Jeff Bridges: «Tutto quello che ho imparato dalla malattia»

Il Premio Oscar torna in tv come protagonista di The old man, dal 28 settembre su Disney+,  e - a differenza del suo personaggio - alla pensione non ci pensa affatto
Jeff Bridges «Tutto quello che ho imparato dalla malattia»
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Sorridente in una camicia hawaiana rossa e bianca, Jeff Bridges è al centro di una gigantesca camera d’hotel su una sedia minuscola, eppure sembra perfettamente a suo agio. È la magia della telecamera che, anche via Zoom, rende tutto più magico.

Il Premio Oscar si trova alle prese con una nuova sfida, la serie The Old Man, dal 28 settembre su Disney+. Il look informale e colorato dell’intervista è l’esatto opposto dei toni dark e noir delle varie puntate, che lo vedono nei panni di un ex agente segreto in pensione un po’ forzata. Per sparire dai radar governativi vive una vita piuttosto grigia e defilata, ma ad un certo punto si ritrova inspiegabilmente in pericolo. Il suo Dan Chase ha un bersaglio sulla schiena e, a dispetto dell’età, è ancora una volta costretto alla fuga, lasciandosi alle spalle anche gli affetti più in cari, in questo caso la sua unica figlia. A giudicare dal pilot, sembra proprio che non abbia altra scelta ma la ragazza non la prende benissimo, pur capendo le motivazioni che lo spingono a scomparire di nuovo e – pare – questa volta per sempre.

C’è qualcosa di Dan che le ricorda se stesso? È il tipo di persona che frequenterebbe nella realtà?
«Io e lui ci somigliamo, lo sa? Siamo entrambi attori. Per essere un operativo della CIA devi convincere gli altri che stai dicendo la verità quando menti e anche nell’ambito della recitazione vale la stessa regola. E, grazie ad un consulente sul set, un vero agente, ho avuto di apprezzarlo ancora di più. Sì, direi che avere nella vita una persona come lui sembra piuttosto intrigante».

Dan ha archiviato la sua carriera. Ha mai pensato di fare lo stesso?
«Ci ho pensato quando per due anni ho avuto seri problemi di salute (un linfoma, ndr.). Credevo che non sarei stato mai più in grado di recitare, eppure sono migliorato e quell’idea di andare in pensione è evaporata. Capita nella vita: tu fai progetti e lei ti porta su tutt’altra strada e devi adattarti. Io, poi, ho un sacco d’interessi, non me ne sarei stato con le mani in mano. Mi piace esibirmi come musicista, dipingo, mi do alla ceramica…».

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Qual è lo scopo di tutto quello che fa?
«Mi piacerebbe poter dire di aver fatto la differenza nel mondo. Oggi i giovani vogliono tutti fare l’influencer e anch’io, se vuol dire condividere energie positive con gli altri».

Qualcosa le riesce peggio?
«Con la pratica si migliora, ma non si può mai dire di essere arrivati, ma puoi decidere tu di metterci un punto. Se ad esempio sto dipingendo un quadro e aggiungo una punta di blu di troppo posso rovinarlo e allora mi maledico per non essermi fermato al momento giusto, un pochino prima».

Come si è avvalso dell’esperienza del consulente sul set per addentrarsi in un campo a lei sconosciuto?
«Lui ha una filosofia un po’ stoica, io preferisco il buddismo, ma ci ho visto dei parallelismi. Amo molto un libro dal titolo La tranquillità è la chiave (in originale The obstacle is the way, ndr.): la tendenza umana è di associare il concetto di ostacolo a quello di una disgrazia, invece possiamo abbracciarlo come un regalo, un’opportunità. È inutile fare i duri e prendere la vita di petto o, al contrario, cercare di correre più lontano dello stress. Non funziona».

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E cosa funziona?
«La paura e lo stress vogliamo tutti evitarli ma in realtà se abbracci quello che non conosci come un dono allora diventi più contento e più saggio. Il grande Lebowki lo dice meglio di me: “A volte sei tu che mangi l’orso e a volte è l’orso a mangiare te”».

Se potesse, per cosa vorrebbe essere ricordato?
«Un ingegnere di nome Bucky Fuller ha fatto incidere sulla sua tomba: “Chiamatemi correttore di assetto” (in originale “Call me trimtab”, ndr.). Si tratta di un minuscolo strumento nautico che ha inventato e che consiste in parole povere in un radar piccolo posizionato su un radar grande, che poi è quello che tiene la rotta. Questo affarino permette di tenere in riga la strumentazione di bordo maestosa. Se tu consideri il parallelismo con un individuo e con la società allora ti rendi conto che il singolo può essere la differenza per evitare che il mondo ruoti fuori asse. Ecco perché voglio fare l’influencer ed essere come lui, il mio eroe».

Possiamo sperare di vederla presto in Italia?
«Sarebbe un sogno perché amo il vostro Paese. Mio fratello è stato da poco a Venezia, beato lui!».

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