Il maratoneta, recensione del film cult - Moviemag.it
HomeCult MovieIl maratoneta, recensione del film cult

Il maratoneta, recensione del film cult

-

Il Maratoneta film uscito nel 1976, vede protagonisti il tanto amato Dustin Hoffman, Roy Scheider (Lo squalo) e l’iconico Laurence Olivier in un thriller di spionaggio politico che ha fatto storia, grazie anche alla regia di John Schlesinger, che si presta bene a questo racconto di tensione. Tratto da un romanzo di William Goldman, l’opera ha ricevuto una candidatura ai premi Oscar al migliore attore non protagonista per Laurence Olivier, nei panni di un celebre ex dentista nazista, fuggito in Sud America alla fine della guerra.

Il maratoneta

Il maratoneta, trama

Un giovane studente universitario si allena ogni giorno correndo per le strade di New York, con l’obiettivo di diventare un maratoneta. Il fratello (Roy Scheider) è invece un agente speciale americano che fa parte di una divisione della CIA, con il ruolo di portare dei diamanti da Parigi agli Stati Uniti, appartenenti a un ex criminale di guerra (Laurence Olivier). Uno evento spiacevole sconvolge i piani e il protagonista (Dustin Hoffman) si ritrova coinvolto senza la sua volontà in questa pericolosa vicenda.

il maratoneta
Dustin Hoffman in un fotogramma del film

Il maratoneta, recensione

La prima scena importante del film si apre con un tamponamento apparentemente innocuo tra un auto di un anziano signore e quella di un tassista, nella caotica metropoli di New York. Un incidente quasi comune, come tanti ne possono capitare in città super trafficate del genere. Invece la storia procede in un assurdo inseguimento da parte del tassista, dopo una lite con l’uomo, situazione che porta paradossalmente a un incidente mortale di entrambi, per via di uno scontro con un camion cisterna.

La parte interessante, è che la vittima non è solamente una persona anziana, ma il fratello di uno dei criminali nazisti più ricercati al mondo, un dentista che operava nei campi di concentramento. Da questo momento cambiano le carte in tavola, e quello che poteva sembrare un normale incidente stradale, determina la scissione di equilibri politici mondiali.

Come si può notare, la pellicola parte molto bene e introduce perfettamente lo spettatore nel giusto contesto, introducendolo in un caso di spionaggio che prende ispirazione dai grandi classici del passato ma che mantiene una freschezza tipica degli anni 70, e quindi lo innova di tematiche pertinenti al movimento della New Hollywood, che tanto piaceva a quei tempi.

Il maratoneta
Dustin Hoffman e Laurence Olivier in una scena del film

La differenza che sussiste di fatto tra un cult d’azione tipico degli anni 50 e il seguente film, è appunto il chiaro inserimento di temi sociopolitici, che fanno dell’opera una critica pesante alla politica mondiale e specialmente a quella statunitense, cosa che i registi di prima trascuravano di più, per puntare prevalentemente su un’intrattenimento da grande pubblico.

La pellicola infatti si incastra bene come uno dei tanti lavori che hanno fatto grande la corrente della New Hollywood, che tra i massimi sistemi ha visto l’avvio di carriere di Martin Scorsese o Brian De Palma. Registi che grazie ai loro film, hanno influenzato future generazioni e hanno permesso all’America di trattare per la prima volta di grandi temi sociali, in grado di svegliare le coscienze di milioni di spettatori anestetizzati dall’era del consumismo, all’epoca molto penetrante nella società.

John Schlesinger trova quindi il suo posto in questa corrente, anche per merito del cult da lui diretto intitolato “Un uomo da marciapiede” del 1969, in pieno periodo dei movimenti studenteschi che agitavano le sorti del mondo.

Dustin Hoffmann e Roy Scheider in una scena del film

Il giovane protagonista, studente universitario, si ritrova coinvolto in una vicenda più grossa delle sue capacità, dalla quale dovrà cercare di uscirsene. L’idea di mettere al centro della storia un ragazzo, carico di energia, per dimostrare al mondo il suo senso di giustizia, (volendo scrivere una tesi di laurea sulla tirannia negli Stati Uniti), è abbastanza significativo.

È infatti la dimostrazione di una nuova generazione di giovani, che vogliono provare a cambiare le sorti di un paese che vive ancora sotto un’ala di marciume e corruzione. Egli incarna il modello simbolico di un ragazzo che avrebbe potuto appartenere facilmente a quei movimenti rivoluzionari di protesta. Il suo coinvolgimento nella storia evidenzia le falle di una politica confusionaria che pur di abbattere quegli ideali di cambiamento, lo integra in un sistema che si muove verso la sua autodistruzione.

Il maratoneta
Laurence Olivier in una scena famosa del film

Considerazioni finali

Il significato de Il Maratoneta è quindi abbastanza comprensibile, il problema di questo lungometraggio andrebbe invece ricercato nella sceneggiatura e nella sua progressione dei fatti narrati. Ci sono vari momenti in cui è possibile che chi guarda, non riesca a mettere a fuoco precisamente il perché di alcune scelte di scrittura, che lasciano lo spettatore a porsi il dubbio di tale senso.

Troppi ingredienti messi in pentola, che trasmettono la percezione di non possedere una chiara direzione finale su dove si voglia andare a parare. Lungo il percorso è possibile quindi incappare in incidenti di stesura non troppo definiti che potrebbero disorientare. Quando si sperimenta un film di spionaggio politico, risulta sempre difficile il compito di rendere tutto comprensibile. In questa prova qualche erroretto sussiste ma alla fine della visione si ha comunque una buona impressione.

Il merito è di una regia dalla potenza incredibile e i momenti di tensione sono ben raccontati visivamente, complice anche una fotografia magistrale. Alcune scene poi, sono davvero indimenticabili, grazie all’interpretazione di attori di alto livello.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Intepretazioni
Emozioni

SOMMARIO

La regia di John Schlesinger funziona perfettamente e colloca il film all'interno del filone della corrente della New Hollywood. Una fotografia eccellente al servizio di un cast all'altezza dei loro ruoli. Unica pecca, qualche buco di sceneggiatura, non troppo comprensibile.
Giovanni Veverga
Giovanni Veverga
Amo gli autori che vogliono e sanno come raccontare una storia in grado di affascinare lo spettatore.

ULTIMI ARTICOLI

La regia di John Schlesinger funziona perfettamente e colloca il film all'interno del filone della corrente della New Hollywood. Una fotografia eccellente al servizio di un cast all'altezza dei loro ruoli. Unica pecca, qualche buco di sceneggiatura, non troppo comprensibile.Il maratoneta, recensione del film cult