In viaggio con Cecilia (recensione)

In viaggio con Cecilia (recensione)

Nel 2012 è tornata a riprendere, ma in digitale, per testimoniare il suo pensiero artistico su una delle "contraddizioni" del Paese

Cecilia Mangini
m&s - Cecilia Mangini

E' un piacevolissimo incontro quello che abbiamo potuto avere con Cecilia Mangini, "giovane" documentarista di appena 88 anni brillantemente portati. Abbiamo avuto il piacere di incontrarla perché ospite di una rassegna cinematografica su tematiche ambientali non troppo lontana da Roma. Scorrendo la sua biografia si rimane spiazzati dal suo passato artistico, che annovera collaborazioni con Pier Paolo Pasolini. Ovviamente stimolata su questo particolare incontro, ci restituisce candidamente il senso della vera grandezza di chi non ambiva a sentirsi divo, ma semplicemente uomo di cultura: "... non sapevo come rintracciarlo, poi ho aperto l'elenco telefonico di Roma e l'ho cercato lì, c'era".

Stupisce ancora di più la sua opera di ritorno alla cinematografia di denuncia, dopo 44 anni, con il documentario "In viaggio con Cecilia" del 2013, firmato a quattro mani con Mariangela Barbanente. Una forma indignata ma sempre garbata di protesta civile e sociale sui noti (ma a quanto sembra non più di tanto e non da tutti) accadimenti anche giudiziari che ruotano attorno all'Ilva di Taranto, importante polo siderurgico attivo dagli anni '60. Abituata alla pellicola Cecilia Mangini ha adattato il proprio modo di "girare" al digitale, riempendo l'inquadratura - come non si faceva una volta - della sua esile figura fisica, ma dalla grande intelligenza e rigore morale. Sulla nuova opera innesti dei suoi lavori del passato, di quel passato degli anni '60 che lei stessa aveva filmato, quando l'indignazione non lasciava poi lo spazio alla rassegnazione o - peggio - alla più totale e disarmante indifferenza odierna.

La visione di "In viaggio con Cecilia" è un metaforico calcio "sugli stinchi" di certa politica, di certe organizzazioni sindacali, ma soprattutto degli stessi tarantini, delle vecchie e nuove generazioni che hanno abdicato al controllo del proprio territorio, consegnandolo con gli occhi chiusi e il naso tappato a chi ne ha fatta terra propria. Un calcio che viene dato da una "vecchiaccia" (è la stessa Mangini a definirsi così e più volte) e quindi non fa troppo male, non lascia segni evidenti nel tempo. Però il livido lo provoca ugualmente. Cecilia Mangini consegna al pubblico un prodotto visivo che non contiene i falsi retorici del presente, la regista è una seria persona che non ha sicuramente mai visto la televisione del dolore, appartiene a quella generazione che ha realmente conosciuto i dolori della guerra, le leggi razziali e le sue conseguenze, la ricostruzione e l'ottuso passaggio da realtà contadina a fallimento industriale, con le inevitabili sciagure ambientali inferte alla casa di tutti, non solo di chi la abita.

Pugliese di nascita, Cecilia è rimasta profondamente legata alle sue origini che diventano, grazie al suo mestiere, anche quelle di ogni spettatore. Assieme a lei viviamo il dramma di chi è costretto a distruggere il lavoro di una vita (le famose cozze tarantine), sapendo così di distruggere tutte le radici, passate e future, della propria famiglia. Assieme a lei ci indigniamo per l'atteggiamento degli "ignavi del III Millennio", più interessati alla "movida" che al proprio futuro e a quello di chi verrà dopo di loro. "Ho la mamma che lavora" esclama un ragazzo, mentre indolente sorseggia un cocktail nella calda serata estiva: una frase che esprime perfettamente quello che ci accingiamo a diventare o lo siamo già. L'arricchimento culturale c'è stato, il compito del docufilm era in fondo solo questo, o forse nemmeno. Ora si spera che la nostra e altrui visione possa servire a qualcosa, altrimenti rimarrà solo un bel film, e nemmeno questo è così poco.

IN VIAGGIO CON CECILIA (2013)
regia Mariangela Barbanente, Cecilia Mangini
produttore Gioia Avvantaggiato
produzione GA&A Productions, Elenfant Film, Rai Cinema
fotografia Roberto Cimatti
montaggio Piero Lassandro
musiche Teho Teardo, Egisto Macchi
durata 80 minuti

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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