pictures

Grandi reputazioni da stronze (o da “pazze”, che è un’altra versione della storia) ce l’hanno anche Jennifer Lawrence, Kristen Stewart, Patricia Arquette, Gwyneth Paltrow, Jennifer Lopez, Scarlett Johansson, Kathleen Turner, Angelina Jolie e la lista potrebbe continuare quasi all’infinito, ma quanto la reputazione può incidere sulla carriera dipende ovviamente da quanto quella carriera è solida e quanti legami importanti - amicizie, matrimoni, parentele - le donne possono contare per supportarle.

Narrative costruite a base di tabloid, rumors, interviste ma che molto spesso restano anche sottotraccia e ovviamente, più le persone che ti detestano hanno potere più la terra bruciata intorno a te diventa ampia, se pensiamo che persino Peter jackson ha ammesso di aver messo in blacklist Sorvino e Judd su ordine di Harvey Weinstein.

Data la scarsità di ruoli per attrici non giovanissime, ovviamente superati i trent’anni il problema diventa ancora più importante ed è esattamente quello che è successo anche ad Heigl.

Conversation, Fun, Sitting, Tableware, Cup, pinterest
Universal Pictures

L’intervista a Vanity Fair che le fece guadagnare l’inimicizia di Apatow e Rogen sostanzialmente metteva in luce il sessismo del suo ruolo in Knocked Up:"È sessista, dipinge le donne come frustate e senza un minimo di humor, mentre gli uomini sono buffi e amanti del divertimento. (...) Interpreto una stronza, perchè dobbiamo dipingere le donne in questo modo? Per carità, il 99% del tempo mi sono divertita, ma è difficile per me amare il film".

Mise un freno alla sua carriera nonostante il successo della sua rom-com dell’anno dopo, 27 Dresses, in un momento in cui stava appunto passando dai venti ai trenta. Con pochissimi ruoli a disposizione, chi vorrebbe scritturare una che nel settore ha la reputazione di “impossibile” e capricciosa quando la scelta di attrici disperate per avere un ruolo è così ampia?

Parlare di sessismo a Hollywood nel 2007 non era esattamente come parlarne oggi - non che parlarne oggi ti faccia guadagnare amici, s’intende, specialmente nella critica cinematografica europea - e Heigl fu etichettata come ingrata nei confronti dei due uomini che le avevano “regalato” il grande salto dalla tv al cinema e come ipocrita perché i suoi ruoli successivi erano altrettanto sessisti - come se ci fosse stata tutta questa scelta, o come se li avesse scritti lei.

Blond, pinterest
Universal Pictures

Come spesso accade per le donne nel cinema, ma anche nella maggioranza degli ambienti di lavoro, la preferenza del sistema va alle donne che sono docili e sottomesse, che evitano di dire apertamente quello che pensano e sanno piegarsi loro malgrado a logiche che le mortificano, perché queste sono le regole del gioco, con la parziale eccezione di figlie d’arte e mogli di gente molto potente.

Sembra di parlare di millenni fa, considerato quanto è cambiato il mondo (almeno in teoria) con il #metoo, ma sarebbe ingenuo illudersi che pochi anni di aperta ribellione da parte delle donne abbiano cambiato il sistema: Heigl infatti ha tentato il comeback diverse volte con scarso successo, nonostante il pubblico “perdono” di Rogen e Apatow, e non sembra che la sua carriera potrà mai tornare promettente come quando aveva 29 anni.

Così come per Winona Ryder, Marisa Tomei, Mira Sorvino, Ashley Judd, Kathleen Turner e tutte le donne escluse da Hollywood, la blacklist magari non è permanente né totale visto che tante di loro hanno continuato a lavorare con regolarità, ma taglia le gambe al vero successo e a un percorso da star indipendentemente dal talento e dall’impegno.

Facial expression, Smile, Beauty, Headpiece, Hair accessory, Headgear, Happy, Tree, Photography, Fashion accessory, pinterest
Columbia Pictures

Certo, è bene ricordare che questo è successo anche a molti uomini (Brendan Fraser per esempio, anche lui molestato e cancellato dall’elenco degli A-Lister nel pieno del successo) perché le blacklist sono molto utili a liberarsi di gente un po’ scomoda indipendentemente dal genere, ma per le donne e specialmente per le donne over 30 sono particolarmente crudeli e definitive vista la scarsità di ruoli che hanno a disposizione e questo è uno tra i tanti motivi per cui molte persone chiedono più storie con donne protagoniste e più varietà di punti di vista.

Non che finora, pur muovendosi certamente qualcosa più di prima, queste storie siano state premiate da critica e awards, ma sicuramente analizzare e cercare di capire episodi come quello che ha rovinato la carriera di Katherine Heigl può aiutare ad avere consapevolezza del problema.