Il Pescatore di sogni Recensione

Il Pescatore di Sogni, la recensione del film

17 maggio 2012

Il Pescatore di Sogni, la recensione del film di Lasse Hallström con Ewan McGregor, Emily Blunt e Amr Waked, dal 18 maggio al cinema.



Senza bisogno del tasto forward per accelerare la parte brutta della storia, il film di Lasse Hallström procede ottimista e disinteressato. Andando a colpire le emozioni a pelo d'acqua, con una parabola di sentimento, a tratti comica, a tratti di coscienza di sé, Il pescatore di sogni, pesca di salmoni nello Yemen in verità, non si presta a molte discussioni. Lo svedese di Chocolat e Hachiko non è mai un pesce fuor d'acqua, perché di base racconta favole senza scossoni.

"Good News Stories from Middle East", googlato dalla vorace e risolutiva portavoce del Primo Ministro britannico, è quanto basta a rendere effettiva la richiesta dello sceicco Muhammad: pescare salmoni negli aridi altopiani del suo paese. Stravagante premessa che decide il tono della vicenda e il coinvolgimento reticente dello scienziato Ewan McGregor. L'esperto di abitudini e popolamento ittico esce dalla sua area di comfort grigia per abbracciare l'impresa, un altro paese, e una donna bella e sveglia che lo aiuterà (Emily Blunt). In mezzo a tutto ciò (il fiume e) lo sceicco "occidentale", magicamente fiducioso negli altri.

Nel realizzare sogni e nel pescare dalle pagine di Paul Torday, Hallström decide un grado comune di morbidezza. Tanto per la buona satira politica, vivace nel Regno Unito, flebile nello Yemen, tanto per il romanticismo dolce ed emotivo, ma ordinato da eventi troppo repentini. Non ci sono intoppi seri nel traghettare cinquantamila pesci d'acqua fredda in terra araba, c'è una volontà che sola basta a portare le proprie vite verso la felicità. Verso il coraggio di un cambiamento di rotta ispirato dal salmone. Scienza e fede nella storia dello svedese si parlano solo un attimo senza litigare, il tempo di una discesa al fiume per McGregor e Amr Waked, e il patto è saldato con sorriso e riconoscenza. Con la stessa facilità, poco profonda ma efficace, Hallström dirige attori bravi, mostra la (sua) natura e appaga un primordiale senso di pace. Con alla base un'attività lenta e poco d'impatto (come la pesca) e senza nemmeno un conte di Reynaud che abusa di cioccolata, l'impresa ha il suo quieto vivere, ironico, sentimentale, musicale.

Questo film basta a convincere alcuni, i più buoni, di possibili punti d'incontro dove non ce ne sono, di salmoni dove non se ne vedono, di soluzioni semplici per questioni complicate. Gli altri sono quelli curiosi di vedere anche il regista nuotare in senso contrario.”When I know the time is right for me, I'll cross the stream”, se lo cantavano gli Abba...



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