joan crawford filmpinterest
Robert Coburn Jr.//Getty Images

Joan Crawford, dapprima avvicinatasi al mondo dello spettacolo come ballerina a Broadway, a soli 20 anni è stata notata ad Hollywood dove, grazie alla sua forte ambizione, ha avuto inizio un’incredibile carriera da diva indiscussa.

Curiosa è la famosa faida con la collega Bette Davis, raccontata di recente dalla serie televisiva “Feud”. Le attrici, da sempre competitive e mosse da una antipatia reciproca, dopo aver recitato l’una accanto all’altra nel film di successo “Che fine ha fatto Baby Jane?” (1962) hanno dato inizio a una vera e propria guerra fatta di attacchi in pubblico, anche durante importanti cerimonie, e commenti al vetriolo rilasciati in numerose interviste.

Biografia e vita privata

Joan Crawford, nome d’arte di Lucille Fay LeSueur è nata in Texas, a San Antonio, il 23 marzo 1904 e non ha avuto un’infanzia facile. Già prima della sua nascita, Il padre, lavandaio, Thomas E. LeSueur aveva abbandonato la madre, Anna Bell Johnson, ed era morta la sorella maggiore Daisy LeSueur; quindi, Joan ha conosciuto solo il fratello più grande Hal LeSueur. La madre ha cambiato diversi uomini sino al matrimonio con il gestore di un piccolo teatro in Oklahoma, che Joan ha creduto fosse suo padre per lungo tempo fino alla rivelazione della verità da parte del fratello, Henry J. Cassin, il quale ha abusato della figliastra da quando aveva undici anni. Joan non ha potuto proseguire il percorso scolastico a causa della precarietà economica della famiglia che, dopo l’accusa di appropriazione indebita del patrigno, poi assolto, ha scelto di trasferirsi a Kansas City e di iscriverla all’Accademia Cattolica di St. Agnes dove Joan è rimasta anche in seguito alla separazione della madre e di Cassin, lavorando come cameriera, cuoca, commessa ecc. per pagarsi gli studi e iscrivendosi anche, per un breve periodo, allo Stephens College Columbia, nel Missouri.

Non solo le origini, ma anche crescendo la vita privata di Joan Crawford non si può dire che non sia stata travagliata. L’attrice ha dichiarato di essersi sposata diverse volte: nel 1929, con il giovane attore Douglas Fairbanks Jr., figlio di Douglas Fairbanks e figliastro di Mary Pickford, conosciutissimi nell’ambiente holliwodiano; nel 1935, con l’impresario teatrale Franchot Tone, il quale ha cercato, mentre la moglie promuoveva la sua carriera da attore cinematografico, di avvicinare Joan al teatro ma ognuno preferiva continuare la propria carriera e nel 1939 l’attrice ha ottenuto il divorzio dal marito, diventato alcolista e violento; nel 1942 con il collega Phillip Terry e nel 1955 con Alfred Nu Steele, presidente della “Pepsi Cola”, e dalla sua morte, nel 1959, Joan ha preso parte, per molti anni, del consiglio di amministrazione diventando anche volto pubblicitario della nota azienda. L’attrice non potendo avere figli propri, li ha adottati: Christina nel 1940, Christopher, poco dopo assieme al terzo marito, Cindy (omonima della più giovane popolare attrice Cindy Crawford) e Cathy nel 1947. Joan Crawford è morta per un infarto (anche se alcune fonti hanno riportato che avesse un cancro al pancreas, al fegato o all’intestino) a New York nel 1977, dividendo il suo ingente patrimonio tra le sue ultime due figlie e alcune associazioni benefiche, diseredando espressamente all’interno del suo testamento i primi due figli. La primogenita Christina ha descritto la madre con parole forti, raccontando di aver subito abusi da parte sua, nel libro “Mammina Cara”, di cui, nel 1981, è uscito il film dove è l’attrice Faye Dunaway a vestire i panni di Joan Crawford.

faye dunaway joan crawfordpinterest
Donaldson Collection//Getty Images

Filmografia

La carriera di Joan Crawford è iniziata durante il cinema muto degli anni venti, in cui, già dai primi ruoli minori, hanno avuto modo di emergere la sua bellezza e le sue espressioni da giovane donna destinata ad essere una grande diva. Tra i film del genere, sicuramente, ha ottenuto il maggior successo “Le nostre sorelle di danza” (1928) con cui Joan, grazie al ruolo da protagonista, ha raggiunto la celebrità. Il passaggio dal muto al sonoro non è stato un problema per la star che tra gli anni trenta e quaranta ha recitato in diverse pellicole cinematografiche tra cui: “Debito d’odio” (1930), nel ruolo di un'ex detenuta che cercava vendetta nei confronti di chi l’aveva messa in prigione, “L’amante” (1931), uno dei tanti film accanto a Clark Gable, nei panni di un’operaia che sognava una vita migliore, “Grand Hotel” (1932), nelle vesti di una giovane e spregiudicata dattilografa accanto alla grande Greta Garbo, “Volto di donna”(1941), con un’interpretazione difficile di una ricattatrice dal volto sfigurato, “Hollywood Canteen”(1944), che ha segnato il passaggio di Joan dalla MGM alla Warner Brothers e “Viale Flamingo”(1949) in cui è stata, di nuovo, una ballerina.

Gli anni cinquanta e sessanta hanno visto l’ormai matura star ancora da protagonista, nei ruoli, tra gli altri, di una donna subdola e manipolatrice ne “L’ape regina” (1955) e di una duplice assassina uscita dal manicomio in “5 corpi senza testa” (1964).

Gli ultimi lavori di Joan hanno avuto luogo all’inizio degli anni settanta e l’ultima apparizione in pubblico è stata ad una festa nel 1974; da quel momento l’attrice, anche a causa di problemi legati all’alcool nonché a diverse cure per problemi di salute, si è ritirata ufficialmente dalle scene.

joan crawford filmpinterest
George Hurrell//Getty Images

“Il romanzo di Mildred”

Joan Crawford nel 1955, con il clamoroso successo del film drammatico noir “Il romanzo di Mildred”, grazie ad un’interpretazione magistrale ha vinto l’unico premio Oscar della sua carriera, come miglior attrice in un ruolo principale (negli anni successivi riceverà altre due candidature).

Joan ha assunto le vesti di una donna che, dopo aver scoperto l’omicidio del suo secondo marito di cui l’indagato principale è il suo primo marito, convinta dell’innocenza di quest’ultimo, racconta alla polizia tutta la sua storia e, soprattutto, il difficile rapporto con la figlia; alla fine, però, decide lei stessa di confessare l’assassinio, proprio per salvare la figlia, la vera colpevole.