Il Ritorno di Mary Poppins Recensione

Il Ritorno di Mary Poppins: la recensione del film

14 dicembre 2018
2.5 di 5
64

Un sequel che ricalca strutturalmente il leggendario film Disney con Julie Andrews e Dick Van Dyke, ma non ne ripete la magia.

Il Ritorno di Mary Poppins: la recensione del film

Come abbiamo visto 5 anni fa in Saving Mr. Banks, che ricostruiva la storia dei rapporti tra Walt Disney e la scrittrice Pamela L. Travers, il papà di Topolino dovette passarne di cotte e di crude prima di poter regalare al mondo quel capolavoro riconosciuto che è Mary Poppins, il musical misto di animazione e live action (anche se allora non si chiamava così), che ha deliziato i bambini di più generazioni con le sue indimenticabili canzoni, la fantasia dei numeri e delle coreografie e il suo straordinario cast, a partire ovviamente dai protagonisti Julie Andrews (Oscar per il ruolo) e Dick Van Dyke. Alla fine Disney la spuntò e il film vinse 5 statuette e conquistò l’adorazione del pubblico, ma non convinse l'impossibile miss Travers, che col personaggio della magica tata un po’ strega aveva creato una versione perfezionata di se stessa. Lei lo detestò al punto da far mettere nel testamento che dai suoi libri - 8 in totale, dal 1934 al 1988: la longeva scrittrice è morta nel 1996 a 97 anni - non venisse mai più tratto un film. Cosa sia successo poi non lo sappiamo ma di certo gli eredi della sua fortuna hanno trovato il modo di aggirarne le ultime volontà, visto che oggi, esattamente 54 anni dopo, Il ritorno di Mary Poppins è diventato una realtà.

L’azione si svolge 20 anni dopo il primo film, nel 1930, con l’Inghilterra in piena depressione economica. I signori Banks sono defunti e nella casa vive Michael (Ben Whishaw), vedovo da un anno con tre figli piccoli, che per la sua precaria condizione lavorativa rischia di perdere anche la dimora di famiglia. La sorella Jane (Emily Mortimer), che ha ereditato la passione politica dalla madre, fa la sindacalista e vive da sola, cercando di aiutare il fratello, così come la fedele governante (Julie Walters). Avvertendo la mala parata, Mary Poppins torna per occuparsi dei figli e nipoti dei suoi protetti di un tempo e raddrizzare la situazione in viale dei Ciliegi 17, dove l’Ammiraglio Boom, ancora vivo (stavolta col volto del grande caratterista inglese David Warner), batte l’ora col suo cannone cinque minuti prima di quel gran ritardatario che è il Big Ben. Bert non c’è più ma c’è Jake (Lin-Manuel Miranda), un tempo suo giovane apprendista: Londra non ha più bisogno di spazzacamini ma di legioni di lampionai.

La prima cosa che colpisce di questo sequel è il fatto di non essere veramente tale, perché nel mondo Disney di oggi tutto cambia perché tutto resti come prima. La sua struttura ricalca infatti cronologicamente quella dell’originale, riproponendo situazioni analoghe e svelando che questo annunciato seguito è in realtà un timoroso omaggio e un rifacimento mascherato. Ad esempio, al posto della gita nel quadro dipinto da Bert c’è il viaggio in un vassoio decorato, con tanto di esibizione di Mary e Jake in mezzo agli animali (e sì, ci sono anche i pinguini); la ninna nanna cantata da Mary ai bambini è sostituita da una canzone per consolare i nuovi Banks della perdita della mamma; sostituisce lo zio Albert col suo ridanciano té sul soffitto l’eccentrica cugina dell’est Topsy (Meryl Streep) con un secondo mercoledì del mese sottosopra; invece della crisi dei due penny sottratti alla banca con la fuga di Michael c’è l’irruzione dei bambini nell’edificio per convincere il nuovo dirigente (Colin Firth) ad aiutare il padre, che si arrabbia con loro per aver rischiato il licenziamento. Tornando a casa scoraggiati e persi nella nebbia, Mary e i ragazzi vengono intrattenuti e rallegrati dal ballo scatenato e acrobatico dei lampionai che è molto, molto simile a quello degli spazzacamini sui tetti.

C’è sicuramente un’aria più plumbea e realistica in questo film: i ragazzi senza madre, la crisi dei lavoratori, l’avidità crescente delle banche che non si limitano a volere i piccoli risparmi dei bambini ma si impossessano delle case dei loro genitori. C'è la più realistica e attuale disgregazione del nucleo famigliare che era al centro del primo film, più amarezza e meno poesia. Mary Poppins sembra una figura un po' démodé, i suoi numeri col Jake di Miranda non hanno l’ alchimia di quelli tra i protagonisti originali (dopo tutto tra Mary e Bert c’era una simpatia particolare, no?) ed Emily Blunt, bravissima in Into The Woods, qua non riesce a competere con un modello inarrivabile, nemmeno quando la cita verbatim (ma del resto, chi avrebbe potuto riuscirci?). Non possiamo giudicarne l'interpretazione vocale, visto che le canzoni sono doppiate.

L’iniziale sensazione di gioia nel ritrovare il Viale dei Ciliegi quasi immutato (onore al reparto scenografia) e la bella sequenza del bagno subacqueo lasciano il posto dopo un po’ a un effetto di straniamento, risultato di un’apparente indecisione degli autori sulla direzione da imprimere al film, che ne frena la possibilità di volare in totale autonomia. Vale la pena di portare i più piccoli a vedere questo adattamento, ma non sappiamo se accontenterà chi è cresciuto con l’originale e con la sua ottimistica filosofia di vita. Durante l’anteprima, quando sullo schermo è apparso Dick Van Dyke nel ruolo di Mr. Dawes Jr., figlio del vecchio banchiere interpretato sempre da lui all’epoca, un sospiro di gioia collettivo, un applauso spontaneo e una palpabile emozione hanno percorso la sala: a 93 anni suonati questo straordinario performer ha riportato al film con un semplice cammeo l’arguzia, la sostanza e la capacità di volare che nemmeno i palloncini magici venduti dalla sua coetanea Angela Lansbury, entrata in scena dopo di lui, sono riusciti a dargli. L’accoglienza riservata alla rilettura di un classico dipende soprattutto dall’amore che proviamo per questo. Forse quando si punta tanto in alto sarebbe meglio allontanarsi il più possibile dall’originale per non dare adito a ingenerosi paragoni. Pur apprezzando lo sforzo della produzione e il coraggio del cast, questo è uno di quei casi in cui neanche un po’ di zucchero rende la pillola meno amara per l’appassionato.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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