25 Aprile, la storica Isabella Insolvibile: “Mattarella fa giustizia di troppe ambiguità legittimate dalla destra” - la Repubblica

Politica

25 Aprile, la storica Isabella Insolvibile: “Mattarella fa giustizia di troppe ambiguità legittimate dalla destra”

“L’antifascismo non è un post, è pratica quotidiana. È un vincolo con la storia del Paese, con la nostra Carta, è l’agire in coerenza con quella radice della Repubblica”

3 minuti di lettura

Isabella Insolvibile, lei è storica, specializzata nella Resistenza, e con l’Istituto Ferruccio Parri ha contribuito alla creazione dell’Atlante delle stragi. Il presidente Mattarella ha ricordato, con fermezza, che senza memoria non c’è futuro. Dobbiamo ancora difenderci dai revisionismi?

“Non è solo il suo discorso ad essere notevole. Il Capo dello Stato lancia ancora una volta messaggi inequivocabili al Paese, e fa giustizia di troppe ambiguità che vengono legittimate da esponenti istituzionali. Ma c’è di più: Mattarella sta portando a compimento un lavoro strategico di ricostruzione nazionale, e di cura della consapevolezza, su un piano storico e culturale. Un impianto che si fonda anche sul lavoro degli storici e dei magistrati che negli ultimi decenni hanno lavorato su questo”.

Intorno all’antifascismo, sottolinea poi Mattarella, l’unità popolare è possibile, anzi “doverosa”. Ma va ancora ricostruita?

“Perché un rappresentante della Repubblica non può che essere antifascista. Alla Festa della Resistenza di Roma qualche giorno fa Giovanni De Luna, richiamando peraltro illustri maestri, diceva che non si può certo giurare fedeltà alla Costituzione senza essere antifascisti, perché la Costituzione è antifascista”.

Parole che a destra continuano a non piacere?

“Ma se davvero le parole di Mattarella non fossero comprese o non piacessero, significherebbe che c’è un problema molto serio, che non si è adatti al ruolo ricoperto. Perché ciò che ne discende è chiarissimo: per istituzioni, cittadini, per tutti. E cioè che la memoria non è solo una proclamazione di intenti, un esercizio di retorica. Non è il compitino da svolgere il 27 gennaio, il 10 febbraio o il 25 aprile. E l’altra cosa che mi colpisce è il riferimento alla pluralità delle spinte della Resistenza”.

Perché?

“Perché difficilmente ci riferiamo a questo aspetto, ma i molti volti della Resistenza, il suo essere combattuta da un antifascismo declinato in modi diversi, combattuta con le armi e senza, in ogni luogo d’Italia, da italiani e stranieri, tutti esseri umani pieni di coraggio ma anche di paura e di speranza, è una grande conquista della storiografia che è passata al discorso pubblico. È questo il patrimonio storico veramente condivisibile”.

Il post di Meloni, “la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia”, che effetto le fa?

“L’antifascismo non è un post, è pratica quotidiana. È un vincolo con la storia del Paese, con la nostra Carta, è l’agire in coerenza con quella radice della Repubblica. La storia merita rispetto. Prendiamo il ministro Sangiuliano…”

Almeno lui sostiene che “la Liberazione è una festa e deve appartenere a tutti”.

“Ma, proprio nell’intervista a Repubblica, il ministro sostiene anche che ci sia stata una dittatura comunista in Italia. È un falso storico. Un ministro della Repubblica non può essere così leggero o superficiale. Tra l’altro noi dobbiamo sempre tener presente che quello che il comunismo ha rappresentato in Italia è cosa ben diversa rispetto a quello che era materialmente nei paesi sotto egida sovietica. Da noi è stato anche una speranza, è stata la Resistenza più forte e strutturata. I nostri partigiani delle Garibaldi non hanno combattuto per l’orrore e l’incubo delle purghe staliniane, ma per la libertà”.

Non lo accetta, da storica.

“Da storica devo invitare a tener presente i differenti contesti. Da insegnante, invito a non diffondere falsi storici. L’unica dittatura che l’Italia ha avuto è quella fascista, che ha fatto danni così grandi e duraturi che ancora ce ne stiamo liberando”.

Nel discorso di Civitella Val di Chiana, è stato citato anche Matteotti a proposito del “volto disumano e brutale del fascismo”.

“Un valore immenso, al di là dell’ottantesimo anniversario del suo delitto. Quello che passa, infatti, con Matteotti, e su cui tanti non riescono a maturare la loro condanna radicale, è che il fascismo non è stato ‘solo’ l’abominio delle leggi razziali, e lo sterminio degli ebrei italiani o stranieri rifugiatisi in Italia. C’è moltissimo altro. Gli orrori coloniali ai danni di libici ed etiopi, la caccia agli antifascisti morti da prima della marcia su Roma, e ci poi i cittadini pestati, obbligati all’esilio, mandati in carcere o al confino, i bombardamenti di Barcellona e poi naturalmente la guerra, e le stragi. Matteotti è un simbolo: ci dice di Gramsci, Gobetti, dei fratelli Rosselli e di tutti quelli il cui nome non ricordiamo a sufficienza”.

Mattarella ha toccato anche il tema della propaganda e della censura fascista. Di quella di oggi, inflitta a Scurati, che idea si è fatta?

“La censura è sempre un’arma dei regimi, ma viene utilizzata anche dalle democrazie. In queste ultime, come la nostra, è però anche un boomerang: torna indietro e colpisce chi l’ha lanciata. Io credo che il caso Scurati sia stato un clamoroso autogoal. Il suo testo è diventato “sovversivo” perché silenziato. Certi errori sono così grossolani che sembrano fatti apposta. Non è certo il primo che fanno a quelle latitudini”.

Quale ricorda in particolare?

“L’anno scorso, Giorgia Meloni parlò delle vittime delle Fosse Ardeatine, e le rappresentò come ‘italiani’ uccisi da stranieri, nello specifico tedeschi. Non è così: a parte il fatto che non erano tutti italiani, quelle persone sono state uccise perché antifasciste o ebrei, in entrambi i casi ‘nemici’ dei loro carnefici. Errore? Banalizzazione? Grave, in entrambi i casi. La banalizzazione nefasta è anche quella che fa dire: ma sono morti, sono uguali, è il passato”.

Invece non passa, se non guardandoci dentro.

“Se non domandandosi: da che parte stavano, quando erano vivi? E per quale ragione sono morti? Per quale parte della storia? Sono questi interrogativi che possono svelare subito ambiguità, mistificazioni. Così la vicenda Scurati diventa qualcosa di cui parlano in tutto il mondo. E c’è chi, pur di deviare l’attenzione, magari mette all’indice qualcuno che ha fatto una domanda personale come, spesso, nelle interviste accade. Un cronista chiede rispettosamente: ‘scusi, lei è ebrea?’, e questo scatena una bastonatura’

L’ha stupita la gogna mediata montata dalla destra contro il giornalista Rai Giorgio Zanchini?

“Un’assurdità. Una follia. Un attacco del tutto immotivato fatto per distrarre da altro, appunto. La religione è una questione personale, non politica, e uno può non voler rispondere per questioni di privacy, non di identità. Giorgio Zanchini è a mio parere uno dei più validi professionisti del servizio pubblico. Ha grande rispetto per la storia, lo ammiro. Ma è in generale il metodo che è stato usato ad inquietare”.

I commenti dei lettori