Jazz

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Jazz
Origini stilisticheMusica afroamericana
Ragtime
Spiritual
Gospel
Blues
Folk
Musica classica
Origini culturaliTra gli anni dieci e gli anni venti negli Stati Uniti meridionali
Strumenti tipicipianoforte, sassofono, tromba, contrabbasso, basso elettrico, batteria, chitarra, voce, clarinetto, trombone, vibrafono, tuba, cornetta, flauto traverso
Popolaritàdagli anni '20 agli anni '70, arrivando a suscitare interesse e partecipazione di musicisti e pubblico fino ai giorni nostri.
Sottogeneri
Il primo jazz[1] - Acid jazz - Free jazz - Fusion - Progressive jazz - Cool jazz - Hard bop - Jazz-pop - Mainstream jazz - Bebop - Crossover jazz - Swing - Latin jazz - Jazz brasiliano - Dixieland - New Orleans jazz - Smooth jazz - Ragtime - Nu jazz - Soul jazz - Jazz-funk
Generi derivati
Soul - Funk - Rock and roll - Reggae - Rap - Electric blues
Categorie correlate
Gruppi musicali jazz · Musicisti jazz · Album jazz · EP jazz · Singoli jazz · Album video jazz

Il jazz, raramente adattato in italiano come giazz,[2][3][4] è un genere musicale nato agli inizi del XX secolo come evoluzione di forme musicali già utilizzate dagli schiavi afroamericani. Inizialmente aveva la forma di "canzoni di lavoro" (work songs) nelle piantagioni e durante la costruzione di ferrovie e strade negli Stati Uniti e serviva a ritmare e coordinare i movimenti (il ritmo era binario). I primi musicisti suonavano musica a orecchio e le orchestre pionieristiche a New Orleans erano chiamate ragtime bands.[5]

Apporto notevole, a una prima evoluzione strumentale del jazz, fu dato dagli emigrati italiani di New Orleans che appunto aggiunsero altri strumenti musicali provenienti dalla tradizione italiana delle bande di paese: infatti tra i migliori musicisti di jazz figurano afroamericani poi affiancati da italoamericani (come Nick La Rocca), che formarono la Original Dixieland Jass Band, ossia la banda che diffuse il jazz negli U.S.A. producendo molti dischi.[6][7] Inoltre, al banjoista/chitarrista italo-americano Mike Danzi viene attribuito il merito di aver contribuito a introdurre il jazz dagli Stati Uniti in Germania durante la Repubblica di Weimar negli anni '20.[8][9]

Il jazz arriverà a Chicago con Louis Armstrong e poi in Europa dove avrà un successo grandissimo. Con gli anni andrà modificandosi e diventerà anche una musica commerciale con lo swing fino a riprendere le tradizioni della cultura afroamericana delle prime jazz band col bebop.

Nel jazz ci sono due forme principali: il blues, in 12 battute (3 frasi musicali), e la canzone, in 32 battute. Inizialmente l'essenza dell'improvvisazione era nella linea melodica, ciò è dovuto al fatto che il mezzo jazz prototipico (originale) è il gruppo di ottoni, in cui, dato che ogni suonatore può produrre una sola nota alla volta, gli assoli sono necessariamente melodici. Gli strumenti armonici di accompagnamento (pianoforte, chitarra, contrabbasso) vennero introdotti dopo. Sin dai primi tempi il jazz ha incorporato nel suo linguaggio i generi della musica popolare, del ragtime, del blues, della musica leggera e infine della musica colta, soprattutto statunitense. In tempi più recenti il jazz si è anche mescolato con tutti i generi musicali moderni anche non statunitensi, come il samba, la musica caraibica e il rock.

Il jazz si è trasformato nel corso del ventesimo secolo evolvendosi in una grande varietà di stili e sottogeneri: dal dixieland di New Orleans dei primi anni, allo swing, delle big band negli anni trenta e quaranta, dal bebop della seconda metà degli anni quaranta, al cool jazz e all'hard bop degli anni cinquanta, dal free jazz degli anni sessanta alla fusion degli anni settanta, fino alle contaminazioni con il funk e l'hip hop dei decenni successivi. L'uso di queste etichette non è stato poi molto gradito da tanti musicisti (jazzisti) che preferiscono definire la loro musica semplicemente come jazz. Dopo gli anni settanta il jazz è entrato nella cosiddetta musica colta, entrando quindi nei corsi tenuti nelle scuole musicali e nei conservatori.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

(EN)

«By and large, jazz has always been like the kind of a man you wouldn't want your daughter to associate with.[10][11][12]»

(IT)

«In genere, il jazz è sempre stato come il tipo d'uomo con cui non vorreste far uscire vostra figlia.»

L'orchestra di Duke Ellington alla Hurricane Ballroom.

Il jazz si è sviluppato agli inizi del XX secolo a New Orleans. Nella città erano presenti varie culture e la maggior parte della popolazione apparteneva ai bassi ceti sociali. A New Orleans, quasi certamente attorno agli anni 1910, venne pronunciata per la prima volta la parola jazz, originata da un vocabolo appartenente alla cultura tradizionale francese dal significato legato all'animazione, alla gioia di vivere. Altre fonti vorrebbero che la parola sia stata originata da un termine di origine africana con riferimenti alla sessualità.[13] La città aveva subito prima una dominazione francese e poi spagnola; era diventata parte degli Stati Uniti con il "Louisiana Purchase" del 1803. Il jazz si affermò subito come sintesi tra numerose culture musicali, europee (musica per banda militare) e africane (percussione, ritmo).

I principali elementi del jazz sono due: ritmo e improvvisazione.

Dal punto di vista tecnico il jazz moderno è caratterizzato dall'uso estensivo dell'improvvisazione, di blue note, di poliritmia e di progressione armonica usate in modo diverso rispetto alla musica classica. Il ritmo, elastico e a volte scandito in maniera ineguale, ad esempio nello swing, ha sempre rivestito grande importanza in quasi tutte le forme di jazz, e talvolta ha generato il jazz sinfonico.

Sin dagli inizi l'interpretazione ha valorizzato l'espressività ed il virtuosismo strumentale. Parte del jazz degli albori era basato su combinazioni di elementi musicali africani, articolata cioè su scale pentatoniche, con caratteristiche blue notes, mescolate ad armonie derivate dalla musica colta europea con un notevole uso di ritmi sincopati e poliritmi.

L'improvvisazione, partendo dalla semplice variazione sul tema iniziale, ha assunto sempre maggiore importanza. Nel free jazz, che ebbe il suo periodo d'oro negli anni Sessanta-settanta, il tema poteva anche scomparire in esperimenti che venivano chiamati improvvisazione totale collettiva.

La formazione jazzistica moderna tipica è costituita da un gruppo musicale di dimensioni limitate. La combinazione più frequente è il quartetto, quasi invariabilmente costituito da una sezione ritmica composta da batteria, basso o contrabbasso, pianoforte e da uno strumento solista, generalmente un sassofono o una tromba.

Nell'ambito della piccola formazione sono possibili e frequenti una gran varietà di cambiamenti. Per quello che riguarda la consistenza numerica, si trovano esempi di performance solistiche (spesso, ma non sempre, si tratta di pianoforte solo) fino ad arrivare al nonetto, formazione che comincia già ad assumere caratteristiche orchestrali. Si hanno anche svariatissime combinazioni per quello che riguarda la qualità degli strumenti coinvolti: si hanno esempi di jazz suonato solisticamente con la maggior parte degli strumenti orchestrali (perfino oboe e arpa) o folcloristici (ad esempio, la kora).

Le formazioni jazzistiche orchestrali, che entrarono in crisi profonda alla fine degli anni trenta, sono oggi abbastanza rare, soprattutto a causa delle difficoltà economiche e organizzative collegate alla gestione di un complesso che comprende molte decine di musicisti.

Per lungo tempo il territorio privilegiato dai musicisti afroamericani fu gli Stati Uniti d'America. Il jazz è oggi suonato, composto e ascoltato in tutto il mondo come se fosse una nuova musica colta, completamente stravolto rispetto ai moduli delle origini: se questo è vero soprattutto nel mondo occidentale, è anche vero che le esplorazioni delle radici musicali africane che molti jazzisti intrapresero a partire dagli anni sessanta e i contatti tra culture e stili musicali caratteristici dell'ultima parte del XX secolo, hanno contribuito a creare molti tipi di jazz, che vanno dalla tradizionale performance per piccolo ensemble, derivato dalle esperienze boppistiche e post-boppistiche, alla creazione di sonorità insolite che nascono dalla ibridazione di diverse tradizioni strumentali e musicali fino ad arrivare a dissolversi nel genere chiamato world music (e in questo caso non si parla più di jazz).

Un fenomeno simile ha recentemente conferito la categoria di genere colto anche a parte della musica brasiliana e argentina (Antônio Carlos Jobim, Astor Piazzolla e altri), che fra l'altro si è apparentata con il jazz, anche per l'opera svolta da Stan Getz ed altri in conseguenza della quale molti standard jazz utilizzano modelli brasiliani e argentini.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La storia del jazz fa registrare una carenza di documentazione e riferimenti per quanto riguarda le sue origini. Le prime fonti sono orali e riguardano gli inizi del XX secolo a New Orleans.

Anni dieci (Inizio del Jazz)[modifica | modifica wikitesto]

Sidney Bechet

La musica che originariamente sarebbe stata chiamata, con termine di origine incerta jazz, nasce quasi certamente a New Orleans all'inizio del XX secolo. Il musicista cui è attribuito il titolo di "padre del jazz", Buddy Bolden, è attivo a New Orleans nel 1904. Nel 1906 il pianista Jelly Roll Morton compose il brano King Porter Stomp, che fu uno dei primi brani jazz a godere di vasta notorietà, e negli anni seguenti a New Orleans furono attive molte formazioni jazz: tra le più importanti, quella capeggiata dal cornettista Joe "King" Oliver. La parola "jazz" venne stampata da un quotidiano, per la prima volta, nel 1913.

Grande notorietà ebbe la Original Dixieland Jazz Band (O.D.J.B.), composta da soli bianchi e diretta dal cornettista, di origini italiane, Nick La Rocca. Dopo il debutto a Chicago il 3 marzo 1916, il 26 febbraio 1917, la O.D.J.B. registrò per la prima volta un brano jazz Livery Stable Blues. Per questo alla O.D.J.B. venne attribuito il titolo di "inventori del jazz".

Anni venti[modifica | modifica wikitesto]

Louis Armstrong negli anni cinquanta

Tra il 1910 e il 1920 molti musicisti di New Orleans, spinti dai maggiori guadagni che venivano offerti al nord e seguendo il flusso della migrazione interna che portava la popolazione a spostarsi verso i grandi centri industriali arrivarono a Chicago (King Oliver, Jelly Roll Morton e Louis Armstrong per citarne solo alcuni) e qui si creò una scuola che formò molti protagonisti soprattutto bianchi, tra i quali Bix Beiderbecke, Frank Trumbauer, Pee Wee Russell.

Il jazz divenne sempre più popolare affermandosi anche come musica da ballo e nei locali notturni. Molti protagonisti, tra cui il sassofonista Sidney Bechet fecero tournée in Europa. Nelle orchestre aumentò l'importanza del solista capace di improvvisare, tra i primi Louis Armstrong. Armstrong era stato seconda cornetta nella Creole Jazz Band di King Oliver e divenne famoso anche grazie alle registrazioni con i suoi gruppi, gli Hot Five e gli Hot Seven nel 1925. Louis Armstrong sarà uno degli esponenti principali del Jazz.

Nacquero le prime grandi orchestre, le big band come quelle di Fletcher Henderson, di Paul Whiteman (il primo esecutore della Rapsodia in blu di George Gershwin), Guy Lombardo[14][15] e di Duke Ellington. New York divenne in breve, dopo Chicago, una delle capitali del jazz, determinando l'inizio dell'età del jazz.

Anni trenta[modifica | modifica wikitesto]

Duke Ellington

A seguito della crisi di borsa dell'ottobre 1929 l'intrattenimento musicale negli Stati Uniti d'America subì un drammatico azzeramento e negli anni immediatamente successivi, passati alla storia come "la Grande depressione", pochi musicisti riuscirono a sopravvivere con la loro musica. I migliori iniziarono fortunate esibizioni in Europa; gli altri fecero fatica a sbarcare il lunario. La rinascita musicale, e con essa totale, dell'America è legata all'intuizione di un giovane musicista di origine ebrea, Benny Goodman. Questi mise a punto un'originale formula musicale utilizzando un tempo costante, rendendo perciò "ballabile" il nuovo stile, e un'accelerazione progressiva nei toni, nei timbri, nei contrappunti. La musica che ne derivò prese il nome di "swing", come il giro di mazza del giocatore di baseball. Ogni brano comincia con tranquillità per scatenarsi progressivamente, mantenendo però rigorosamente lo stesso ritmo. Per rendere ancora più gradito ai ballerini il nuovo stile, Goodman utilizzò una grande orchestra, con una ricca sezione di strumenti a fiato e una sezione ritmica. La formazione tipo dell'orchestra swing comprendeva tre o quattro trombe, tre tromboni, cinque sassofoni tra cui due contralti, due tenori e un baritono. La sezione ritmica comprendeva una chitarra, un contrabbasso, un pianoforte e la batteria. A questa formazione si aggiungeva lo strumento del leader, nel caso di Goodman il clarinetto.

Le orchestre jazz diventarono il principale veicolo di diffusione del jazz. In questo periodo assunsero ai primi posti delle classifiche musicali le orchestre di Benny Goodman (che assunse Fletcher Henderson come arrangiatore), Duke Ellington, Cab Calloway, Woody Herman, Count Basie, Chick Webb (che aveva come cantante Ella Fitzgerald), Artie Shaw, Glenn Miller, lanciando nuovi balli quali il jitterbug e lo swing.

New York assurse ad un ruolo di preminenza sulla scena jazzistica, prima coi locali e le sale da ballo di Harlem (tra cui il famoso Cotton Club), poi coi club che fiorirono attorno al Greenwich Village, a Broadway e alla Cinquantaduesima strada, soprannominata Swing Street o "la strada che non dorme mai". Furono questi i palcoscenici che portarono al successo Billie Holiday, Art Tatum, Fats Waller, Coleman Hawkins, Lester Young. Lo stile che nacque in questi locali era rilassato e notturno, esemplificato dall'interpretazione di Body and Soul data in quegli anni da Hawkins, che fu anche uno degli strumentisti che resero il sax tenore la voce dominante del jazz.

Uno stile jazzistico più rivolto al blues e con caratteristiche meno urbane di quello newyorkese veniva in quegli anni praticato dalle orchestre di Kansas City, luogo di fondazione dell'orchestra di Count Basie. In questa città si formarono molti protagonisti degli anni che seguirono, fra i quali Art Tatum e Roy Eldridge.

La segregazione razziale, che era stata fino ad allora la regola nelle orchestre di jazz così come nei locali, iniziò in quegli anni a perdere un po' della sua compattezza, grazie anche al coraggioso esempio di direttori d'orchestra come Goodman e Shaw che portarono in tournée gli artisti afroamericani Roy Eldridge e Billie Holiday.

Anni quaranta e cinquanta[modifica | modifica wikitesto]

Le mutate condizioni economiche costrinsero alla chiusura la maggior parte delle grandi orchestre. Solo le maggiori sopravvissero: quelle di Duke Ellington, Count Basie, Woody Herman e Stan Kenton furono tra le più longeve, prolungando la loro attività anche negli anni 1960 e oltre.

Da sinistra a destra: Tommy Potter, Charlie Parker, Max Roach (quasi nascosto da Parker), Miles Davis e Duke Jordan, ritratti da William P. Gottlieb al Three Deuces, sulla Cinquantaduesima strada, intorno all'agosto del 1947.

Attorno al 1945, si saluta la nascita di un nuovo stile, nato dalle jam session che si tenevano a tarda ora in due locali di Harlem, il Minton's Playhouse e il Monroe's. Questo stile fu chiamato dapprima rebop, poi bebop o semplicemente bop, dal suono di una frase ricorrente nei brani tipici di questa nuova musica ed era praticato soprattutto da musicisti giovani, appena giunti sulla scena jazz di New York. Caratterizzato da armonie complesse e tempi velocissimi, il bebop fu tenuto a battesimo dal trombettista Dizzy Gillespie, che ne fu il pioniere assieme all'alto sassofonista Charlie Parker – detto Bird o Yardbird. Il successo del nuovo genere, che richiamava un pubblico intellettuale (i bopper attirarono subito l'ammirazione di molti esponenti del movimento letterario beatnik) e molto più ristretto di quello delle big band, mise in luce altri protagonisti del periodo: il pianista e compositore Thelonious Monk e il suo amico (anch'egli pianista) Bud Powell, il batterista Kenny Clarke, i trombettisti Clifford Brown e Fats Navarro, i sassofonisti Sonny Rollins e Sonny Stitt, i batteristi Max Roach e Kenny Clarke. Il bebop fu molto criticato sia come movimento giovanile e fenomeno sociale, sia –per motivi diversi – dal punto di vista musicale. La critica sociale verteva inizialmente sugli aspetti più provocatori dell'atteggiamento e dello stile di vita dei bopper per focalizzarsi poi soprattutto sulla contiguità tra il mondo del jazz e la droga, che, agli inizi degli anni cinquanta, iniziò a mietere vittime di alto profilo tra i jazzisti in generale e tra i bopper in particolare. Billie Holiday, Fats Navarro e Charlie Parker furono solo i più famosi musicisti a trovare la morte a causa della loro dipendenza: molti altri, se non morirono, subirono le conseguenze di questo flagello. Sotto il profilo musicale, alcuni artisti della generazione precedente (che i bopper chiamavano "mouldy figs", "fichi ammuffiti") si distinsero come critici particolarmente severi: il più famoso di questi fu senz'altro Louis Armstrong. Altri importanti esponenti della corrente del jazz classico tuttavia, seppero cogliere gli elementi d'interesse contenuti nel nuovo movimento: un nome fra tutti è quello di Coleman Hawkins.

Dizzy Gillespie

La fine degli anni quaranta e la prima metà degli anni cinquanta videro una reazione agli aspetti più estremi del movimento bebop, reazione che, dalle sue caratteristiche melodiche e rilassate, prese il nome di cool jazz. Iniziato a New York e nel Midwest dalle esperienze di Miles Davis e Gil Evans (dei quali si ricorda l'album Birth of the Cool), Lennie Tristano ed altri, il cool jazz fu il primo stile jazz a radicarsi in California. Molti dei suoi protagonisti furono bianchi: Gerry Mulligan e Chet Baker (che diedero vita ad un famoso quartetto), Lee Konitz, Dave Brubeck, i sassofonisti Stan Getz (che fu anche protagonista della fusione del jazz con la musica brasiliana) e Paul Desmond. L'afroamericano John Lewis elaborò l'estetica cool creando un quartetto, il Modern Jazz Quartet, che fuse il jazz con elementi e sonorità derivanti dalla musica classica (soprattutto barocca) europea. Da queste esperienze prese il via un movimento, detto "Third Stream" che cercava di coniugare il jazz con altre esperienze provenienti dalla tradizione musicale colta: uno dei suoi maggiori esponenti fu Gunther Schuller.

Dave Brubeck e Paul Desmond, 8 ottobre 1954.

Il bebop negli anni cinquanta nel frattempo maturò, abbandonando parte delle sue caratteristiche più sperimentali ed evolvendosi in un genere di più facile ascolto che fu chiamato hard bop, tra i cui protagonisti si ricordano Art Blakey, e i suoi Jazz Messengers, Horace Silver, Miles Davis e le sue classiche formazioni comprendenti John Coltrane, Red Garland, Paul Chambers, Philly Joe Jones, Cannonball Adderley. Gli anni cinquanta furono inoltre gli anni che videro nascere una giovane stella del Jazz quale Ray Charles, tutt'oggi considerato uno dei principali musicisti del Novecento, nonché uno dei pionieri della musica soul.

Le esperienze di jazz orchestrale continuarono, anche se con difficoltà, con le orchestre di Count Basie, Duke Ellington, Woody Herman, Stan Kenton, e con le originali collaborazioni di Miles Davis e Gil Evans. Il contrabbassista Charles Mingus si segnalò come personaggio di grande spicco alla testa di formazioni allargate (anche se non di organico propriamente orchestrale).

Anni sessanta[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso di questo decennio il jazz affrontò numerose trasformazioni che finirono per frazionarlo in molteplici stili.

La corrente hard bop iniziò a dividersi tra coloro che seguirono l'esperienza di Miles Davis e John Coltrane nel cosiddetto "jazz modale" (uno stile musicale meditativo e intellettuale, che vide la sua fondazione nella storica incisione di Davis nel 1959, Kind of Blue) e quanti invece preferirono avvicinarsi al rhythm and blues praticando quello che alcuni chiamavano "soul jazz".

Lo stile modale visse il suo periodo più fecondo a cavallo tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli anni sessanta, soprattutto con l'attività del (secondo) quintetto di Miles Davis e del quartetto di John Coltrane, finendo col diventare un idioma consolidato della tradizione jazzistica.

Una tendenza senz'altro più radicale e controversa fu determinata dal contemporaneo avvento di uno stile che venne dapprima chiamata "The New Thing" ("la cosa nuova") e in seguito "free jazz". Fondato alla fine degli anni cinquanta da giovani musicisti quali Ornette Coleman e Cecil Taylor, il free jazz praticava una forma d'improvvisazione collettiva totale la cui conseguenza è la totale frantumazione della maggior parte delle idee tradizionali di forma, armonia, melodia e ritmo. Oltre ad implicare una forte componente di critica politica e sociale, il free jazz incorporava anche una moltitudine di influenze musicali di provenienza Asiatica e Africana. Il free jazz attirò l'attenzione di molti protagonisti (Charles Mingus, Steve Lacy, Sun Ra), reclutò giovani brillanti (Archie Shepp, Albert Ayler, Pharoah Sanders) e ricevette aspre critiche da parte di alcuni dei nomi più in vista (Davis e Gillespie tra gli altri) dando origine a polemiche che furono tra le più violente che il jazz avesse mai conosciuto e che durarono decenni senza mai esaurirsi completamente, anche dopo che l'esperienza storica del free jazz poté dirsi conclusa: i critici più accesi affermarono che il free jazz rimuoveva la distinzione tra chi sapeva suonare e chi no. Non v'è comunque dubbio che il movimento free jazz mancasse quasi totalmente della componente popolare che per lungo tempo aveva costituito una delle due anime del jazz, e che fosse seguito quasi esclusivamente dalle élite: questo, negli USA, ne decretò anche un crescente insuccesso commerciale, che diveniva tanto più evidente quanto più si ingigantiva il successo di altri generi musicali contemporanei. Nel free jazz finirono per confluire alcuni esponenti della parte considerata più "colta" del jazz: il più in vista tra questi fu senz'altro John Coltrane, che si avvicinò al movimento free jazz negli ultimi anni della sua vita. Il free jazz ebbe miglior fortuna in Europa, dove molti giovani musicisti lo adottarono come un veicolo che permetteva d'incorporare nel linguaggio jazzistico una varietà di contesti musicali e culturali.

Una diversa tendenza stilistica nacque dall'attenzione reciproca che alcuni musicisti jazz e le nuove leve della musica brasiliana si rivolgevano. Già Jelly Roll Morton aveva definito il jazz come una musica che conteneva "sfumature spagnole" ("spanish tinge"). Questa definizione era stata onorata nel corso degli anni da diversi compositori (un nome per tutti: Duke Ellington). Negli anni 1950 alcuni musicisti, il cui più famoso rappresentante era senz'altro Dizzy Gillespie, avevano coniugato col jazz temi stilistici tipici della musica cubana e latina in generale ("Afro-Cuban bop"). Questo stile si avvaleva dell'apporto e dell'influenza musicisti provenienti dall'America latina (Chano Pozo, Xavier Cugat, Tito Puente, Arturo Sandoval), nonché della strumentazione e delle forme tipiche della tradizione latina. Fu nel solco di questa tradizione che negli anni 1960 gli esponenti del movimento brasiliano detto Bossa Nova (Elizete Cardoso, Antônio Carlos Jobim, Vinícius de Moraes, João Gilberto, Luiz Bonfá, Chico Buarque de Hollanda) intrapresero varie collaborazioni con musicisti jazz come Stan Getz e Charlie Byrd, creando uno stile noto come "jazz samba". Il movimento fu lanciato da una serie di incisioni di Getz, le più famose delle quali videro anche la partecipazione di Joao Gilberto e di sua moglie Astrud Gilberto in veste di cantante. Diversi brani divennero successi planetari (come ad esempio Garota de Ipanema).

Nella seconda metà degli anni sessanta, l'irruzione del fenomeno della musica di massa, che in gran parte s'imperniava sulle generazioni più giovani e sulla loro musica d'elezione, il rock, mise in difficoltà, anche economica, la gran parte dei musicisti jazz. Quelli che non scelsero la critica radicale del free jazz e che non sparirono dalla scena dovettero cambiare stile. Alcuni scelsero di accentuare il carattere funky della loro musica fino ad apparentarla al funky e alla sempre più popolare musica soul-dance. Una diversa tendenza cercava l'avvicinamento rock e all'elettronica, e portò alla nascita del cosiddetto genere fusion. Molti critici ritengono che fra le prime incisioni fusion vi siano Hot Rats di Frank Zappa, il quale sembrò avvicinarsi al jazz partendo dal rock con quest'album del 1969, ed il doppio album Bitches Brew di Miles Davis (1970). Seguirono poi numerosi protagonisti, con nomi quali quelli di Weather Report (un supergruppo comprendente alcuni ex musicisti di Miles Davis – Joseph Zawinul e Wayne Shorter – e la nascente stella del basso Jaco Pastorius), Herbie Hancock, il trombettista Freddie Hubbard. Molte di queste esperienze furono bollate dalla critica come commerciali (e alcune indubbiamente lo furono).

Il trombettista "fusion" Miles Davis nel 1989

Dagli anni ottanta in poi[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine degli anni settanta l'esperienza "free jazz" perse forza e pubblico e vide la sparizione o la defezione di molti dei suoi protagonisti, così come una forte riduzione numerica del pubblico degli appassionati. A questa tendenza reagì negli anni successivi al 1980 con particolare energia un gruppo di artisti che si richiamava al cosiddetto mainstream (stilisticamente riconducibile alle diverse correnti stilistiche emerse e praticate negli anni cinquanta-sessanta, a volte indicati anche con il nome "straight-ahead"). Tra di essi si mise in particolare evidenza il giovane Wynton Marsalis, che promosse con forza il tema del ritrovamento delle radici e delle forme originali della musica. Esempio moderno di Third Stream influenza è la musica di Charles Mingus, Krzysztof Penderecki, Nikolaj Kapustin e altri.

Mentre molti musicisti della vecchia guardia continuavano a calcare le scene, gli anni tra il 1980 e l'inizio del XXI secolo videro emergere molti nuovi interessanti musicisti, anche nell'area europea che assunse una propria identità rispetto ai periodi precedenti, nel corso dei quali il jazz europeo era stato quasi sempre in una posizione di subalternità rispetto al modello statunitense.

Musica popolare ma colta[modifica | modifica wikitesto]

La musica Jazz è uno dei fenomeni musicali più importanti del XX secolo. Rappresenta un genere che, partendo da forme come lo spiritual, il blues e la musica bandistica ha incorporato via via altra musica nera (ad esempio il ragtime degli anni 1920) ed arrivò ad uno standard poi usato come spunto per continue modifiche dei moduli armonici, melodici e ritmici. Tutta la musica jazz è stata definita colta perché è risultante della conoscenza della musica classica, delle varie etnie musicali e di sviluppi armonici complessi, anche se questo non era ancora riscontrabile nel blues delle origini.[16]

Un passaggio di qualità può attribuirsi a George Gershwin, musicista che fu ispirato da compositori come Claude Debussy e Maurice Ravel. Nella sua vastissima produzione vi sono numerose opere definite minori utilizzate come standard inesauribili. Lo stesso Debussy venne influenzato dal jazz, come in Golliwogg's Cakewalk, brano posto alla fine del Children's Corner, una delle sue più celebri suite per pianoforte.[17]

Sociologia del jazz[modifica | modifica wikitesto]

Già dagli anni Sessanta si è cominciato ad analizzare questo fenomeno musicale sotto il profilo sociologico ancorché antropologico, analizzando il rapporto fra questa musica e la società, facendo riferimento a tutti i segmenti che tale musica incontrava nella sua diffusione (origini ed effetti sociali, ascolto, riproduzione, produzione discografica, comunicazione di massa, consumo giovanile). I primi tentativi sono stati realizzati non proprio da sociologi od antropologi bensì da due personaggi che, a modo loro, avevano competenze culturali per operare tali indagini. Primo fra tutti lo storico e docente inglese Eric J. Hobsbawm con il libro The Jazz Scene del 1961, e Amiri Baraka (Leroi Jones) con Blues people. Negro Music in White America del 1963, due libri basilari ed eccezionali tuttavia datati e relegati ad un periodo storico. Bisognerà aspettare il Terzo Millennio per completare la parte temporale mancante, con il libro Una storia sociale del jazz dei sociologi Gildo De Stefano e dell'autorevole Zygmunt Bauman, per una ricerca di natura epistemologica del fenomeno musicale, partendo dalla società schiavista fino al fenomeno peculiarmente baumiano del jazz liquido, sondando non solo le condizioni di vita dei giovani del Nuovo Millennio e, quindi, delle forme del consumo dei prodotti musicali e dell'attività ideologica e simbolica a questi collegata, bensì le condizioni di produzione, promozione, distribuzione, e di mercato.

De Stefano chiude il suo saggio analizzando il pubblico (soprattutto giovanile) ed il consumo della musica jazz. Su questo aspetto devo affermare che la 'società liquida' ha abbandonato il culto dei martiri ed eroi, e lo ha sostituito con l'ammirazione per le "celebrità", che è molto meno impegnativo. Le caratteristiche principali della celebrità sono la continua visibilità sui media, l'onnipresenza dell'immagine, la frequenza con cui viene pronunciato il nome della persona. Anche il jazzista rientra in questa categoria di persone note per la loro notorietà. Se si prova ammirazione per un eroe o per un martire, religioso o civile, ciò significa che si segue il suo pensiero, si professa la sua fede, si rientra in un gruppo di persone accomunate da un ideale. Essere fan di una celebrità provoca l'illusione di far parte di un gruppo sociale di persone accomunate da un'ammirazione per quel personaggio, sicuramente ciò non richiede alcun impegno, ci si può distaccare in qualunque momento, e rivolgere la propria ammirazione verso altri. E, naturalmente, si può essere al contempo fan di più celebrità: certamente non ci sarà nessuno a criticarvi[18]

Giornata internazionale del jazz[modifica | modifica wikitesto]

Celebrata per la prima volta nel 2012, il 30 aprile è, per l'UNESCO, la giornata internazionale del jazz. Nel 2012 e nel decimo anniversario del 2022 la sala dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York è stata teatro il 30 aprile di un concerto mondiale, con star della scena jazz internazionale.[19]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Gunther Schuller, Early Jazz: Its Roots and Musical Development, OUP USA, 1973, ISBN 978-0-19-500097-9. URL consultato il 23 marzo 2024.
  2. ^ giazz: significato e definizione - Dizionari, su giazz: significato e definizione - Dizionari - La Repubblica. URL consultato il 12 ottobre 2022.
  3. ^ Massimo Bontempelli, Opere scelte, A. Mondadori, 1978, ISBN 978-88-04-15402-0. URL consultato il 12 ottobre 2022.
  4. ^ Massimo Bontempelli, Racconti e romanzi, Arnoldo Mondadori, 1961. URL consultato il 12 ottobre 2022.
  5. ^ Franco Fayenz, La musica jazz: un manuale per capire, un saggio per riflettere, pagg. 18-19.
  6. ^ Il sogno americano, le prime bande jazz e gli immigrati italiani a New Orleans
  7. ^ Perché nel jazz gli italiani continuano a suonare al top? Cherchez New Orleans
  8. ^ (EN) Mike Danzi, Center For Jazz Arts: "An American In Berlin", su centerforjazzarts.org (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2012).
  9. ^ (EN) Eddie S. Meadows, Jazz Research and Performance Materials, a cura di Michael Danzi, p. 121. Ospitato su Google Books.
  10. ^ Nat Hentoff, Jazz is.
  11. ^ Nat Hentoff, At the jazz band ball: sixty years on the jazz scene.
  12. ^ David Butler, Jazz noir: listening to music from Phantom Lady to The Last Seduction.
  13. ^ Franco Fayenz, La musica jazz: un manuale per capire, un saggio per riflettere, p.13.
  14. ^ (EN) Crump, William D. Encyclopedia of New Year's Holidays Worldwide. McFarland & Co. Publishers. London. 2008 p. 101 ISBN 978-0-7864-3393-3 Guy lombardo su Google Books
  15. ^ (EN) Encyclopedia of Music in the 20th Century. Stacey, Lee & Henderson, Lol. Taylor and Francis Publishers. 27 January 2014, p. 379 ISBN 9781135929466 Guy Lombardo: the Sweetest Music This Side of heaven on Google Books
  16. ^ Franco Fayenz, La musica jazz: un manuale per capire, un saggio per riflettere, pp.17-24.
  17. ^ Alceste Ayroldi, Yaron Gottfried: «Mi sono sempre occupato di jazz e di classica e grazie a tutto questo mi sento più realizzato», in Musica Jazz, 9 luglio 2018. URL consultato il 21 maggio 2019.
    «... Gershwin che, probabilmente, è stato il primo compositore che ha messo insieme con successo i due linguaggi»
  18. ^ Zygmunt Bauman in Gildo De Stefano, Una storia sociale del jazz: dai canti della schiavitù al jazz liquido
  19. ^ (EN) 2022 All-Star Global Concert, su jazzday.com.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Approfondimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • Iain Lang, a cura di Roberto Leydi Il Jazz, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1975
  • Arrigo Polillo, Jazz: La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana, Milano, Oscar Mondadori 1975
  • (DE) Joachim Ernst Berendt, Günther Huesmann (a cura di), Das Jazzbuch, Francoforte sul Meno, 2005. ISBN 3-10-003802-9
  • (EN) Dyer, Godfred But Beautiful: A Book about Jazz. Londra, 1991. ISBN 0-86547-508-3
  • (EN) Gunther Schuller, Early Jazz: Its Roots and Musical Development., Oxford University Press, 1968, ristampa nel 1986. ISBN 0-19-504043-0
  • (EN) Gunther Schuller, The Swing Era: The Development of Jazz 1930-1945 Oxford University Press, 1991. ISBN 0-19-504043-0
  • Theodor Adorno, Prisms The MIT Press: Cambridge, MA. 1967.
  • William Francis Allen, Charles Pickard Ware, and Lucy McLim Garrison, eds. 1867. Slave Songs of the United States. New York: A Simpson & Co. Electronic edition, Chapel Hill, N. C.: Academic Affairs Library, University of North Carolina at Chapel Hill, 2000.
  • (EN) Burns, Ken, and Geoffrey C. Ward. 2000. Jazz—A History of America's Music. New York: Alfred A. Knopf. Also: The Jazz Film Project, Inc.
  • Mervyn Cooke, Jazz, Londra, Thames and Hudson, 1999, ISBN 0-500-20318-0.
  • Carr, Ian. Music Outside: Contemporary Jazz in Britain. 2nd edition. London: Northway. ISBN 978-0-9550908-6-8
  • Carr, Ian ed altri, The Rough Guide to Jazz. Rough Guides, New York/London 2004, ISBN 1-84353-256-5.
  • Collier, James Lincoln. The Making of Jazz: A Comprehensive History (Dell Publishing Co., 1978)
  • Elsdon, Peter. 2003. "The Cambridge Companion to Jazz, Edited by Mervyn Cooke and David Horn, Cambridge: Cambridge University Press, 2002. Review."Frankfürter Zeitschrift für Musikwissenschaft 6:159–75.
  • Gang Starr. 2006. Mass Appeal: The Best of Gang Starr. CD recording 72435-96708-2-9. New York: Virgin Records.
  • Giddins, Gary. 1998. Visions of Jazz: The First Century New York: Oxford University Press. ISBN 0195076753
  • Godbolt, Jim. 2005. A History of Jazz in Britain 1919-50 London: Northway. ISBN 0-9537040-5-X
  • Gridley, Mark C. 2004. Concise Guide to Jazz, fourth edition. Upper Saddle River, NJ: Pearson/Prentice Hall. ISBN 0131826573
  • (EN) Hersch, Charles, Subversive Sounds: Race and the Birth of Jazz in New Orleans, University of Chicago Press, 2009, ISBN 978-0-226-32868-3.
  • Kenney, William Howland. 1993. Chicago Jazz: A Cultural History, 1904-1930. New York: Oxford University Press. ISBN 0195064534 (cloth); paperback reprint 1994 ISBN 0195092600
  • (EN) Paul Oliver, Savannah Syncopators: African Retentions in the Blues, Londra, Studio Vista, 1970, ISBN 0-289-79827-2.
  • (EN) Thomas J. Hennessey, From Jazz to Swing: African-American Jazz Musicians and Their Music, 1890-1935, Wayne State University Press, 1994, ISBN 0-8143-2179-8.
  • Mandel, Howard. 2007. Miles, Ornette, Cecil: Jazz Beyond Jazz. Routledge. ISBN 0415967147.
  • Porter, Eric. 2002. What Is This Thing Called Jazz? African American Musicians as Artists, Critics and Activists. University of California Press, Ltd. London, England.
  • Ratliffe, Ben. 2002. Jazz: A Critic's Guide to the 100 Most Important Recordings. The New York Times Essential Library. New York: Times Books. ISBN 0805070680
  • Scaruffi, Piero: A History of Jazz Music 1900-2000. 2007. Omniware. ISBN 978-0-9765531-3-7
  • Searle, Chris. 2008. Forward Groove: Jazz and the Real World from Louis Armstrong to Gilad Atzmon. London: Northway. ISBN 978-0-9550908-7-5
  • Szwed, John Francis. 2000. Jazz 101: A Complete Guide to Learning and Loving Jazz. New York: Hyperion. ISBN 0786884967
  • Vacher, Peter. 2006. Soloists and Sidemen: American Jazz Stories. London: Northway. ISBN 0-9537040-4-1
  • Scott Yanow, Jazz on Film: The Complete Story of the Musicians and Music Onscreen, 2004, Backbeat Books, ISBN 0879307838
  • Gildo De Stefano, Trecento anni di Jazz: 1619-1919 - le origini della Musica afroamericana tra sociologia ed antropologia, Milano, SugarCo, 1986, SBN IT\ICCU\CFI\0025257.

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