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PEARL JAM – ‘Dark Matter’

Per ‘Dark Matter’ i Pearl Jam si sono affidati a Andrew Watt, che di recente ha prodotto ‘Earthling’ di Eddie Vedder, per molti fan ben più appetibile rispetto alle soluzioni artistiche ascoltate in alcuni pezzi di ‘Gigaton’. Watt è ormai diventato il produttore più richiesto del momento dai grandi nomi del rock (più o meno duro): di recente i The Rolling Stones, prima di loro Ozzy Osbourne e Iggy Pop, senza dimenticare anche artisti mainstream come Post Malone e Miley Cyrus. Watt ha dichiarato di essere cresciuto adorando i primi Pearl Jam e non è una sorpresa che il gruppo di Seattle con ‘Dark Matter’ recuperi almeno in parte quella componente di fisicità e il senso di urgenza latitante da tempo nel rock del gruppo, conservate solo qua e là in sparuti episodi. Questa è la piccola “novità” proposta dai Pearl Jam nel 2024: un parziale ritorno a un rock più muscolare e diretto, scevro dell’ambizione di proporre sonorità più sperimentali o avant-rock ma che recupera una freschezza ritmica andata un po’ perduta in una musica che rimane comunque molto legata alla grande tradizione acustica/folk americana. Che le radici musicali del gruppo affondino nell’arte di Neil Young e dei grandi storyteller, nel rock vibrante e artistico dei classici dei The Who e nella carica travolgente dei The Ramones è risaputo, ed è innegabile l’effetto positivo nel riascoltare Mike McCready e Stone Gossard alle prese con parti di chitarra nuovamente ficcanti, con la sezione ritmica Cameron-Ament che può tornare a rimettersi in moto con più continuità dopo anni di digressioni musicali più o meno ispirate. Andrew Watt è anche un chitarrista, e questo aspetto si percepisce chiaramente ascoltando ‘Dark Matter’ con la dovuta attenzione: i suoni sono tornati più potenti e brillanti, con evidenti benefici in primis per le tracce più rock del lavoro: dall’iniziale doppietta formata da ‘Scared of Fear’ (che incarna lo spirito dei The Who) e ’React, Respond’ al primo singolo ‘Dark Matter’ – dal riff memorabile già a un primo ascolto – fino ad arrivare al travolgente uptempo ’Running’. Quello che manca un po’ nei citati primi due singoli e nella “side” più rock del lavoro è la profondità sonora che faccia venire fuori quella tridimensionalità di fondo presente nei primi dischi del gruppo (cresciuto ascoltando lavori come ‘Quadrophenia’), nonché le note più basse e grevi, e non alludiamo solo a quelle del basso di Jeff Ament. Parlando di quest’ultimo, il suo sound è un po’ coperto da un guitar sound cromato e rotondo (per la verità ben poco settantiano), salvo che nei pezzi in cui è Jeff stesso a condurre le danze (non manca nemmeno la baritone guitar) come ‘React, Respond’, pezzo intrigante anche dal punto di vista chitarristico. Con il poker di pezzi iniziale (non ci siamo dimenticati di ‘Wreckage’ nda), mutuando un’espressione tipica del baseball, i Pearl Jam coprono già tutte le basi del “diamante”, arrivando a segnare meritatamente il punto. Ma il disco ha qualcosa da dire anche sul versante più soft, che è quello che prende il sopravvento dopo le melodie accessibili di ‘Won’t Tell’ – che si fa apprezzare per le parole accorate di Eddie – con l’ancor più profonda e completa (dal punto di vista musicale) ‘Upper Hand’: intro atmosferica di tastiere e chitarre, prima che il brano si sciolga in un’atmosfera calda e carica di feeling e psichedelia che ricorda i Pink Floyd, con una sezione solista che ci restituisce un Mike McCready sopra le righe. Si tratta di uno dei pezzi migliori per scrittura e produzione dell’intera opera, e qui sì che si sente la profondità meno presente altrove. Watt ha messo lo zampino anche come songwriter visto che, come sua abitudine, è accreditato come co-songwriter di ogni brano della tracklist. Un altro punto ‘Dark Matter’ lo segna facendoci riascoltare elementi che alcuni forse temevano di non sentire più in un disco dei Pearl Jam, come Vedder ancora in grado di cantare su note piuttosto alte nell’interessante ‘Waiting For Stevie’, che potrebbe funzionare anche come ballata senza un batterista dinamico come Matt Cameron; la traccia ha anche il merito di continuare la striscia positiva di schitarrate soliste di Mike McCready. Nonostante i primi due singoli siano i pezzi più energici e diretti, ‘Dark Matter’ non è solo un album rock con una buona dose di freschezza ritmica ma rispolvera pure l’anima più ammaliante del gruppo, quella che sa scaldare il cuore dei rocker con un brano intenso come ‘Wreckage’, in cui Eddie Vedder interpreta con voce matura un testo emozionante sopra un soffice tappeto di chitarre pulite, e con l’ispirata ‘Setting Sun’, il lento conclusivo dell’opera – che non sarebbe stato fuori posto in un disco di Springsteen – che fa buon uso delle note vocali più profonde di Vedder ed è “colorato” ad arte dal resto della band. La canzone, che arriva dopo una seconda parte del lavoro più tranquilla, con le eccezioni di ‘Running’ e di una ‘Got To Give’ che avrebbe potuto uscire dal songbook di Neil Young, chiude degnamente il lavoro infondendo sensazioni positive anche perché i testi più ispirati del paroliere Eddie Vedder riescono ancora a trasmettere vibrazioni positive con il loro carico di umanità e sensibilità. Per giudicare in modo equilibrato ‘Dark Matter’, ha senso tenere sotto controllo l’entusiasmo inevitabile provato nel riascoltare dei Pearl Jam più vibranti e con uno spirito più vicino a quelli degli anni ’90. Per sommi capi, nell’ultimo quarto di secolo si sono formate due opposte fazioni: quelli che non considerano più la band in grado di comporre materiale degno di nota e si limitano a ricordare un passato irripetibile, e sono quelli che sistematicamente snobbano il gruppo dalla fine dello scorso secolo; e i fan più oltranzisti, quelli in grado di trovare pepite d’oro in abbondanza in ogni lavoro dei Pearl Jam. Fermo restando che ogni opinione è legittima – quando è rispettosa e formulata dopo aver ascoltato per intero i dischi – ‘Dark Matter’ è un lavoro che dà l’impressione di voler mettere d’accordo tutti, ma contrariamente a quello che capita spesso in questi casi, anche se suona meno spontaneo e ardito di altri lavori, riesce comunque nella missione di riportare il gruppo in carreggiata per il motivo più semplice: il team formato da Pearl Jam e Andrew Watt ha sfornato un buon numero di canzoni piacevoli che suonano in modo accattivante e sono in grado di emozionare. In un mondo sempre più cupo e tossico, ‘Dark Matter’ è una piccola luce nella materia oscura.

Consigliato a: chi vorrebbe riascoltare dei Pearl Jam più “alive” dal punto di vista ritmico rispetto alle ultime uscite, con suoni più rotondi e puliti ma senza dimenticare le atmosfere elettroacustiche ancora in grado di emozionare.

Tracklist:
01. Scared Of Fear
02. React, Respond
03. Wreckage
04. Dark Matter
05. Won’t Tell
06. Upper Hand
07. Waiting For Stevie
08. Running
09. Something Special
10. Got To Give
11. Setting Sun

Line-up:
Eddie Vedder – voce, chitarra, piano
Mike McReady – chitarra, piano
Stone Gossard – chitarra
Jeff Ament – basso, chitarra, baritone guitar
Matt Cameron – batteria, percussioni

Per maggiori informazioni, qui la pagina Facebook della band.

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Monkeywrench / Republic
Massimo Incerti Guidotti

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Ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: tre incarnazioni del Sabba Nero in altrettante decadi, il canto di un Dio tra Paradiso (Perduto) e Inferno, il sognante David Gilmour a Pompei, i fiordi e i Kamelot in Norvegia, lo Sweden Rock Festival, il Fato Misericordioso e il Re Diamante, un commovente Placido Domingo alla Scala. Sono stato sommerso dal fango in Svizzera per il 'Big 4' e in una miniera in Polonia ma sono ancora qui. E tutti quei momenti non andranno mai perduti nel tempo, perchè: "All I Want, All I Get, Let It Be Captured In My Heart".
Modenese, metallaro, milanista, nonostante tutte le sue nefandezze, amo la vita e la possibilità che l'arte (a 360°: in primis cinema, letteratura e fumetti) mi offre di viaggiare con la mente sprigionando la mia fantasia. Basta un disco o un concerto per sentirsi in Finlandia sotto una nevicata, anche se il paese più affascinante e variopinto del mondo rimane la nostra Italia. Doom on!

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